skip to Main Content

Sussidi

Industria verde, cosa prevedono le nuove regole Ue sui sussidi. Acqua fresca rispetto all’Ira di Biden

La Commissione europea ha ammorbidito le regole sui sussidi statali all'industria verde in risposta all'Ira degli Stati Uniti. Tutti i dettagli

 

La partita sui sussidi tra l’Unione europea e gli Stati Uniti è entrata nel vivo.

Giovedì 9 marzo la Commissione europea ha adottato un nuovo regolamento che allenta la normativa comunitaria sugli aiuti di stato alle cosiddette “tecnologie pulite”, cioè utili alla transizione energetica, per rispondere agli incentivi statunitensi e cinesi.

COSA PREVEDE IL FRAMEWORK TEMPORANEO PER LA CRISI E LA TRANSIZIONE

Il regolamento – noto come Temporary Crisis and Transition Framework, o Quadro temporaneo per la crisi e la transizione – prolunga al 31 dicembre 2025 la possibilità per i paesi membri dell’Unione europea di sussidiare i settori cruciali per il processo di decarbonizzazione.

I governi nazionali potranno dunque sostenere gli investimenti nella “manifattura di dispositivi strategici” (batterie, pannelli solari, turbine eoliche, pompe di calore, elettrolizzatori per l’idrogeno e sistemi di cattura e stoccaggio della CO2), nella produzione di “componenti chiave” necessari ai prodotti finiti e nella “produzione e nel riciclo delle relative materie prime critiche”, come il litio e le terre rare.

SUSSIDI STRAORDINARI PER CASI ECCEZIONALI

In alcuni “casi eccezionali”, si legge nel documento, i paesi membri potranno “fornire un sostegno più elevato a singole imprese, qualora vi sia un rischio reale che gli investimenti vengano dirottati fuori dall’Europa”: molte società stanno effettivamente valutando – in alcuni casi hanno già deciso – di focalizzarsi sugli Stati Uniti, in modo da accedere ai crediti d’imposta dell’Inflation Reduction Act, la legge di sostegno all’industria verde americana da 369 miliardi di dollari.

Nei casi appena descritti, i governi nazionali potranno fornire alle aziende “l’importo del sostegno che il beneficiario potrebbe ricevere per un investimento equivalente in quella località alternativa” all’Unione europea (si parla di “aiuto corrispondente”, o matching-aid). Oppure, prosegue il testo, potranno assegnare “l’importo necessario a incentivare l’impresa a localizzare l’investimento nello spazio economico europeo (il cosiddetto ‘divario di finanziamento’), a seconda di quale sia il più basso”.

LE PAROLE DI VESTAGER

“Il Framework che abbiamo adottato”, ha dichiarato la commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager, di orientamento liberista, “dà agli stati membri l’opzione di fornire aiuti di stato in maniera veloce, chiara e prevedibile”.

La Commissione europea specifica di non voler correre una corsa ai sussidi con gli Stati Uniti e con la Cina, ma vuole evitare che le aziende si trasferiscano in Nordamerica o in Asia, attratte non solo dagli incentivi ma anche dai prezzi più bassi dell’energia.

– Leggi anche: Ecco il piano Ue (senza un euro in più) contro l’Ira di Biden

VON DER LEYEN A WASHINGTON

Oggi la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, si riunirà a Washington con il presidente Joe Biden: i due discuteranno, tra le altre cose, anche delle tensioni commerciali create dall’Inflation Reduction Act, che – così pensa Bruxelles – accentua lo squilibrio competitivo tra Europa e America.

L’Unione europea sta pensando di negoziare un accordo commerciale con gli Stati Uniti, che le permetterebbe di godere dello stesso trattamento riservato a Canada e Messico: la Casa Bianca non sta incentivando infatti solo il reshoring, cioè il ritorno della manifattura critica in patria, ma anche il near-shoring, ovvero l’installazione di capacità nel resto del Nordamerica per ridurre la dipendenza dalla lontana Asia.

A CHI NON PIACE L’ALLENTAMENTO DEGLI AIUTI DI STATO

La politica dell’Unione europea per l’industria net-zero piace soprattutto alla Francia, che ha sia risorse da spendere, e potrà pertanto beneficiare del rilassamento delle regole sugli aiuti di stato, sia ambizioni di sovranità strategica.

Ad altri paesi membri, però, inclusa l’Italia, l’idea di un maggiore affidamento agli aiuti di stato non piace: temono che questo approccio favorirà le nazioni dotate di grandi risorse finanziarie – la Francia, appunto, ma soprattutto la Germania – e metterà tutte le altre in una situazione di svantaggio competitivo dentro lo stesso mercato unico. Dei 672 miliardi di euro in aiuti di stato che la Commissione ha approvato nel 2022 (il regime era stato ammorbidito per far fronte alle conseguenze della guerra in Ucraina), la Germania ha rappresentato il 53 per cento del totale e la Francia il 24; l’Italia, al terzo posto, è valsa solo il 7 per cento.

Altri paesi, come la Danimarca, l’Estonia e la Finlandia, guardano con preoccupazione all’eventualità di una proliferazione di sussidi, sostenendo che danneggerebbe la tradizionale apertura economica dell’Unione europea.

Per cercare di rassicurare gli stati più scettici, la commissaria Vestager ha ribadito che le nuove regole sugli aiuti pubblici sono “proporzionate, mirate e temporanee”.

Back To Top