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Unicredit-Mustier

Perché Unicredit saluta Mediobanca (Del Vecchio brinda?). Gli effetti su Generali

Le ragioni di Mustier che fa uscire Unicredit da Mediobanca. Gli effetti sull'istituto di Piazzetta Cuccia. Le ulteriori mosse di Del Vecchio. E le ricadute su Assicurazioni Generali. Fatti, numeri, commenti e scenari

Unicredit esce da Mediobanca e scuote di fatto l’istituto di Piazzetta Cuccia, da sempre primo azionista di Assicurazioni Generali con il 13%.

“Asset non strategico, siamo competitor”, ha chiosato il capo azienda di Unicredit, Jean Pierre Mustier, giovedì 7 novembre, spiegando la vendita della storica partecipazione.

L’uscita da Mediobanca completa un ciclo iniziato prima con le cessioni in sequenza di Pioneer (finito alla francese Amundi) e Bank Pekao e poi rafforzatosi con la vendita in due trance e, sempre con un accelerated book building, del gioiellino nel risparmio gestito Fineco. Mustier ha pure vendute la collezione d’arte di Unicredit (qui l’approfondimento di Start).

Ieri, dunque, collocamento accelerato sul mercato dell’intera quota di Unicredit in Mediobanca, pari all’8,4%, a un prezzo scontato del 2% (10,57 euro) rispetto al prezzo di chiusura in Borsa (10,78 euro), che valorizza la quota quasi 800 milioni di euro (787 milioni con lo sconto) e gli consente di realizzare una plusvalenza superiore a 50 milioni (bruscolini, per un gruppo come Unicredit) se si considera il prezzo di carico di 9,89 euro iscritto nel bilancio 2018.

Per Alberto Nagel, capo azienda di Piazzetta Cuccia, l’uscita è stata ben accolta, secondo l’Ansa: ha infatti l’effetto di aumentare il flottante facendo della banca sempre più una public company. Ma Nagel scruta con ansia le mosse e le parole di Leonardo Del Vecchio che con la sua lussemburghese Delfin punta a trasformare Piazzetta Cuccia in Piazzetta Del Vecchio, come ha titolato oggi Mf/Milano Finanza.

Nel contempo l’addio scioglie il conflitto di interesse legato al fatto che anche Unicredit opera nell’investment banking, l’attività storica dell’istituto nato sotto la guida di Enrico Cuccia dalle ex Bin, il Credito Italiano, la Comit e la Banca di Roma.

Attraverso l’accelerated book bulding, Mustier dà anche un segnale al mercato per togliere la sensazione diffusa che Unicredit abbia fornito un assist al blitz col quale Leonardo Del Vecchio è entrato un mese e mezzo in Mediobanca con una quota del 6,94% per poi portarsi al 7,5% e l’idea, da valutare, di chiedere alla Bce di salire ben oltre la soglia del 10%.

Almeno questa è l’interpretazione veicolata dai vertici dal gruppo di Mustier. Interpretazione di comodo, perché fatti, segnali e circostanze vanno in altra direzione: l’avanzata di Del Vecchio in Mediobanca ha creato di fatto anche le condizioni di uscita di Unicredit, visto che ha fatto salire il corso dei titoli di Piazzetta Cuccia.

Inoltre oggi il Sole 24 Ore ricorda come nella vicenda dello Ieo la cessione del pacchetto nel gruppo ospedaliero “è stata a favore dello stesso Del Vecchio, ma soprattutto ha rappresentato solo un disimpegno parziale stante l’ingresso della stessa Unicredit nella Fondazione del patron di Luxottica, socio al 18% dello Ieo”.

E oggi la Delfin di Leonardo Del Vecchio è salita ancora in Mediobanca e dal 7,5% si sarebbe portata a ridosso della soglia del 10%. Secondo Bloomberg, il rafforzamento è avvenuto in occasione del collocamento della quota di Unicredit.

D’altra parte i rapporti di Unicredit col proprio socio (al 2%) Del Vecchio, col quale ha condiviso la battaglia per il piano di sviluppo dello Ieo poi bocciato da Nagel, erano e restano ottimi. E il rafforzamento del patron di EssilorLuxottica in Mediobanca può esser eletto anche con la volontà condivisa dagli altri altri azionisti privati di Generali (dove del Vecchio ha quasi il 5% dietro a Caltagirone), di mantenere il Leone in mani italiane al cambiare degli equilibri nel suo maggiore socio (al 13%), Mediobanca. Qui con il disimpegno di Unicredit resta un patto light ulteriormente svuotato che vede come uniche presenze di peso quelle di Mediolanum (3,28%), Edizione dei Benetton (2,1%), Fininvest (2%) e con quote minori gli altri soci storici.

Tutti, però, invocano l’italianità di Generali. Anche Mediobanca e coloro che in politica – come la Lega di Salvini – ha stimmatizzato le mosse di Del Vecchio e di Unicredit, che secondo i leghisti hanno piani filo-francesi nella finanza italiana.

Ma quali sono gli obiettivi di Del Vecchio? “Garantire attraverso un presidio “italiano” forte in Mediobanca la stabilità della compagnia triestina, la stessa italianità di Trieste e il supporto finanziario in presenza di operazioni straordinarie capaci di accelerare la crescita del gruppo assicurativo”, ha scritto oggi il Sole 24 Ore.

Operazioni straordinarie di Generali, dunque, secondo il patron di Luxottica? In effetti già il Corriere Economia lunedì scorso ha parlato esplicitamente di aumento di capitale di Generali e acquisizioni estere per il Leone. Ma per far questo servono munizioni anche a Mediobanca. Del Vecchio spingerà a un aumento di capitale anche in Mediobanca dunque?

Di sicuro l’addio alla banca guidata da Nagel (ben sballottato da Del Vecchio) apre scenari nuovi per Unicredit, con l’istituto che potrà giocare un ruolo da protagonista in un risiko europeo.

Negli ultimi due anni non sono mancate le speculazioni su una possibile virata sempre più prepotente verso l’estero dell’istituto dal cuore italiano. Ad Unicredit è stata, infatti, prima accostata Société Générale (dove Mustier ha lavorato), e poi la tedesca Commerzbank che in primavera era alla ricerca di un partner dopo il fallimento delle trattative con Deutsche Bank. Solo ipotesi a cui Unicredit ha sempre replicato con un no comment (mentre non sono mancati i subbugli al vertice e tra i soci, oltre ai casi e alle polemiche su tassi negativi e anti riciclaggio).

Scenario? Una fusione transfrontaliera.

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