L’Unione europea e l’Australia hanno firmato oggi un memorandum d’intesa sul rafforzamento della collaborazione sui minerali critici per la transizione energetica, per il settore digitale e per l’industria della difesa. La partnership riguarda tutte le fasi della supply chain, dall’esplorazione e l’estrazione delle materie prime alla loro lavorazione e raffinazione, fino al riciclo e alla gestione degli scarti. Al memorandum seguirà, entro i prossimi sei mesi, un documento contenente le misure concrete da attuare.
COSA PREVEDE LA PARTNERSHIP UE-AUSTRALIA SUI MINERALI CRITICI
Il memorandum tra Unione europea e Australia punta a favorire i progetti estrattivi, anche attraverso joint venture tra aziende, e a promuovere i contatti commerciali: Bruxelles e Canberra, peraltro, stanno discutendo di un trattato di libero scambio, ma i negoziati sono complicati dalle posizioni contrastanti sul settore agricolo.
Tornando ai minerali critici, le due parti dicono anche di voler collaborare sull’innovazione tecnologica e sulla promozione di pratiche che abbiano un impatto positivo sull’ambiente, sulle società e sulla governance dei progetti (ESG, in gergo).
L’OBIETTIVO DELL’UE: RIDURRE LA DIPENDENZA DALLA CINA
Come dichiarato da Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione europea e uno dei firmatari del memorandum, “l’Australia è un partner affine e un leader mondiale nel settore delle materie prime critiche. Questa partnership segna un importante passo avanti nei nostri sforzi per garantire un approvvigionamento più sostenibile di materie prime critiche per l’UE, promuovendo al contempo gli investimenti in Australia”.
Attraverso l’Australia, una nazione inserita nel blocco occidentale e che possiede importanti giacimenti minerari (in particolare di litio, cobalto e terre rare, ma non solo), Bruxelles vuole ridurre la sua fortissima dipendenza dalla Cina per i minerali critici. Come si vede dal grafico, la Cina è la prima fornitrice – in alcuni casi addirittura l’unica, o quasi – dell’Unione europea delle materie prime necessarie ai comparti dell’energia pulita, delle tecnologie digitali, della difesa e dell’aerospazio.
Il timore europeo – ma anche statunitense – è che Pechino possa sfruttare la sua forte posizione dominante sulle filiere dei minerali critici per ottenere guadagni politici oppure per danneggiare le economie delle nazioni rivali, limitando o bloccando le esportazioni. Per favorire l’emancipazione dalla Cina, o quantomeno la riduzione della dipendenza, da qualche anno l’Unione europea, gli Stati Uniti e gli altri paesi del blocco occidentale stanno lavorando alla creazione di supply chain alternative e più “sicure”, puntando su paesi alleati o quantomeno affini sul piano politico: tra questi, l’Australia sembra essere la prima scelta. Il governo australiano, a sua volta, ha interesse a promuovere questa narrazione di fornitore affidabile e sta cercando di stimolare gli investimenti nell’industria mineraria attraverso finanziamenti e sgravi fiscali.
IL LIBERO SCAMBIO PER LA DIVERSIFICAZIONE
Nel comunicato sull’annuncio del memorandum con l’Australia, l’Unione europea spiega di utilizzare i suoi accordi di libero scambio anche per favorire la diversificazione delle filiere e aumentare la resilienza della propria economia “soprattutto nel contesto delle catene di approvvigionamento dei materiali critici”.
L’Unione europea possiede accordi di libero scambio con settantaquattro paesi del mondo; gli ultimi – quelli con il Regno Unito, con la Nuova Zelanda e con il Cile – contengono delle sezioni dedicate proprio all’energia e alle materie prime critiche.