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Bluebell Tim

Tim, ecco come procede il gran ballo della rete fra governo, Vivendi e Elliott

Che cosa succede tra Tim e governo su rete e dintorni. Fatti, indiscrezioni e scenari nell'articolo di Michele Arnese

Fare di Tim la società unita delle rete con Open Fiber imperniata dal punto di vista azionario su Cdp e scorporando in un’altra società la parte commerciale e di servizi? Oppure mantenere lo schema iniziale con lo scorporo delle rete ex Telecom Italia per fonderla con Open Fiber e magari Sparkle in un gruppo unico della rete controllato dalla Cassa depositi e prestiti?

Su queste due alternative governo, azionisti di Tim e nuovo capo azienda della società controllata dai Vivendi ed Elliott, Luigi Gubitosi, stanno discutendo senza aver ancora trovato un accordo.

L’ipotesi di uno scorporo da Tim della società dei servizi – pubblicata ieri dal Sole 24 Ore anche la primogenitura dell’indiscrezione è del Corriere della Sera del 14 novembre – piuttosto che della rete non spaventa la Borsa, anzi.

Ieri il gruppo di tlc ha rialzato la testa e segna un rialzo del 2,9%. Sulla stessa linea si è mossa Mediaset (+2%), società di contenuti che, al pari di Vivendi (+0,6% a Parigi), potrebbe in prospettiva stringere qualcosa di più di un’alleanza con una società di servizi, come hanno fatto già notare alcuni osservatori (qui l’approfondimento di Start Magazine).

Ma la partita, al momento, è in prima battuta politica e si gioca sull’emendamento al decreto fiscale che sarà votato lunedì in commissione dopo quelli presentati negli ultimi giorni da parte dei due partiti della maggioranza di governo.

Una fonte al corrente del dossier dice a Start: “E’ tutto prematuro. Al momento sono chiacchiere in libertà. Finché non parte il confronto con l’Agcom su Rab e altre questioni tecniche è difficile dire quale delle due ipotesi prevarrà”.

Ogni ipotesi di divisione societaria, infatti, dipenderà dal quadro regolatorio che emergerà anche dalla cornice di norme per l’integrazione delle reti di Tim e Open Fiber che saranno indicate dagli emendamenti in fieri del governo.

Infatti se si riuscisse a risolvere il rebus del debito (quanta parte dei circa 30 miliardi di euro deve e può essere accollata alla società che si farà carico della rete?), la Tim-rete dovrebbe godere di tariffe regolamentate a Rab, cioè col meccanismo utilizzato per stabilire i pedaggi autostradali che incentiva gli investimenti e consente di avere visibilità sui ricavi.

Un peso ha anche l’aspetto occupazionale. Per un gruppo come Tim che ha circa 49.000 dipendenti, dei quali 20/22.000 dedicati alla rete, elevabili al massimo a 30.000 secondo alcuni addetti ai lavori, restano nella migliore delle ipotesi 19.000 addetti. E sono troppi – è il ragionamento degli addetti ai lavori – per una società dei servizi che al massimo potrebbe sostenere 12.000 addetti.

Il rebus continua.

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