L’Italia va dritta come un treno nella sua battaglia contro la carne coltivata o, come preferisce chiamarla l’esecutivo, carne sintetica. Ieri, infatti, il provvedimento che vieta nel nostro Paese la carne prodotta in laboratorio – crociata strenuamente combattuta dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, e da quello della Salute, Orazio Schillaci – è diventato ufficialmente legge con 159 voti favorevoli, 53 contrari (+Europa, M5S e Alleanza Verdi-Sinistra) e l’astensione dei deputati di Pd e Azione.
La norma sancisce sia il divieto di produzione che quello di commercio e prevede per i trasgressori multe da 10 a 60mila euro oppure fino al 10% del fatturato realizzato in un anno fino a un massimo di 150mila euro.
Come anticipato a fine marzo da Lollobrigida, si tratta della prima norma di questo tipo a livello mondiale, anche se resta da vedere cosa dirà l’Unione europea dato che: primo, la legge tutta italiana per ora vieta una cosa già vietata poiché non esistono cibi sintetici autorizzati; secondo, se la carne coltivata venisse approvata dall’Ue, il divieto non si potrebbe applicare ai prodotti legalmente fabbricati o commercializzati in un altro Stato membro perché esistono delle regole comunitarie sulla libera circolazione dei beni e dei servizi che non prevedono che ogni Paese agisca come vuole, “tranne in rare eccezioni come la sicurezza nazionale”.
La legge, dunque, come ribadito dalla giurista Vitalba Azzollini è “inapplicabile” ed “espone l’Italia a un’infrazione Ue”. La tradizione, annoverata da Lollobrigida per giustificare una legge fuorilegge, sottolinea Azzollini, fa solo fare al ministro e al governo l’ennesima figuraccia da ignorante.
Ma beghe italiane a parte qual è la situazione in Europa e nel resto del mondo?
COSA SUCCEDE NELL’UE
L’Unione europea, dopo un primo slancio di entusiasmo per la carne coltivata, è per il momento tornata sui suoi passi, anche per la resistenza compatta dell’Italia. A febbraio, infatti, prima che gli animi di casa nostra si scaldassero, il portavoce della Commissione europea, Stefan De Keersmaecker, aveva lasciato sottintendere che, con un’etichetta chiara e non ingannevole per i consumatori, un “hamburger” prodotto in laboratorio sarebbe potuto arrivare sulle tavole.
A settembre, però – con grande soddisfazione degli eurodeputati italiani di tutti gli schieramenti politici -, la commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo ha bocciato la produzione e commercializzazione di “prodotti innovativi a base cellulare”, il cosiddetto cibo “sintetico”, sostenendo invece le Tecniche di evoluzione assistita (Tea) per aumentare la produzione di proteine e l’indipendenza alimentare europea.
Queste innovative tecniche però non sono regolate allo stesso modo dalla normativa europea e da quella dei singoli Paesi. L’Italia, per esempio, ha recentemente approvato una norma che “sblocca la sperimentazione in campo delle piante ottenute con Tea”, mentre per la normativa europea non è possibile.
I Paesi Bassi, tuttavia, potrebbero andare controcorrente e diventare il primo Paese europeo a sdoganare la carne coltivata. Lo scorso luglio, infatti, le aziende olandesi Mosa Meat e Meatable hanno ottenuto il via libera dal governo per condurre delle “degustazioni” a scopo sperimentale che dovrebbero precedere l’approvazione degli alimenti coltivati in laboratorio.
COSA SUCCEDE NEL MONDO
Allargando lo sguardo al resto del mondo, a oggi, la vendita al dettaglio di carne coltivata è autorizzata solo a Singapore dal dicembre 2020 e negli Stati Uniti dallo scorso giugno, esclusivamente per prodotti a base di pollo realizzati da Upside Foods e Good Meat.
Di ristoranti poi al momento ne esistono due: uno a Singapore e l’altro in Israele, unico caso paragonabile alla città-Stato per finanziamenti a startup e infrastrutture dedicate al settore. A Tel Aviv, dove la questione ha anche a che fare con la religione, ha aperto nel novembre 2020 il primo ristorante sperimentale al mondo di carne coltivata, prodotta nel vicino stabilimento dell’azienda israeliana SuperMeat.
COME SI PRODUCE LA CARNE COLTIVATA
Si chiama coltivata e non sintetica perché, come hanno spiegato al Corriere della Sera, Laura Di Renzo, direttore scuola scienza dell’alimentazione Tor Vergata, e Cesare Gargioli, laboratorio cellule staminali e ingegneria tissutale, “viene prodotta a partire da una cellula animale, prelevata con una biopsia e poi coltivata in laboratorio con l’utilizzo di fattori naturali di nutrimento”.
Di sintetico non c’è nulla perché “per sintetico si intende qualcosa che deriva da una sintesi di più elementi”, mentre nel caso della carne coltivata “non avviene nessuna modificazione genetica né manipolazione”.
A livello di sicurezza, per i due esperti, “dal punto di vista della procedura è un alimento sicuro, non contaminato”, tuttavia, “ancora non conosciamo invece l’effetto a lungo termine sulla salute in quanto è in commercio solo in alcune parti del mondo e da pochi anni”.
QUALI SONO LE MAGGIORI AZIENDE PRODUTTRICI
Secondo il rapporto 2022 di Global Food Institute, il settore della carne – ma anche del pesce coltivato (Giappone e Singapore stanno collaborando per commercializzarlo nel 2027) – conta più di 150 aziende, 2,8 miliardi di dollari in investimenti a tempo indeterminato in aziende dedicate e 896 milioni di dollari investiti l’anno scorso.
Singapore, per l’Economist, è il leader mondiale nella vendita di carne coltivata. Solo l’anno scorso i finanziamenti privati annuali per le aziende di proteine alternative con sede nella città-Stato sono raddoppiati, raggiungendo i 170 milioni di dollari. Tuttavia, l’unica società del settore ad aver ricevuto l’approvazione nel Paese è l’americana Good Meat. Il via libera da parte degli Stati Uniti, però, dovrebbe preoccupare Singapore perché il vasto mercato di consumatori e la tecnologia all’avanguardia degli Usa potrebbero minacciare il suo primato.
Oltre alla già citata Good Meat, tra le maggiori aziende che si occupano di carne coltivata ci sono la statunitense Upside Foods e le israeliane Aleph Farms, Tnuva, Sartorius e SuperMeat, riunite anche in un consorzio.
UN MERCATO PICCOLO PICCOLO
Le previsioni per questo mercato, tuttavia, non sembrano rosee. Le difficoltà di produzione su vasta scala e il conseguente costo che ne deriverebbe per i consumatori si trovano a fare i conti con la situazione economica mondiale in un momento in cui la maggior parte delle persone cerca il risparmio. Secondo un rapporto pubblicato da Markets and Markets, il mercato della carne coltivata dovrebbe raggiungere 0,2 miliardi di dollari nel 2023 e 1,1 miliardi di dollari entro il 2034.
Ma per rendere l’idea di quanto il settore sia piccolo rispetto a quello “tradizionale”, l’Economist porta l’esempio di Good Meat a Singapore, che vende meno di 2.300 kg all’anno di pollo coltivato, mentre la produzione mondiale di carne quest’anno crescerà fino a oltre 360 milioni di tonnellate.