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Prezzi Materie Prime

Minerali critici, tutti i piani anti-cinesi della Ue

Il Critical Raw Materials Act dell'Unione europea mira a potenziare la produzione e la lavorazione interna di minerali critici per l'industria verde. Ma la Cina è in netto vantaggio. Fatti, numeri e approfondimenti

Giovedì la Commissione europea ha presentato i due pilastri del suo piano per l’industria “verde”. Uno è il Net-Zero Industry Act, che punta a stimolare la manifattura interna delle “tecnologie pulite” utili alla decarbonizzazione (pannelli solari, turbine eoliche, batterie…) attraverso il sostegno finanziario e la semplificazione autorizzativa. L’altro è il Critical Raw Materials Act, dedicato alle materie prime necessarie alla transizione energetica, come il litio o il nichel.

SUPPORTO FINANZIARIO E ACCELERAZIONE AUTORIZZATIVA

Il funzionamento del Critical Raw Materials Act è simile a quello del Net-Zero Industry Act: i progetti strategici europei di estrazione, lavorazione e riciclo dei materiali critici all’interno verranno supportati dal punto di vista finanziario e autorizzativo, con tempistiche più brevi (per ottenere i permessi di estrazione ci vorranno massimo ventiquattro mesi, e massimo dodici mesi per gli impianti di lavorazione e di riciclo).

GLI OBIETTIVI MINIMI INTERNI

La Commissione, inoltre, ha stabilito per il 2030 degli obiettivi minimi interni di estrazione, raffinazione e riciclo. Entro quella data, l’Unione europea dovrà estrarre sul suo territorio almeno il 10 per cento dei minerali critici che consuma, dovrà processarne il 40 per cento e riciclarne il 15 per cento.

IL DISTACCO DALLA CINA

Per rafforzare ulteriormente la sicurezza economica e degli approvvigionamenti – e non ripetere, insomma, l’errore commesso con la Russia sul gas naturale -, Bruxelles vorrebbe che, entro il 2030, non più del 65 per cento della quantità consumata annualmente di un materiale strategico provenga da un singolo paese terzo. Vale a dire dalla Cina.

critical raw materials

Pechino, infatti, controlla la raffinazione di pressoché tutti i metalli critici per la transizione ecologica: vale il 58 per cento della raffinazione globale di litio, il 35 per cento di quella di nichel, il 71 per cento di quella grafite, il 65 per cento di quella di cobalto e l’85 per cento di quella di terre rare.

La Cina è la fornitrice principale dei due terzi delle materie prime considerate critiche dall’Unione europea nel 2020, con picchi del 95 per cento per il magnesio e del 98 per cento per le terre rare.

– Leggi anche: Materie prime critiche, cosa può fare l’Ue per ridurre la dipendenza dall’estero. Report Cdp

IL CRITICAL RAW MATERIALS CLUB

A integrazione delle quote interne, per soddisfare l’intero fabbisogno di minerali critici l’Unione europea dice di voler istituire un “Critical Raw Materials Club”, cioè un gruppo di fornitori e acquirenti composto da like-minded countries, ossia da paesi affini sul piano politico e dunque affidabili. Pechino, al contrario, viene considerata da Bruxelles una “rivale sistemica”.

Del Club faranno dunque parte nazioni come il Canada, l’Australia e gli Stati Uniti. Washington, Ottawa, Canberra e Bruxelles sono peraltro già membri della Partnership per la sicurezza dei minerali, un’alleanza a guida americana di paesi like-minded, appunto, che ha l’obiettivo di costruire una filiera internazionale dei minerali critici “libera” dall’influenza di Russia e Cina.

LA SITUAZIONE DI PARTENZA

Al momento non ci sono raffinerie di litio nell’Unione europea e c’è un solo stabilimento per la separazione delle terre rare, in Estonia.

I piani di apertura di miniere di litio in Portogallo e Germania sono stati fortemente contestati dalla popolazione.

LE TEMPISTICHE

Come nel caso del Net-Zero Industry Act, anche il Critical Raw Materials Act, per diventare legge, avrà bisogno dell’approvazione del Parlamento europeo e dei paesi membri riuniti nel Consiglio. Entrambe le istituzioni potrebbero presentare delle modifiche alla proposta della Commissione.

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