Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), presieduto da Adolfo Urso, ha pubblicato la sua relazione annuale sulla sicurezza nazionale ed economica italiana.
In merito alla tutela degli asset strategici per il nostro paese, l’organo invita a prestare attenzione alla penetrazione economica della Francia.
CDP IN STELLANTIS PER BILANCIARE LA FRANCIA?
La relazione dedica un paragrafo all’impatto della transizione ecologica sulla filiera automobilistica, “tra le più importanti nel panorama industriale italiano”. E su Stellantis, il produttore di veicoli nato dalla fusione di Fiat Chrysler Automobiles con il gruppo francese Psa, il COPASIR registra uno spostamento del baricentro di controllo del neo costituito gruppo sul versante francese”, riferendosi all’aumento della quota detenuta dallo stato francese (circa il 6 per cento).
Al fine di controbilanciarla e riequilibrare la componente italiana con quella francese, il Comitato propone allora l’ingresso di Cassa depositi e prestiti (controllata dal ministero dell’Economia) nell’azionariato di Stellantis, “così proteggendo le tecnologie e l’occupazione”. A questo proposito, il Copasir sostiene che la fusione Fca-Psa abbia avuto “ricadute già evidenti nel settore dell’indotto connesso con le linee di produzione degli stabilimenti italiani“.
LA SIDERURGIA E L’IDROGENO
In tema di transizione energetica, secondo il Comitato il settore siderurgico, per il suo carattere energivoro e il suo impatto ambientale potenzialmente elevato, sta attraversando un momento difficile ed è dunque necessario assicurarsene l’adeguamento al nuovo contesto low-carbon per scongiurarne il fallimento.
Visti però gli alti costi di riconversione, “sarà indispensabile identificare quelle misure atte a tutelare le realtà produttive italiane ed europee che […] rischiano di essere sopraffatte sul mercato dei prodotti provenienti da altre aree geografiche. Tra le misure che potranno essere adottate non andrà trascurata quella della imposizione di dazi europei per l’importazione di prodotti realizzati senza il rispetto di prefissati standard ambientali”. Di recente anche Guido Crosetto e Gianclaudio Torlizzi avevano proposto l’introduzione di dazi europei sulle importazioni di “prodotti considerati strategici”.
Considerata poi la difficoltà di elettrificazione dei processi produttivi dell’acciaio, il Copasir invita a “imprimere il massimo stimolo alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie per la produzione di idrogeno verde anche quale fattore abilitante per la riconversione del settore siderurgico. Riconversione che si avvarrà, in una fase transitoria e prima dell’approdo all’idrogeno, del gas naturale”.
“Il settore siderurgico”, continua il Copasir, “per sua natura, non può fare a meno dell’impiego del carbonio. In una ottica più ampia di carbon neutrality la ecocompatibilità di questi impianti di produzione dovrà essere pertanto raggiunta anche mediante l’impiego di tecniche per la cattura della CO2”.
“Anche in questo settore”, aggiunge la Commissione, “il nostro Paese vanta la presenza di soggetti industriali dotati di adeguate competenze”, come Eni, che ha un progetto di cattura del carbonio a Ravenna.
COSA FARE CON TIM E VIVENDI
Sulle telecomunicazioni, al fine di garantirne la sicurezza il Copasir invita il governo a procedere rapidamente verso la realizzazione “di una rete unica a controllo pubblico […], anche al fine di evitare che distinti progetti di realizzazione di reti a banda larga, portati avanti da diversi attori di mercato, possano rendere più complessa e costosa la realizzazione di un’unica infrastruttura di rete controllata dallo Stato”.
L’organo sottolinea come Telecom Italia, uno degli attori più importanti nel mercato italiano delle telecomunicazioni, sia sotto il controllo della francese Vivendi (circa il 24 per cento, mentre la quota di Cassa depositi e prestiti si ferma al 9,8). Attraverso Tim, peraltro, Vivendi esercita un controllo su Sparkle, la società del gruppo Tim che si occupa di cavi sottomarini di Internet, e Telsy, specializzata in sicurezza delle comunicazioni.
“Recente è l’interessamento del fondo americano KKR all’acquisizione del 100 per cento del controllo del Gruppo Telecom”, sottolinea il Copasir, secondo cui “tale vicenda […] dimostra ancora una volta l’urgenza di una decisione in materia di rete unica a controllo pubblico da parte dell’Esecutivo”.
I CAVI SOTTOMARINI DI INTERNET
La rete di cavi sottomarini di Internet – infrastrutture di enorme rilevanza per la quantità di dati che trasportano – posseduta da Sparkle tra Europa, Medioriente e Africa viene definita dal COPASIR “una risorsa strategica per il nostro Paese” che svolge una funzione di “ponte di accesso alle reti di telecomunicazioni europee […] in particolare attraverso gli hub di Palermo e Genova”.
Pertanto, il Comitato “ritiene opportuno evidenziare la necessità di porre in essere tutte le misure atte a garantire la necessaria tutela di tali nodi di interconnessione rispetto all’azione di attori stranieri che potrebbero interessarsi alla acquisizione del loro controllo nonché una politica estera per la realizzazione delle reti con interventi dei Governi nazionali”.
LE BANCHE
Oltre che nei settori automobilistico e delle telecomunicazioni, la Francia è sorvegliata speciale anche in ambito bancario. Il Copasir ha infatti parlato, nella relazione, di “una rilevante presenza di capitali stranieri nel sistema bancario e assicurativo italiano, caratterizzato da un processo di aggregazione che ha portato alla costituzione di circa cento gruppi sul territorio nazionale”. L’organo ha dunque invitato le autorità a prendere in considerazione “l’introduzione di strumenti normativi volti ad incentivare l’investimento del risparmio privato nel sistema bancario e produttivo italiano ed a preservare la presenza degli investitori istituzionali nel capitale dei gruppi bancari”.
Lo scorso giugno la banca italiana Creval (o Credito Valtellinese), ad esempio, è entrata a far parte del gruppo francese Crédit Agricole, che sta portando avanti un piano di espansione in Italia.
I PORTI
Il Copasir si sofferma molto anche sui porti, attorno ai quali – scrive – “negli ultimi anni si è registrata una intensa attività da parte di attori extra UE volta all’acquisizione di quote di partecipazione, in taluni casi anche di controllo”.
Nello specifico, il Comitato porta l’esempio della compagnia cinese Cosco che “non solo ha acquisito la partecipazione e in taluni casi la gestione di diversi terminal portuali europei ma risulta anche, attraverso una propria controllata, il principale produttore mondiale di container”. L’organo invita allora le autorità italiane a prestare attenzione alle mosse dei “soggetti extraeuropei” interessanti alle filiere; il rischio, in caso di sottovalutazione del rischio, è finire in una “una futura potenziale dipendenza da questi ultimi”.
Anche perché, si legge nella relazione “le principali infrastrutture portuali italiane sono già state oggetto di attenzione da parte di attori stranieri. Si pensi ad esempio al caso delle interlocuzioni con il Governo cinese in occasione della sottoscrizione del Memorandum sulla Via della seta, che ha registrato anche un interesse per i porti di Savona-Vado Ligure, Venezia, Trieste, Napoli, Salerno e Taranto”.
“Pur non essendo avvenuto un trasferimento del controllo all’estero di queste infrastrutture”, viene precisato, “esse costituiscono certamente degli asset strategici a rischio. Ciò anche in considerazione della collocazione geografica e della conformazione del territorio italiano che rendono il nostro Paese un ponte strategico tra l’Europa e il resto del Mediterraneo in particolare con i Paesi che si affacciano sulla sua sponda meridionale”.
LE UNIVERSITÀ
Infine, le università e i centri di ricerca. Per il Copasir è necessario “intervenire al fine di introdurre apposite tutele e meccanismi di protezione dell’interesse nazionale” per reagire all'”interesse da parte di attori statuali stranieri, in particolare cinesi, nei confronti del mondo accademico italiano”, specialmente in quegli ambiti dove si effettuano ricerche su tecnologie di valore strategico. Il rischio di questa penetrazione straniere, scrive il Comitato, è la “sottrazione di tecnologia e know how”.
“Questo approccio adottato da alcune aziende straniere”, si legge, cioè le partnership con università e centri vari, “rischia di costituire una sorta di “cavallo di Troia” in grado di aggirare i paletti fissati dal golden power rispetto alla penetrazione in alcuni settori industriali strategici”.