Venerdì scorso gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo con l’Unione europea per fornirle, in collaborazione con i loro “partner internazionali”, 15 miliardi di metri cubi di gas liquefatto (GNL) nel 2022. Il Gnl dovrebbe servire ad allentare la dipendenza energetica di Bruxelles dalla Russia – che vale quasi il 40 per cento delle importazioni comunitarie di gas – e quindi a ridurre i rischi sociali ed economici in caso di un’interruzione delle forniture. Si tratta però di un volume insufficiente a rimpiazzare la grande quantità di gas che l’Europa acquista da Mosca: 155 miliardi di metri cubi all’anno.
La fattibilità concreta dell’accordo è inoltre dubbia. I problemi, relativamente agli Stati Uniti, sono due. La capacità di esportazione del paese è praticamente già satura, e non crescerà in maniera significativa prima di qualche anno. E non è detto, inoltre, che le società energetiche americane abbiano interesse a vendere il loro Gnl in Europa: fanno affari dove è più conveniente, dove i prezzi sono più alti (in Asia, generalmente) e le opportunità di profitto sono maggiori. Il governo non può dare ordini alle aziende private, che non rispondono alla Casa Bianca ma agli azionisti.
TUTTI I DATI SUL GNL NEGLI STATI UNITI
A dicembre 2021 gli Stati Uniti sono diventati i più grandi esportatori di gas liquefatto al mondo, sorpassando il Qatar e l’Australia. A febbraio 2022 le loro esportazioni hanno toccato il record di 13,3 miliardi di piedi cubi al giorno.
Di norma le metaniere statunitensi si dirigono verso l’Asia nord-orientale, perché la domanda dei paesi dell’area (come il Giappone e la Corea del sud) è forte e i prezzi alti. La crisi energetica europea, che ha fatto crescere enormemente il costo del gas naturale e dell’elettricità anche a causa delle forniture limitate dalla Russia, ha però indotto le società energetiche americane a inviare il loro GNL in Europa. Lo scorso febbraio, ad esempio, il gas sul mercato europeo aveva un costo di 56 dollari per milione di Btu, contro i 44 dollari in Asia. Come scrive il New York Times, nei primi tre mesi del 2022 quasi i tre quarti del GNL americano si sono diretti in Europa, contro il 34 per cento registrato nell’intero 2021.
Non è detto che la situazione resterà immutata, però, perché lo scorso inverno è stato mite in Asia; i paesi della regione si preparano ora a rimpinguare le scorte in previsione della prossima stagione fredda e potrebbero attirare verso di loro il GNL disponibile sul mercato.
Gli Stati Uniti sono i maggiori produttori di gas naturale al mondo, grazie alle abbondanti riserve contenute nei giacimenti di shale sparsi per la nazione, dalla Pennsylvania al Texas. La produzione non può però trovare sfogo sui mercati perché i terminali per l’esportazione di GNL – sette in tutto – stanno operando quasi al massimo delle loro capacità. Per aumentarla, attraverso il potenziamento degli impianti o la costruzione di nuovi, serve tempo: due-tre anni, in media. Un terminale di grandi dimensioni può costare anche 1 miliardo di dollari, ma ottenere finanziamenti dalle banche può essere complicato in un momento di transizione verso le energie a zero emissioni.
I 15 miliardi di metri cubi che l’America e i partner vorrebbero inviare all’Unione europea quest’anno equivalgono a 1,5 miliardi di piedi cubi al giorno. Attualmente, la capacità di liquefazione degli Stati Uniti è di 12,7 miliardi di piedi cubi di gas al mondo.
I TERMINAL DI GNL NEGLI USA
Negli Stati Uniti ci sono sette terminali per l’esportazione di GNL: a Kenai, in Alaska; a Sabine, in Louisiana; a Cove Point, in Maryland; a Corpus Christi, in Texas; ad Hackberry, in Louisiana; ad Elba Island, in Georgia; a Freeport, in Texas.
Il più importante, per volumi gestiti, è quello di Sabine, di proprietà di Cheniere Energy.
A marzo Venture Global LNG ha spedito i primi carichi di gas liquefatto dal suo impianto di Calcasieu Pass (a Cameron Parish, in Louisiana), che raggiungerà la piena capacità nel 2023. Altre aziende – ad esempio Tellurian, sempre in Lousiana – stanno pianificando la realizzazione di terminali per l’export.
LE AZIENDE AMERICANE CHE ESPORTANO GNL
Le principali aziende americane che esportano GNL sono Cheniere Energy, Venture Global LNG, Tellurian, Sempra, Freeport LNG e Dominion Energy. Non tutte sono quotate.
I maggiori azionisti di Cheniere Energy sono i fondi Vanguard Group (8,3%) e BlackRock (6,8%), l’imprenditore Carl Icahn (6,3 per cento) e Blackstone (4,6%).
Tra gli azionisti di Tellurian figurano la società di servizi finanziari State Street Corporation (6,5%), il fondo BlackRock (5,9%), Vanguard Group (5%) e la compagnia petrolifera francese TotalEnergies.
BlackRock (9,2%), Vanguard Group (8,5%) e State Street (5,5%) sono azionisti di Sempra. E possiedono quote anche di Dominion Energy: rispettivamente del 6,8 per cento, dell’8,6 per cento e del 5,2 per cento.
La società energetica giapponese JERA, l’azienda che acquista più GNL al mondo, ha una quota del 25,7 per cento di Freeport LNG.