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Sole 24 Ore Formazione

Perché il Sole di Confindustria folgora il Gnl Usa e loda il gas russo

Il Sole 24 Ore ha dedicato una pagina al confronto di prezzo tra il gas di Gazprom e il Gnl americano, citando anche l'impatto climatico del fracking (ma tacendo sulle emissioni di metano della Russia). Tutti i dettagli (anche su Russia Beyond the Headlines del Sole)

 

Il Sole 24 Ore di oggi pubblica un’inchiesta della giornalista Sissi Bellomo, specializzata in questioni energetiche, sulla differenza di prezzo tra il gas naturale liquefatto (GNL) statunitense e il gas russo inviato in Italia da Gazprom, società sotto il controllo del governo. La conclusione è che il GNL americano è più costoso: nel titolo si parla di un “salasso” (la scelta del termine, molto forte, è di per sé notevole) “di almeno il 50% in più”.

QUANTO CONTA IL GAS RUSSO PER L’ITALIA E L’EUROPA

Il gas naturale è la fonte più importante nel mix energetico dell’Italia, che importa dall’estero quasi tutto quello che consuma: la sua fornitrice principale è la Russia, con una quota del 43 per cento sul totale delle importazioni nel 2020. Vista la possibilità che l’Unione europea imponga un divieto d’acquisto del gas russo come ritorsione per l’invasione dell’Ucraina, il governo italiano si è attivato per trovare fornitori alternativi: il principale sembra essere l’Algeria. Tutta l’Europa è estremamente dipendente dalla Russia per il gas, e avrebbe difficoltà a sostituirlo: ne acquista 155 miliardi di metri cubi all’anno, quasi il 40 per cento sul totale proveniente dall’estero.

L’ACCORDO UE-USA SUL GAS LIQUEFATTO

A fine marzo gli Stati Uniti si sono impegnati, lavorando assieme ai loro “partner internazionali”, a fornire 15 miliardi di metri cubi di gas liquefatto all’Unione europea nel 2022. La fattibilità concreta dell’accordo è dubbia, però. I problemi, relativamente agli Stati Uniti, sono due. La capacità di esportazione del paese è praticamente già satura, e non crescerà in maniera significativa prima di qualche anno. E non è detto, inoltre, che le società energetiche americane abbiano interesse a vendere il loro GNL in Europa: fanno affari dove è più conveniente, dove i prezzi sono più alti (in Asia, generalmente) e le opportunità di profitto sono maggiori. Il governo non può dare ordini alle aziende private, che non rispondono alla Casa Bianca ma agli azionisti.

QUANTO COSTA IL GNL AMERICANO

Il Sole 24 Ore spiega che è normale, “intuitivo”, che il gas liquefatto sia generalmente più caro di quello via tubature: al di là delle spese di estrazione, per avere del GNL bisogna trasferire il gas in degli impianti che lo portano allo stato liquido (bisogna raggiungere una temperatura di -162 °C); dopodiché viene caricato su navi apposite per il trasporto; una volta giunto a destinazione, infine, il GNL deve essere rigassificato per poter venire immesso nella rete di distribuzione.

Il prezzo del GNL pagato dall’acquirente dipende da tanti fattori, come ad esempio la modalità d’acquisto: i contratti a lungo termine (dalla durata anche di venti-trent’anni) oppure il mercato spot (dove la compravendita è occasionale). I dettagli dei contratti non sono noti, però, perché coperti dal segreto commerciale.

L’analisi del Sole 24 Ore prende come riferimento, per necessità metodologiche, il solo mese di dicembre 2021, avendo cura di specificare che non si tratta di un quadro completo della situazione ma di “un fotogramma che ritrae una singola scena di un film denso di azione”.

Stando ai dati del dipartimento dell’Energia, a dicembre 2021 gli Stati Uniti hanno esportato 345 miliardi di piedi cubi di GNL, pari a111 carichi, a un prezzo di 9,26 dollari per milione di British termal unit (MMBtu). Il prezzo medio “franco a bordo” di un carico, stando alla stima di Bellomo, è di 28,7 milioni di dollari. Aggiungendo le altre voci alla cifra free on board, il prezzo totale è di 35,3 milioni di dollari.

IL CONFRONTO CON IL GAS DI GAZPROM

A dicembre 2021, dunque, il prezzo del GNL americano è stato di 415,3 dollari per mille metri cubi di gas immesso nella rete. Il prezzo dichiarato nello stesso mese dalla russa Gazprom è di 273 dollari.

Convertito in euro per megawattora, il GNL americano è costato 34,5 €/MWh, mentre il gas russo 22,6 €/MWh. A dicembre il prezzo medio del gas al TTF (il punto di scambio del gas del mercato europeo) è stato di 116,2 €/MWh; il prezzo medio all’Henry Hub (l’equivalente statunitense), invece, di 3,75 €/MWh.

GLI INTERMEDIARI

“Il prezzo al TTF è ormai completamente dissociato dai costi produttivi del gas”, ha spiegato al Sole 24 Ore Massimo Nicolazzi, professore di Economia delle risorse energetiche all’Università di Torino. “L’attuale meccanismo di formazione dei prezzi risente del costo crescente delle coperture dei trader, che alimenta la spirale rialzista”.

Il prezzo del GNL americano è molto più alto se non lo si acquista direttamente, cioè rivolgendosi ai produttori – in Italia solo Enel, tramite Endesa, ha un contratto con Cheniere Energy per rifornirsi dal terminale di Corpus Christi -, ma ci si affida agli intermediari. In quel caso, i carichi di GNL vengono ancorati ai prezzi di mercato e dunque, nel caso europeo, al TTF.

Di norma i trader preferiscono vendere il GNL sul mercato dell’Asia nord-orientale, attirati dai prezzi generalmente più alti. La crisi energetica europea, tuttavia, ha cambiato un po’ le cose, ma resta da capire se si tratta di un mutamento strutturale. A riprova di questa mutazione degli equilibri, comunque, a marzo Unipec, una società di trading cinese legata alla compagnia petrolchimica Sinopec, ha venduto in Europa almeno tre carichi di GNL provenienti dagli Stati Uniti.

Il Sole 24 Ore scrive che a dicembre il prezzo del GNL americano via intermediario “saliva a più di 120 milioni” per carico; il trader ne teneva per sé “un centinaio”.

LE PRATICHE DI GAZPROM

Rispetto ai produttori americani, le politiche commerciali di Gazprom sono molto diverse. La società – che può esibire anche un basso costo di estrazione, circa 1 dollaro per MMBtu – vende praticamente tutto il suo gas via gasdotto attraverso contratti pluriennali che prevedono il pagamento di un volume minimo di forniture anche qualora queste non vengano ritirate (un modello chiamato take-or-pay).

Il prezzo del gas russo è oggi parzialmente agganciato al TTF, ma riflette l’andamento del mercato europeo con un mese (o più) di ritardo.

Il GNL americano è invece molto più flessibile, sia perché più mobile (viaggia via nave, non è legato alle condotte), sia perché non prevede clausole contrattuali altrettanto stringenti (per dirottare il carico verso una meta diversa da quella prevista si può pagare una penale di 11-12 milioni di dollari).

QUANTO COSTA IL GAS AMERICANO

Il GNL americano, scrive Bellomo, “non è caro quando sale a bordo di una metaniera”: il prezzo di vendita è calcolato sulla base del valore all’Henry Hub più un “ricarico” del 15 per cento e le spese di liquefazione (stimate intorno ai 2-3,2 dollari al MMBtu).

In Italia, però, scaricare il GNL, riportarlo allo stato gassoso e immetterlo nella rete costa circa 4 milioni di euro per una nave spot da 150mila metri cubi liquidi (90 milioni di metri cubi allo stato gassoso): è un volume leggermente superiore a quello importato dalla Russia in un giorno.

IL SOLE 24 ORE ATTACCA L’AMERICA MA TACE SULLA RUSSIA?

All’inchiesta di Bellomo, Il Sole 24 Ore del 13 aprile affianca un articolo di Marco Valsania sui “danni ambientali” provocati dal processo estrattivo del gas americano. Il nome del processo è fracking, che prevede la fratturazione idraulica di particolari rocce chiamate shale.

Nel sommario dell’articolo si legge che l’estrazione del gas americano “immette metano nell’atmosfera”. È vero, ma il problema delle fughe di metano – un potente gas serra – non è limitato al gas shale e riguarda, ad esempio, anche le condotte che trasportano il gas russo di Gazprom verso l’Europa. Nel 2020, stando all’Agenzia internazionale dell’energia, l’industria oil & gas della Russia ha emesso 12,9 milioni di tonnellate di metano, il valore più alto al mondo. Seguono gli Stati Uniti (i maggiori produttori di gas), poi il Turkmenistan.

Al di là dei legami sull’energia e dell’importanza per alcune filiere industriali, a livello complessivo l’interscambio commerciale tra Italia e Russia non è estremamente rilevante. Nei primi sei mesi del 2020 – stando ai dati dell’ISTAT – la Russia era il quattordicesimo paese di destinazione delle esportazioni italiane (con un volume di poco superiore a quello della Romania) e l’ottavo paese di provenienza delle importazioni.

IL SOLE ILLUMINA LA RUSSIA

Sul portale del Sole 24 Ore è presente Russia Beyond the Headlines, un giornale di propaganda russa legato all’agenzia di stampa statale RIA Novosti. Tra le altre cose, la testata ospita articoli di “opinione” che spiegano le difficoltà di sostituzione del petrolio russo per l’Europa e le conseguenze economiche. In uno di questi non si parla di “guerra” o di “invasione” dell’Ucraina ma di “operazione speciale”, il termine utilizzato dal Cremlino per alterare la narrazione sull’aggressione.

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