Il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), l’organo di intelligence che coordina la ricerca informativa italiana, ha pubblicato un rapporto per analizzare, tra le altre cose, le conseguenze politiche ed economiche dell’invasione russa dell’Ucraina.
Nella Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza relativa al 2022 il Dis affronta in particolare la crescita dei prezzi delle materie prime energetiche, una delle conseguenze principali – e dai maggiori impatti, per la popolazione e per le imprese – della guerra, dovuta al fatto che, prima dell’invasione, la Russia valeva circa il 12 per cento del mercato petrolifero globale e il 20 per cento di quello del gas. L’Unione europea dipendeva da Mosca per il 40 per cento delle importazioni di gas e il 20 per cento di quelle di petrolio.
LE CONSEGUENZE ENERGETICHE
Il rialzo e la volatilità dei prezzi dell’energia ha riguardato soprattutto l’Europa occidentale, si legge, “che, dopo aver beneficiato per decenni del contributo positivo delle forniture energetiche russe per sostenere la competitività della propria economia, si è trovata nella necessità di affrontare le implicazioni negative della forte interdipendenza raggiunta”.
Per compensare il crollo delle forniture russe, l’Unione europea ha aumentato le importazioni di gas liquefatto (GNL). L’Italia si è rivolta principalmente all’Algeria, che nel 2022 è diventata la nostra prima fornitrice di gas, rappresentando da sola il 34 per cento delle importazioni totali.
L’IMPATTO SULLE INDUSTRIE
L’aumento dei prezzi del gas, arrivato al record di 340 euro per megawattora, e conseguentemente di quelli dell’elettricità, ha avuto un impatto profondo sulla produzione industriale. Secondo uno studio del think tank Bruegel, nel 2022 la domanda di gas delle industrie europee è diminuita del 15 per cento rispetto ai livelli medi del 2019-2021; molte aziende sono state costrette a limitare o a interrompere le attività.
In Italia l’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche ha colpito innanzitutto “le realtà produttive appartenenti ai settori energivori e gasivori”, come la siderurgia, la chimica, l’agroalimentare, i trasporti, le costruzioni e la gestione dei rifiuti. “Sul piano industriale”, prosegue la relazione, “tali settori producono circa 340 miliardi di euro di valore aggiunto (il 20% del PIL nazionale) e occupano 5 milioni di persone (il 25% del totale dei lavoratori)”. Le aziende energivore si concentrano nel centro-nord Italia.
LA SICUREZZA DELLE INFRASTRUTTURE ENERGETICHE
Il conflitto in Ucraina, scrive il Dis, ha “messo alla prova, con successo, la resilienza del sistema di approvvigionamento del gas naturale a livello continentale”, ritrovatosi a dover funzionare senza il principale fornitore. I paesi membri hanno lavorato alla diversificazione dei fornitori e delle rotte e all’installazione di nuove infrastrutture per l’importazione di GNL.
“In questo quadro, è stato prioritario il supporto informativo alla tutela dell’integrità delle infrastrutture energetiche, esposte a una minaccia vieppiù aggressiva e potenzialmente esprimibile, oltre che attraverso lo strumento cyber, anche con iniziative a carattere convenzionale, come nel caso dell’attacco ai gasdotti Nord Stream e Nord Stream 2 dello scorso settembre”.
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LE CONSEGUENZE DELLE SANZIONI ALLA RUSSIA, SECONDO IL DIS
L’anno scorso l’Unione europea, come forma di ritorsione per l’invasione dell’Ucraina e in collaborazione con i membri del G7, ha imposto nove pacchetti di sanzioni nei confronti della Russia: “restrizioni finanziarie, commerciali, di business, nonché divieti di viaggio e misure di congelamento di beni e patrimonio”.
La principale conseguenza di questo regime sanzionatorio è stata, secondo la relazione dei Servizi, la perdita di interscambio commerciale con la Russia: le esportazioni italiane verso il paese valevano 7,7 miliardi di euro nel 2021, circa l’1,5 per cento del totale ma comunque significative per alcuni comparti.
Il nostro paese, poi, si riforniva dalla Russia di combustibili fossili, prodotti ferrosi, argilla, alluminio, rame e platino. “Tali flussi di materie prime, sebbene non direttamente oggetto di sanzioni”, viene precisato nella relazione, “hanno subìto rincari di prezzo e/o interruzioni, con un inevitabile impatto sul tessuto industriale nazionale ed europeo.