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Materie prime critiche, cosa può fare l’Ue per ridurre la dipendenza dall’estero. Report Cdp

L'Unione europea dipende pesantemente dall'estero per le forniture delle materie prime critiche indispensabili alle transizioni ecologica e digitale. Il riciclo può aiutare a riequilibrare la situazione, ma sarà sufficiente? Cosa dice lo studio di Cdp

 

L’Unione europea dipende per oltre l’80 per cento dalle importazioni delle materie prime critiche per la transizione ecologica e digitale: litio e cobalto per le batterie, terre rare per gli smartphone e le turbine eoliche, bauxite per l’alluminio, per fare alcuni esempi. Non solo: i Paesi membri dell’Unione svolgono “un ruolo spesso marginale nelle catene del valore delle tecnologie” che utilizzano questi raw materials. Lo scrivono gli esperti di Cassa depositi e prestiti (Cdp) in un rapporto intitolato Transizione ecologica e digitale: il punto sulle materie prime critiche.

La dipendenza dall’estero e la scarsa rilevanza dal punto di vista filieristico rappresentano un rischio per l’Europa, che potrebbe sia perdere la competizione internazionale per il primato sulle nuove industrie strategiche per le transizioni ecologica e digitale, e sia mancare gli obiettivi previsti – rispettivamente – dal Green Deal e dal Digital Decade.

IL RISCHIO SI CHIAMA CINA

“La Commissione europea”, si legge nello studio di Cdp, “stima che al 2050 la domanda annua di litio da parte della UE potrebbe aumentare di 56 volte rispetto ai livelli attuali, quella di cobalto di 15, per le terre rare decuplicherebbe. Nell’attuale contesto di fragilità degli equilibri internazionali la UE risulta, dunque, esposta a potenziali interruzioni nelle forniture di materie prime critiche a causa della limitata produzione interna e della dipendenza dagli approvvigionamenti da paesi caratterizzati da elevato rischio geopolitico”. A partire dalla Cina, che domina i comparti della raffinazione del litio (58 per cento sul totale globale), del cobalto (65 per cento), della grafite (71 per cento) e delle terre rare (85 per cento). Bruxelles considera Pechino una “concorrente economica” e una “rivale sistemica”.

LA RISPOSTA EUROPEA E ITALIANA SULLE MATERIE PRIME

La questione della dipendenza estera per gli approvvigionamenti delle materie prime critiche è oggetto di discussione in sede europea. Questo mese dovrebbe venire emanata una normativa specifica, l’European Critical Raw Materials Act.

In Italia, invece, il ministero delle Imprese e del made in Italy e quello dell’Ambiente e della sicurezza energetica hanno attivato un “Tavolo nazionale per le materie prime critiche”, composto da soggetti pubblici e privati.

Già da gennaio si scrive come Germania e Francia – le maggiori economie dell’Unione europea – stiano lavorando, coordinandosi, all’istituzione di due fondi nazionali per le materie prime che vadano a sostenere progetti di estrazione, raffinazione e riciclo di materiali critici per l’industria, con lo scopo proprio di ridurre la dipendenza dall’estero.

– Leggi anche: Quali sono le materie prime critiche per l’Italia. Report Criet

IL CONTRIBUTO DEL RICICLO

Secondo CDP, l’economia circolare – quel modello economico che punta al riutilizzo delle materie prime giunte a fine vita – potrebbe dare un “contributo importante” per attenuare lo squilibrio europeo tra domanda (alta) e disponibilità interna (bassa) di critical raw materials.

Il riciclo delle batterie esauste dei veicoli elettrici, per esempio, potrebbe soddisfare il 52 per cento della domanda di litio e il 58 per cento di quella di cobalto da parte del settore della mobilità elettrica, oltre a ridurre gli sprechi. “Offre potenzialità interessanti il riciclo dei prodotti tecnologici dismessi”, si legge nel rapporto, dei dispositivi “in forte crescita e a elevata concentrazione di materie prime critiche, così come quello dei rifiuti estrattivi, in Italia stoccati in grandi quantità e possibile fonte alternativa di materie prime seconde”.

GLI OBIETTIVI EUROPEI E LE CRITICHE DELL’ENEA

La Commissione europea ha proposto che per il 2030 il 12 per cento del cobalto e il 4 per cento del litio e del nichel presenti nelle batterie provengano da riciclo. Nei cinque anni successivi la quota minima dovrà salire al 20 per cento per il cobalto, al 10 per cento per il litio e al 12 per cento per il nichel.

Tuttavia, secondo l’ENEA (l’agenzia italiana per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), sebbene l’Unione europea possieda “una tradizione nel riciclo di metalli come ferro, zinco, platino”, relativamente alle materie prime critiche per la transizione energetica “la percentuale di riciclo è ancora troppo bassa, o nulla”, ad oggi.

IL RICICLO NON BASTA: COSA DEVE FARE L’UE SULLE MATERIE PRIME CRITICHE

Ma il riciclo, da solo, non basta a garantire l’autonomia strategica dell’Unione europea, che dovrà comunque effettuare degli investimenti in tecnologie e capacità per la gestione interna dell’intero ciclo di vita delle materie prime critiche. Il blocco dovrà inoltre preoccuparsi di rilanciare le attività di estrazione mineraria sul territorio comunitario, facendo attenzione a gestire l’impatto sociale e ambientale di queste operazioni. In ultimo, Bruxelles dovrà stringere dei “partenariati strategici” – secondo CDP – con stati terzi fornitori di materie prime critiche.

– Leggi anche: Anche l’Australia si prepara alla nuova Nato dei metalli

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