Nei prossimi mesi la Cina potrebbe limitare le esportazioni di alcune tecnologie per la produzione di materiali per le batterie. Le batterie sono uno dei dispositivi più importanti per la transizione ecologica – non servono solo ad alimentare i veicoli elettrici ma anche a immagazzinare l’energia degli impianti rinnovabili – di cui proprio Pechino è la maggiore produttrice a livello globale, con una quota del 70 per cento circa; il paese, inoltre, controlla tutta la filiera delle batterie, dall’estrazione dei minerali alla loro raffinazione alla manifattura dei vari componenti.
LE TECNOLOGIE CHE VERRANNO LIMITATE
Giovedì il ministero del Commercio cinese ha presentato la proposta di imporre dei controlli alle esportazioni delle tecniche per il prelievo e la lavorazione del litio (come l’estrazione diretta) e per la produzione di alcune chimiche per le batterie (come i catodi al litio-ferro-fosfato o al litio-ferro-manganese-fosfato).
La chimica al litio-ferro-fosfato è quella che la casa automobilistica Stellantis realizzerà in Spagna assieme alla società cinese Catl: è meno performante rispetto alla versione “classica” al nichel-manganese-cobalto ma è anche meno costosa, quindi più adatta per i veicoli elettrici a basso prezzo.
LA CINA VUOLE PRESERVARE IL SUO VANTAGGIO SULLE BATTERIE
L’analista Yu Yakun ha detto a Bloomberg che le possibili restrizioni commerciali dimostrano che “il governo [cinese, ndr] è consapevole dell’importanza di mantenere segrete queste tecnologie avanzate per il litio. Gli investimenti all’estero con tali tecnologie saranno sottoposti a un controllo più severo”.
Nei mesi scorsi, in effetti, era già emersa la volontà di Pechino di proteggere il know-how nazionale nel settore delle batterie in modo da non perdere il vantaggio competitivo rispetto all’Occidente: il governo cinese aveva chiesto cioè alle case automobilistiche di mantenere in patria le tecnologie critiche per la mobilità elettrica e di considerare gli stabilimenti all’estero come dei semplici siti di assemblaggio. Dall’altro lato, la Commissione europea vorrebbe forzare il trasferimento tecnologico tra le società cinesi e quelle europee.
QUALI CONSEGUENZE?
Al momento, tuttavia, non è chiaro né se le limitazioni proposte saranno effettivamente implementate, né quali conseguenze potrebbero avere sulle attività delle aziende cinesi all’estero. Secondo BloombergNef, le restrizioni “potrebbero non riguardare i progetti attualmente operativi o in costruzione” ma potrebbero influire su alcuni investimenti futuri.
LE ALTRE RESTRIZIONI
Nel caso in cui i nuovi controlli alle esportazioni verranno adottati – forse da febbraio prossimo -, non si tratterebbe della prima volta che la Cina limita il commercio di tecnologie o materiali critici per la transizione energetica.
L’anno scorso, per esempio, il paese ha applicato restrizioni al commercio di tecnologie per la lavorazione delle terre rare: si stima che la Cina valga all’incirca il 70 per cento dell’estrazione mondiale di questi elementi, il 90 per cento della loro raffinazione e il 95 della produzione dei magneti presenti nelle turbine eoliche e nelle auto elettriche.
Più recentemente, Pechino ha vietato l’esportazione negli Stati Uniti di gallio, germanio e antimonio, che si utilizzano nella manifattura di semiconduttori, celle solari, proiettili, apparecchi a infrarossi e cavi in fibra ottica; ha anche limitato il commercio di grafite, presente nelle batterie.