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Piano Minerario

Quali sono le materie prime critiche per l’Italia. Report Criet

L'industria italiana dipende molto dalle importazioni di materie prime dall'estero. Ecco le più importanti, che spesso non compaiono nell'elenco dell'Unione europea

 

L’industria italiana dipende pesantemente, per il 90 per cento circa, dalle importazioni di materie prime. Una condizione che, a seguito della crisi del coronavirus, ha mostrato tutta la  sua precarietà: le aziende hanno faticato ad accedere ai materiali di base, e quando ci sono riuscite hanno dovuto pagare prezzi molto elevati. Le conseguenze vanno al di là del comparto produttivo, e riguardano l’intera società: la disponibilità di alcuni prodotti potrebbe ridursi, il loro costo aumentare, gli stabilimenti in difficoltà potrebbero dover licenziare personale.

A complicare ulteriormente il quadro, c’è il fatto che l’Italia – come il resto dell’Unione europea – è dipendente dall’estero anche per le materie prime critiche. Ovvero quei materiali strategici per l’economia (perché utilizzati in settori ad alto valore aggiunto, o perché connessi alla manifattura di tecnologie per le energie pulite) e complicati da ottenere (perché i paesi di produzione sono politicamente instabili o poco affidabili).

“La situazione dell’opportuno controllo delle materie prime in generale (sia in termini di sicurezza di approvvigionamento che di prezzi di acquisto), allora, presenta assolutamente carattere di urgenza”. Lo ha scritto il CRIET, il Centro di ricerca interuniversitario in economia del territorio legato all’Università di Milano-Bicocca, in uno studio dedicato proprio al fabbisogno di materie prime critiche in Italia.

GLI AUMENTI DELLE MATERIE PRIME

A causa della pandemia di coronavirus, che ha stravolto e creato blocchi alle catene del valore globali, i prezzi internazionali delle materie prime sono cresciuti moltissimo. Prendendo in esame quelle più utilizzate dall’industria italiana, il CRIET registra aumenti tra il 43 e il 79 per cento per il rame e il ferro tra ottobre 2020 e giugno 2021. L’anno scorso le materie siderurgiche, a cominciare dai laminati piani, si sono fatte più care di circa il 104 per cento. Il legname dell’87 per cento, la cellulosa del 39 per cento, il cotone del 33. I settori più penalizzati sono stati quello metalmeccanico, automobilistico, elettronico, chimico, edile, tessile e del mobile.

Le difficoltà di accesso a materie e componenti critici (come i microchip per le automobili), oltre a rallentare la produzione, potrebbero ostacolare la fase di ripresa economica e causare rallentamenti ai progetti del PNRR. Delle materie prime critiche (critical raw materials, in inglese) vi sarà peraltro sempre più bisogno: il litio e la grafite per le batterie dei veicoli elettrici, ad esempio, oppure le terre rare per le turbine eoliche e i comparti elettronico, aerospaziale e della difesa.

ECONOMIA CIRCOLARE

Per ridurre la dipendenza dai fornitori extra-europei, e come peraltro indicato dalla Commissione di Bruxelles, l’Italia dovrebbe promuovere l'”uso circolare delle risorse”, sostiene il CRIET: cioè favorire quanto più possibile il riciclo dei materiali contenuti nei prodotti una volta consumati. I rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (o RAEE), per esempio, “possono trasformarsi da costo” da smaltire “ad elementi di valore, grazie alla possibilità di ottenere materie prime e materiali critici che diversamente si dovrebbero importare, segnando il reale passaggio da una economia lineare ad una circolare, con effetti positivi sull’ambiente e sull’occupazione per il sistema Paese”.

Il CRIET invita pertanto a sviluppare l’urban mining, ovvero il processo di recupero delle materie prime secondarie dai rifiuti riciclati.

QUALI SONO LE MATERIE PRIME STRATEGICHE PER L’ITALIA

Le principali materie prime strategiche per l’Italia, in quanto a volumi importati nel 2020, sono, nell’ordine:

  1. Oro
  2. Bauxite (necessaria alla produzione di allumina e, conseguentemente, di alluminio)
  3. Argento
  4. Platinoidi (necessari alla manifattura dei catalizzatori per i veicoli)
  5. Rame (largamente usato nell’industria elettrica ed elettronica per la sua conducibilità)
  6. Nichel (serve per produrre l’acciaio inossidabile e le batterie)
  7. Zinco (si utilizza nelle leghe come l’ottone)
  8. Titanio (impiegato nei settori aerospaziali, chimico e biomedicale)
  9. Carbone coke (utilizzato nella produzione dell’acciaio)
  10. Manganese (utilizzato nella produzione dell’acciaio)

LO SCOSTAMENTO TRA ITALIA E UE

Il CRIET sottolinea “lo scostamento degli acquisti nazionali rispetto a quelle materie prime che invece l’UE ritiene di tale elevato interesse”: ovvero, principalmente, metalli per le transizioni ecologica e digitale come il litio, il cobalto o le terre rare.

Solo tredici dei trenta elementi più rilevanti per l’industria italiana “sono tenuti in altrettanta considerazione anche dall’UE, con un peso che non supera in media il 40% degli acquisti complessivi effettuati a livello nazionale”, si legge nello studio. Che prosegue: “è palese come si profili una evidente discrepanza tra l’attenzione riservata dall’UE ad alcune produzioni (e, quindi, alle corrispondenti materie utilizzate a livello industriale che vengono considerate critiche) e il fabbisogno dell’industria nazionale, aprendo un ragguardevole fronte di discussione non solo economico”.

Solo tre elementi considerati critici da Bruxelles rientrano anche tra i primi dieci (per valore) materiali importati dall’Italia: e cioè bauxite, platinoidi e titanio. L’oro non è considerato critico dall’Unione europea ma è cruciale per l’Italia, per l’utilizzo in gioielleria e come base monetaria. Discorso simile vale per l’argento.

I CONSIGLI DEL CRIET

L’approvvigionamento delle materie prime critiche è complicato dal contesto internazionale, dominato dalla conflittualità tra Stati Uniti e Cina e dalla corsa alle risorse per le transizioni ecologica e digitale. Il CRIET scrive che “per guidare le scelte strategiche sia a livello economico che politico, non bisogna dimenticare che anche altri settori (e, quindi, molteplici materie prime) necessitano di attenzione per il ruolo chiave giocato nell’economia nazionale”.

“Sarebbe opportuno”, prosegue il rapporto, “a livello nazionale provvedere a formulare strategie, possibilmente condivise e sostenute a livello europeo, per quelle materie che risultano strategiche per l’economia nazionale, quindi che sono materie prime rilevanti – ed in tale accezione critiche – per l’Italia”. Le difficoltà del loro reperimento potrebbero avere conseguenze negative sul tessuto industriale italiano.

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