Giovedì la Bolivia ha firmato accordi sulla produzione di litio con la Russia e la Cina: più precisamente con Uranium One Group (che fa capo a Rosatom, la società nucleare statale russa) e con il conglomerato cinese CITIC Guoan.
1,4 MILIARDI DI INVESTIMENTI
Gli accordi valgono 1,4 miliardi di dollari in investimenti e sono simili, nella forma, all’intesa raggiunta lo scorso gennaio tra il governo boliviano e l’azienda cinese CATL, la maggiore produttrice al mondo di batterie, di cui il litio rappresenta un materiale essenziale.
LE SPERANZE DELLA BOLIVIA SUL LITIO
Il ministro boliviano degli Idrocarburi e dell’energia, Franklin Molina, ha detto che questi accordi con i russi e i cinesi permetteranno al paese di produrre 100.000 tonnellate di carbonato di litio entro il 2025 nelle saline di Uyuni, Coipasa e Pastos Grandes.
La Bolivia possiede le maggiori risorse di litio del pianeta, da 21 milioni di tonnellate, ma è riuscita a sfruttarne commercialmente solo una piccola parte per la mancanza di capacità industriale. Capacità industriale che invece, nelle speranze di La Paz, Rosatom e CITIC Guoan dovrebbero fornire.
GLI INSUCCESSI PASSATI
La Bolivia insegue il sogno del litio dagli anni Novanta – quando ancora non si parlava di transizione energetica, che poggia sulle batterie e dunque sul litio -, ma senza successo. Si è focalizzata su un processo, l’evaporazione nei bacini ad alte concentrazioni di magnesio, dalla bassa resa e poco adatto alle sue saline (piene di impurità e a basse concentrazioni di litio) e al suo clima (la stagione delle piogge dura diversi mesi, ostacolando i lavori). Oggi la Bolivia afferma però di voler puntare su una tecnologia nuova e teoricamente migliore, l’estrazione diretta, ma le mancano le competenze tecniche e le capacità impiantistiche. Alle carenze operative, poi, si aggiunge spesso la malagestione dei progetti.
Il governo boliviano vorrebbe peraltro avviare una produzione nazionale di batterie entro il 2025: è una previsione forse troppo ottimistica, considerato che il vicino Cile – che a differenza della Bolivia di litio ne esporta parecchio, e da tempo – non c’è mai riuscito.
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Bolivia e Cile, assieme all’Argentina, fanno parte del cosiddetto “triangolo del litio” sudamericano, dove si concentra oltre la metà dei depositi mondiali del metallo.
COSA FARANNO RUSSIA E CINA IN BOLIVIA
Il ministro Molina ha detto che gli investimenti cinesi e russi consentiranno la costruzione di due impianti per l’estrazione diretta del litio nelle città di Pasto Grande e Uyuni Norte, che arriveranno a produrre 45.000 tonnellate di carbonato di litio all’anno. In precedenza il governo boliviano aveva stimato al 2025 una produzione di 25.000 tonnellate del materiale attraverso estrazione diretta: un obiettivo che gli esperti, tuttavia, ritengono impossibile sia per i tempi dei progetti che per l’immaturità della tecnologia.
Rosatom ha specificato che investirà 600 milioni di dollari nel suo progetto boliviano attraverso Uranium Ore Group, puntando a una capacità annua di 25.000 tonnellate di carbonato.
La spesa di CITIC Guoan ammonterà invece a 857 milioni e l’azienda – secondo il governo boliviano – starebbe valutando di investire in fabbriche di batterie e in stabilimenti per l’assemblaggio di veicoli elettrici.
Come aveva evidenziato mesi fa il Financial Times, le società russe e cinesi sono le favorite nel settore boliviano del litio. Il vantaggio è anche politico, di affinità ideologica tra il partito di governo, Movimento per il socialismo, e i regimi di Mosca e Pechino: la Bolivia, ad esempio, non ha condannato la Russia per l’invasione dell’Ucraina in sede ONU. I rapporti tra Movimento per il socialismo e gli Stati Uniti, di contro, non sono buoni.
Attualmente la Cina, grazie a una strategia di acquisizioni di progetti minerari sparsi nel mondo, controlla il 28 per cento delle forniture globali di litio.