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Produzione Industriale

Crisi energetica, quanto rischia l’Italia rispetto a Francia e Germania? Report

Un’analisi del centro studi di Confindustria rivela come, in confronto a Francia e Germania, l’Italia sia il paese dove la crisi energetica rischia di produrre i maggiori danni (in tutti i comparti). Ragioni e dati

 

L’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche non è una novità causata dalla guerra, ma una condizione che va avanti progressivamente dall’anno scorso, quando nel dicembre 2021 aveva già raggiunto livelli critici. Il conflitto in Ucraina provocato dalla Russia ha poi aggravato la situazione.

A confermarlo è un’indagine del Centro Studi Confindustria che, mettendo a confronto l’Italia con Francia e Germania, osserva come il nostro Paese rischi di pagare un prezzo più alto a causa della crisi energetica.

IMPATTO CRISI ENERGETICA: ITALIA VS FRANCIA E GERMANIA

Lo studio afferma, infatti, che “a politiche invariate pre-crisi, l’incidenza dei costi energetici sul totale dei costi di produzione per l’economia italiana si stima possa raggiungere l’8,8% nel 2022, più del doppio del corrispondente dato francese (3,9%) e quasi un terzo in più di quello tedesco (6,8%)”.

Il rischio, osserva il Centro Studi Confindustria, è che aumenti “il divario di competitività di costo dell’Italia dai principali partner europei”. Inoltre, la crisi toccherebbe tutti i principali comparti dell’economia: dal settore primario, all’industria fino ai servizi.

Non bisogna, però, dimenticare che “anche prima delle recenti dinamiche inflattive sui mercati internazionali delle materie prime, i costi energetici erano maggiori per le imprese italiane rispetto ai competitor europei”.

Infatti, “già nel 2021 la distanza nell’incidenza dei costi energetici dell’Italia dalla Germania aveva superato 1 punto percentuale, e di ben 2,6 punti la Francia”.

Nel 2022, “il divario è stimato raggiungere +2,1 p.p. rispetto alla Germania e +4,9 p.p. rispetto alla Francia”.

 

ITALIA VS FRANCIA

In particolare, si legge nello studio, la distanza tra Italia e Francia sarebbe molto marcata nella manifattura, anche se la perdita di competitività “non sarebbe marginale neanche rispetto alla Germania”.

“Al 2022 – riferiscono gli esperti – si stima che l’incidenza dei costi energetici potrebbe raggiungere l’8,0% dei costi di produzione per l’industria italiana (dal 4,0% nel periodo pre-crisi), a fronte del 7,2% per l’industria tedesca (dal 4,0%) e del 4,8% di quella francese (dal 3,9%)”.

Un aumento che in bolletta si concretizza in circa 2,3 – 2,6 miliardi in più.

Ma il maggiore impatto della crisi energetica sulle aziende italiane rispetto a quelle francesi non si limita al settore manifatturiero, bensì risulta generalizzato a tutti i sotto-comparti.

ITALIA VS GERMANIA

Se paragoniamo, invece, l’Italia alla Germania il quadro appare più variegato. Per esempio, spiega lo studio, tra i comparti energivori, “il danno è maggiore in Italia soprattutto nelle produzioni del legno, dei minerali non metalliferi e della chimica, mentre per la carta e soprattutto la metallurgia, che figura come il settore italiano più colpito in assoluto (+12 p.p. nell’incidenza dei costi energetici rispetto al pre-crisi), l’impatto è stimato anche maggiore in Germania”.

CAROBOLLETTE A CONFRONTO

Nel complesso quindi, nonostante i rincari delle materie prime esercitino un impatto consistente sui costi energetici di tutti i settori e per tutti i Paesi, il sistema-Italia emerge come il più colpito.

Questo, affermano dal Centro Studi Confindustria, si traduce per l’Italia “in una crescita della bolletta energetica stimata tra i 5,7 e i 6,8 miliardi su base mensile”.

“Per la Germania – si legge nella ricerca – l’aumento dei costi energetici è stimato tra 7,7 e 8,0 miliardi mensili per il totale economia […] mentre per la Francia le stime sono comprese tra 1,7 e 1,8 miliardi mensili (20,2 – 21,8 annui) per il totale economia”.

PERCHÉ TUTTA QUESTA DIFFERENZA CON FRANCIA E GERMANIA?

Come ribadisce lo studio, la nostra dipendenza (molto più alta che in Francia e Germania) dall’utilizzo del gas naturale, non solo come fonte di produzione dell’energia elettrica ma anche come input diretto all’interno dei processi produttivi, è la principale ragione del maggiore impatto della crisi energetica sui costi di produzione.

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