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Tim

Ecco amnesie e capriole di Genish sulla rete Tim

Il corsivo di Michele Arnese

Il mondo degli affari, a volte, è bizzarro.

Sarebbe normale, infatti, che ci fosse sintonia sui dossier fondamentali di una società fra l’azionista che esprime la maggioranza del consiglio di amministrazione e l’amministratore delegato nominato dallo stesso cda.

Questa normalità non vale per Tim.

L’amministratore delegato appena defenestrato dall’ex Telecom Italia, Amos Genish, evoca golpe sovietici per denunciare la sfiducia votata dai 10 consiglieri di amministrazioni espressione del fondo Elliott.

CHE COSA HA DETTO GENISH

Al di là delle forme e dei tempi, la sostanza è questa, come dice lo stesso Genish oggi in un’intervista al quotidiano La Stampa: “Il problema è chi debba controllare la rete. Si sceglie Tim? Oppure si fa un vero “deconsolidamento” come vorrebbe Elliott”. Per Genish, la prima “è la migliore soluzione dell’Italia”.

LE DIVERGENZE TRA CDA E AD

Ma l’azionista che esprime la maggioranza del board pensa che sia la seconda opzione la strada migliore per l’Italia. E non è frutto di retroscena giornalistici, rumors finanziari o indiscrezioni politiche.

QUANDO E’ NATA L’IDEA DI ELLIOTT SULLA RETE

No, l’idea di Elliott sulla rete – proprio il “deconsolidamento” menzionato da Genish – è stato messo per iscritto, in un documento pubblico, dal fondo di Paul Singer ai primi di aprile prima dell’assemblea dei soci che il 24 aprile ha eletto il nuovo consiglio e il nuovo cda, superando la gestione targata Vivendi.

Ecco di seguito i brani del documento firmato Elliott, così come ne diede conto Start Magazine il 9 aprile.

IL DECONSOLIDAMENTO SECONDO ELLIOTT

La separazione delle rete ex Telecom Italia realizzerebbe “fino a 7 miliardi di euro” in valore, che adesso è “inespresso”, è scritto nella relazione del fondo statunitense. Elliott ricorda che il valore nascosto dovuto al mancato scorporo dell’infrastruttura di Tim rappresenta il 41% della capitalizzazione di mercato. “Il modo in cui le attività sono presentate al mercato influisce sulla loro valutazione”, precisa la relazione nelle slide diffuse da Elliott.

ECCO GLI EFFETTI DELLA SEPARAZIONE

L’operazione di scorporo dell’asset porterebbe a un “re-rating delle azioni”, afferma il fondo statunitense. “Riteniamo che il deconsolidamento di NetCo e Sparkle potrebbe consentire a Tim di massimizzare il valore delle sue attività e portare un effetto leva in linea con i competitor”, prosegue Elliott che sottolinea ancora che “non ha senso per Tim competere con un altro network”, riferendosi a Oper Fiber, la società di Enel e Cassa depositi e prestiti.

L’AUSPICIO DELL’UNIFICAZIONE DELLA RETE

Non solo, aggiungono gli uomini del fondo Elliott: “Se Tim saprà essere proattiva nell’affrontare questo obiettivo del governo” di investire nella fibra riducendo il digital divide, “l’unificazione della rete potrebbe generare una grande creazione di valore per gli azionisti e invertire la minaccia competitiva creata dalla precedente mancanza di volontà della società di aiutare il Paese a rispettare l’impegno dell’Ue”.

LA PROSPETTIVA DEL DIVIDENDO SECONDO IL FONDO USA

Infine, si legge ancora nella relazione, la separazione della rete permetterebbe a Tim di tagliare il debito da 25 a 12 miliardi di euro e di garantire “un dividendo stabile” agli azionisti ordinari, con una cedola complessiva da 1,2 miliardi di euro nel 2019.

INCOGNITE E DUBBI

Ora, come sottolineano osservatori e analisti, resta da vedere come sarà realizzato lo scorporo, quanto sarà valutata la rete di Tim, quanto debito e quanto personale sarà spostato nella nuova società con Open Fiber, controllata da Enel e Cdp.

Ma nessuno può onestamente affermare di aver scoperto solo pochi giorni fa le idee dell’azionista che ti ha confermato al vertice mesi fa.

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