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Piano Minerario

Perché all’Italia serve un piano minerario anti-Cina

Per ridurre l'esposizione alla Cina sulle materie prime critiche, l'Italia dovrebbe dotarsi di un Piano minerario nazionale e lavorare alla sicurezza delle forniture. Ecco cosa prevede la proposta di Gianclaudio Torlizzi, consigliere del ministro Crosetto.

 

La transizione ecologica, cioè il processo di sostituzione dei combustibili fossili con le fonti a basse emissioni di gas serra (principalmente eolico e solare), avrà ripercussioni profonde non solo sul sistema energetico ma anche sulle catene di approvvigionamento industriali. Le nuove materie prime critiche non saranno più, nel medio-lungo periodo, il petrolio o il gas naturale, ma tutti quei metalli necessari alla costruzione di pannelli fotovoltaici, turbine eoliche, batterie, automobili elettriche: litio, cobalto, nichel, grafite, terre rare e rame, per citarne alcuni.

CHI CONTROLLA I METALLI CRITICI

“Un’automobile alimentata con batteria al litio contiene una quantità di rame pari a 2 volte e mezzo quelle di un’auto a combustione, mentre una pala eolica offshore utilizza una quantità di metalli e terre rare nove volte superiore a quella di un impianto a gas per la generazione di energia”, ha scritto Gianclaudio Torlizzi – esperto di materie prime, autore del saggio Materia rara e consigliere del ministro della Difesa – in un policy paper per il Policy Observatory della Luiss intitolato Perché l’Italia ha bisogno di un piano minerario nazionale.

Come da titolo, nel documento Torlizzi espone appunto l’importanza per l’Italia di dotarsi di un “Piano minerario nazionale”, ossia di una strategia che garantisca al proprio comparto industriale la certezza di approvvigionamenti consistenti di materie prime critiche, tra minerali e acciaio. Una necessità dovuta anche al fatto che la Cina possiede una posizione dominante sulle filiere dei materiali di base per la transizione energetica – specialmente nel segmento della raffinazione, come spiegavamo su Startmag -, e potrebbe di conseguenza utilizzare il controllo su questi mercati “in chiave geostrategica” per danneggiare l’Occidente. L’analista scrive che Pechino potrebbe seguire “l’esempio dell’azione di weaponization intrapresa dal Governo di Mosca sul gas e petrolio”: ovvero restringere o interrompere le forniture di metalli verso alcuni paesi per ottenere un vantaggio politico.

L’INDUSTRIA ITALIANA È VULNERABILE?

Date queste premesse, Torlizzi sostiene che “la combinazione data dai rischi di approvvigionamento e aumento dei consumi [di metalli, ndr] in vista dell’attuazione delle politiche climatiche impone che venga ideato un Piano Nazionale Minerario […]. Dotarsi, inoltre, di una filiera estrattiva e di raffinazione di metalli significa fornire al Paese una fonte di vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza internazionale”.

Come spiegava uno studio del CRIET, il Centro di ricerca interuniversitario in economia del territorio legato all’Università di Milano-Bicocca, l’industria italiana dipende pesantemente, per il 90 per cento circa, dalle importazioni di materie prime. Una condizione che, in caso di nuovi e prolungati “intoppi” alle supply chain, rischia di avere conseguenze gravi dal punto di vista sia economico che sociale (minore disponibilità di beni essenziali, licenziamenti di personale per via del calo produttivo).

PIANO MINERARIO NAZIONALE: ESTRAZIONE E RAFFINAZIONE

Il Piano minerario nazionale elaborato da Torlizzi prevede innanzitutto un aumento della produzione interna di metalli raffinati come l’alluminio, il rame, il piombo e lo zinco, preceduto dalla mappatura geologica della penisola volta a individuare i giacimenti. Lo stato dovrà intervenire “attivamente nella strategia di approvvigionamento. Ciò significa”, spiega l’analista, “che il concetto di sicurezza nazionale sul fronte dell’approvvigionamento di materia prima dovrà essere considerato superiore a quello della convenienza economica”, anche qualora si individuassero riserve di materie prime poco utilizzate dalle nostre industrie: potrebbero venire impiegate come merci di scambio con altre nazioni.

Una volta estratta la risorsa, bisognerà individuare i siti idonei alla loro raffinazione, un’attività anche più importante dell’estrazione mineraria perché soggetta a “colli di bottiglia”, dati le alte barriere all’ingresso (i processi di lavorazione sono molto energivori e inquinanti).

L’IMPORTANZA DEL RICICLO

Torlizzi pensa che l’Italia e l’Unione europea debbano incentivare le operazioni di riciclo dei metalli critici dai dispositivi esausti, e contemporaneamente disincentivare le esportazioni di rottami ferrosi e non in modo da sfruttarli per ricavare nuova materia.

“Per fare un esempio”, scrive, “dalla UE sono uscite nel 2021 1.100.000 tonnellate di rottame di alluminio e 900.000 di rottame di rame. Solo dall’Italia, nel 2021, sono uscite complessivamente 191.000 tonnellate di rottame di alluminio, 178.000 di rame, 17.000 di zinco, 4.000 di piombo e 1.200 di nichel”.

“A livello europeo”, aggiunge Torlizzi, “l‘export di rottame ferroso ammonta a circa 20 milioni di tonnellate. Se il trend di crescita si è mantenuto costante dal 2013 al 2019, negli ultimi anni l’esportazione ha subito una spinta dovuta alle difficoltà delle acciaierie Italiane (Covid e crisi energetica) a beneficio dei Paesi nei quali le politiche di contenimento Covid sono state meno restrittive e la crisi energetica ha avuto impatti minori (o nulli) come nel caso di Turchia, Pakistan, e India”.

Torlizzi pensa che il processo di decarbonizzazione dell’industria siderurgica europea sia legato alla disponibilità interna di rottami: i forni elettrici ad arco, una tecnologia meno emissiva delle fornaci tradizionali, producono acciaio a partire dai rottami.

DIVERSIFICAZIONE DEI FORNITORI

Il Piano minerario nazionale affronta anche la questione della dipendenza dalla Cina, da ridurre attraverso una serie di accordi di fornitura con altri paesi. Torlizzi cita il Canada e l’Australia, definendoli “ottimi candidati” sia per le loro riserve di metalli critici, sia per l’appartenenza al blocco occidentale: è proprio su di loro che stanno puntando gli Stati Uniti per mettere in sicurezza le filiere associate alla transizione energetica.

Quanto all’Africa, Torlizzi considera “interessanti” le disponibilità minerarie di molti paesi, ma le loro situazioni di instabilità interna ne riduce il grado di affidabilità.

CREARE CAMPIONI

Il Piano prevede, come penultimo punto, lo stimolo allo sviluppo di aziende minerarie minerarie in modo che possano evolvere in “campioni nazionali”, anche in joint venture con gruppi stranieri. Questi nuovi soggetti non dovranno limitarsi all’Italia, ma dovranno operare anche all’estero attraverso partecipazioni a progetti di estrazione e raffinazione.

LO STOCCAGGIO

Infine, Torlizzi parla della necessità dello stoccaggio di materie prime, in modo da costruire “riserve strategiche di metallo da immettere nel mercato nazionale in quei frangenti di forte carenza dell’offerta”.

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