Stop alle relazioni industriali nella Popolare di Bari.
Continuano dunque le tribolazioni per la maggior banca del Mezzogiorno alle prese con un profondo rosso nel conto economico e con una ristrutturazione e un piano di rilancio ancora dai contorni nebulosi nonostante gli annunci rassicuranti via Sole 24 Ore del numero uno della Popolare di Bari, Vincenzo De Bustis.
RELAZIONI SINDACALI SOSPESE ALLA POPOLARE DI BARI
L’ultima novità indica invece una tempesta in atto. Infatti le segreterie di coordinamento di Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca Uil e Unisin hanno comunicato nei giorni scorsi ai vertici di Banca Popolare di Bari la sospensione delle relazioni industriali. Una decisione clamorosa.
LA LETTERA DEI SINDACATI
La lettera aperta delle organizzazioni sindacali è stata inviata tra gli altri al presidente del consiglio di amministrazione, Gianvito Giannelli; all’amministratore delegato, Vincenzo De Bustis (già ai vertici della Banca 121 poi chiusa), e al vicedirettore generale Luigi Jacobini (figlio di Marco Jacobini, per decenni ai vertici della Popolare barese).
CHE COSA SCRIVONO I SINDACATI AI VERTICI DELLA POPOLARE DI BARI
Le sigle sindacali accusano la banca di «aver disatteso – è quanto si legge nella missiva spedita ai vertici della banca pugliese – completamente le aspettative dei sindacati sulle preannunciate iniziative di cambiamento di una gestione aziendale più volte esecrata, unitamente ad un piano industriale da anni preannunciato e proclamato, ma a tutt’ora sconosciuto nelle sue reali ed effettive modulazioni».
IL COMMENTO DELLA FABI SULLA POPOLARE DI BARI
«Interrompere le relazioni industriali per assenza di chiarezza e coerenza. Non vi è alcun credibile percorso progettuale su quello che sarà il futuro di questa banca», ha commentato il coordinatore Fabi gruppo Popolare di Bari, Carmine Iandolo: «Nel frattempo si scrive che “non vi è più spazio per atteggiamenti autoritari o di mortificazione dei colleghi”, proprio mentre aumentano strumentali contestazioni disciplinari, usate con fini persecutori e con atti vessatori, dovute a ripetute umiliazioni e criminalizzazioni. Il personale non può pagare per colpe derivanti da insufficienti procedure organizzative e/o per errate gestioni del credito. Per questo si è avviata una serrata campagna di assemblee del personale», ha concluso il coordinatore Fabi.
LA POPOLARE DI BARI IN PILLOLE
La Banca Popolare di Bari ha 68 mila soci. Il gruppo, compresa la CariOrvieto (qui l’approfondimento di Start con subbugli e tensioni anche su questo dossier), ha 3 mila addetti e 340 sportelli. La Popolare di Bari, che punta a diventare società per azioni, è alle prese con un periodo molto impegnativo dal punto di vista della stabilità finanziaria: ha chiuso il primo semestre del 2019 con un rosso di 58,6 milioni (73,3 milioni considerando l’effetto delle imposte).
I NUMERI 2018 DELLA POPOLARE DI BARI
Il bilancio 2018, invece, si era chiuso con una perdita di oltre 420 milioni (con una triplice approvazione dei conti dopo vari svalutazioni; una pratica anche dal punto di vista della comunicazione piuttosto inedita ovvero preoccupante, secondo gli osservatori). I costi operativi sono stati pari a 169,4 milioni e le rettifiche su crediti, in riduzione, si attestano a 44,2 milioni di euro. L’attivo totale, al termine del primo semestre, si è attestato a 13,64 miliardi rispetto ai 13,94 della fine dell’anno precedente, come emerge dai dati comunicati dall’istituto pugliese dopo l’approvazione del consiglio di amministrazione, ricorda una nota della Fabi, la maggiore federazione dei bancari guidata da Lando Maria Sileoni.
IL COMMENTO DELLA FISAC
«Abbiamo rotto le relazioni industriali con la Popolare di Bari perché non riusciamo a capire qual è il progetto di rilancio. Ora attendiamo i fatti perché, oltre ai risparmiatori, c’è in ballo il futuro lavorativo di quattromila famiglie». E’ quello che ha detto Giuliano Calcagni, segretario generale della Fisac Cgil, preoccupato per la piega che sta prendendo la vertenza della banca popolare.
GLI SCENARI PER LA POPOLARE DI BARI
«L’istituto di credito – ha affermato Calcagni nei giorni scorsi a margine di un convegno in Puglia – è una realtà che secondo la nostra visione dovrebbe essere aggregante rispetto all’universo delle popolari del Mezzogiorno». Certo, con un passivo di 420 milioni nel solo 2018 risulta difficile trovare alleati disposti a unire le risorse. La speranza è attingere alle misure per le aggregazioni previste dal governo (bonus fiscale pari a 500 milioni). «Parliamoci chiaro – ha proseguito Calcagni – l’amministratore delegato (Vincenzo De Bustis, ndr) è alla ricerca di nuovi capitali e aspettiamo con fiducia. Il piano industriale, a questo punto, risulterà vitale per il rilancio dell’attività».
I PICCOLI AZIONISTI DELLA POPOLARE DI BARI IN SUBBUGLIO
Il punto è che bisogna fare anche ordine nei conti della banca e attivare le giuste leve affinché il core business (ovvero il margine operativo) torni a svilupparsi. Allo stesso tempo c’è da riallacciare il rapporto con i soci, quasi 70 mila, che vedono il valore delle singole azioni scendere a 2,38 euro (quotazione bloccata al minimo del mercato Hi-Mtf), ha scritto il Corriere Mezzogiorno-Puglia.