L’Unione europea e gli Stati Uniti hanno avviato dei negoziati sui minerali critici per le batterie dei veicoli elettrici: il litio, il nichel, la grafite e il cobalto, ad esempio. L’annuncio è stato fatto venerdì scorso dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden durante il loro incontro alla Casa Bianca.
L’IRA E LA TENSIONE
Il viaggio di von der Leyen è giunto in momento di tensione tra Washington e Bruxelles: gli europei temono che l’Inflation Reduction Act, la legge da 369 miliardi di dollari di aiuti alla manifattura americana di tecnologie pulite (batterie, pannelli solari, turbine eoliche, veicoli elettrici, elettrolizzatori…) approvata lo scorso agosto, possa provocare un esodo di aziende strategiche dall’Europa verso gli Stati Uniti.
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Visti i rapporti di alleanza, l’Unione europea vorrebbe che gli Stati Uniti riservassero alle aziende europee lo stesso trattamento commerciale garantito a quelle canadesi e messicane: l’Inflation Reduction Act, infatti, non punta solo al reshoring, cioè al ritorno della manifattura critica in patria, ma anche il nearshoring, ovvero all’installazione di capacità nel resto del Nordamerica per ridurre la dipendenza dalla lontana Asia. E in particolare dalla Cina, che domina le filiere dei dispositivi per la transizione energetica.
COSA (NON) POTRÀ FARE BIDEN
L’amministrazione Biden sta cercando di rassicurare la Commissione, ma difficilmente potrà apportare grandi modifiche alla legge, che è stata approvata dopo lunghe e complicate trattative con l’opposizione repubblicana: attualmente il partito ha il controllo della Camera; al Senato, invece, la situazione è di leggero vantaggio per il blocco democratico.
UN ACCORDO LIMITATO SUI MINERALI CRITICI?
Nel comunicato congiunto, però, si legge che Washington e Bruxelles inizieranno “immediatamente i negoziati per un accordo mirato sui minerali critici”. Il patto eventuale, dunque, riguarderebbe un settore limitato, e dovrebbe permettere ai minerali estratti o lavorati nell’Unione europea di venire conteggiati nei bonus per l’acquisto di veicoli elettrici previsti dall’Inflation Reduction Act (arrivano a 7500 dollari).
Nel documento le due parti affermano che “un accordo di questo tipo favorirebbe i nostri obiettivi comuni di incrementare la nostra produzione e lavorazione dei minerali, e di ampliare l’accesso a forniture di minerali critici che siano sostenibili, affidabili e prive di abusi sul lavoro”.
L’Inflation Reduction Act prevede dei crediti d’imposta per le case automobilistiche che acquistano componenti (come le batterie) e materiali vari dai paesi con i quali gli Stati Uniti possiedono accordi di libero scambio: è il caso di Canada e Messico ma non, ad esempio, dell’Unione europea e del Giappone.
LA VERSIONE DI BIDEN
“La cooperazione” tra gli Stati Uniti e l’Unione europea, prosegue il comunicato, “è necessaria anche per ridurre le dipendenze strategiche indesiderate in queste catene di approvvigionamento, e per garantire che siano diversificate e sviluppate con partner fidati”.
La linea dell’amministrazione Biden è che lo sviluppo di filiere statunitensi per le energie pulite andrà a vantaggio non soltanto dell’America ma anche dei suoi alleati in Nordamerica, in Europa e in Asia, che potranno così ridurre la dipendenza dalla Cina a beneficio della loro sicurezza economica.
LA CONCESSIONE A MACRON
Lo scorso novembre, durante la visita negli Stati Uniti del presidente francese Emmanuel Macron, Biden aveva ammesso che “ci sono delle modifiche che possiamo apportare per rendere più facile la partecipazione dei paesi europei. Non ho mai avuto intenzione di escludere le persone che collaborano con noi”.
Nel concreto, tuttavia, fino ad ora di modifiche concrete non ce ne sono state.
AMICI O NEMICI?
L’Inflation Reduction Act ha un obiettivo sia economico che geopolitico: il primo riguarda la re‑industrializzazione “verde” dell’America; il secondo l’affrancamento dalla Cina per le tecnologie pulite. Ma la legge ha creato delle frizioni con gli alleati europei, che non vogliono perdere il dominio sulle nuove industrie create dalla transizione ecologica. E così, scrive POLITICO, Washington e Bruxelles “stanno ancora cercando di capire dove sono in competizione e dove possono fare squadra”.
Martedì la Commissione von der Leyen dovrebbe presentare una proposta di legge sulla manifattura europea di clean tech, che stabilisce una quota minima di produzione interna di pannelli solari, turbine eoliche, elettrolizzatori per l’idrogeno e pompe di calore del 40 per cento entro il 2030. La legge si chiama Net Zero Industry Act – era stata anticipata a febbraio, benché in forma più generica, con il Green Deal Industrial Plan – ed è pensata per rispondere all’Inflation Reduction Act, che però è in vigore già da diversi mesi.
LO STOP AI NEGOZIATI SULL’ACCIAIO VERDE
Venerdì von der Leyen e Biden hanno voluto mandare un messaggio di unità atlantica. Ma c’è distanza. I malumori creati dalla legge anti-inflazione americana, per esempio, hanno messo in pausa i negoziati per un accordo sui dazi alla produzione inquinante (cioè ad alte emissioni di carbonio) di alluminio e acciaio, pensato per contrastare la Cina.