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Germania

Che cosa farà la Germania per rottamare il carbone

Tutti i dettagli sulla road map per la fuoriuscita dal carbone che il governo tedesco ha annunciato dopo l'accordo con i presidenti dei Laender interessati. L'approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino

La Germania ha finalmente fissato la road map per l’uscita dal carbone. L’accordo è stato siglato nella notte tra mercoledì e giovedì scorso, al termine di un vertice di sei ore fra Angela Merkel e i ministri competenti da un lato e i presidenti dei Länder coinvolti dall’altro. Un compromesso all’ultimo respiro, come sempre quando sul tavolo ci sono troppi interessi da far combaciare.

Il progetto di legge che ora affronterà il suo iter legislativo conferma la dismissione a tappe delle centrali a carbone e lignite ancora in funzione e mantiene l’obiettivo finale che era già contenuto nella iniziale proposta del governo di chiudere l’ultima centrale entro il 2038, come suggerito da una commissione di studio sull’impatto occupazionale. Ma lascia aperto lo spiraglio a un’anticipazione di tre anni, al 2035, da ponderare nel triennio 2026-’29 valutando l’andamento del mix energetico e dello sviluppo parallelo delle energie rinnovabili. Risarcimenti fino alla cifra complessiva di 4,35 miliardi di euro sono previsti per le aziende proprietarie delle centrali. Contando tutte le spese, anche quelle relative ai finanziamenti di riconversione delle aree industriali e di compensazioni per i lavoratori, il piano di fuoriuscita dal carbone costerà al governo tedesco 50 miliardi di euro.

UNA TRANSIZIONE DIFFICILE PER LE REGIONI COINVOLTE

Di fronte alla delegazione governativa composta da Angela Merkel e dai ministri di Finanze, Industria e Ambiente (Olaf Scholz, peter Altmeier e Svenja Schulze) c’erano i presidenti dei quattro Länder interessati, tre dell’Est e uno dell’Ovest: Dietmar Woidke del Brandeburgo, Armin Laschet del Nord Reno-Vestfalia, Michael Kretschmer della Sassonia e Reiner Haseloff della Sassonia-Anhalt. Per tutte queste regioni l’abbandono del carbone rappresenterà una sfida difficile sul piano occupazionale, tanto più delicata a Est dove insistono debolezze strutturali che rendono più difficile il ricollocamento dei lavoratori espulsi. In queste aree, secondo uno studio a livello europeo della Bei, il riassorbimento della manodopera impiegata nelle centrali a carbone presenterà grandi difficoltà: oltre alla presenza di un tessuto industriale più rarefatto, le qualifiche di tali operai non sono all’altezza delle figure richieste dalle aziende e non sempre i corsi di riqualificazione potranno consentire di acquisire le competenze invocate. Ma anche a Ovest la transizione non sarà facile: proprio il Nord Reno-Vestfalia, all’interno del quale si trova la storica regione mineraria della Ruhr, ha già conosciuto un profondo processo di de-industrializzazione, solo in parte recuperato attraverso un riorientamento verso industrie tecnologiche e la riqualificazione in senso culturale di molti vecchi impianti industriali e minerari. In quello che nel Novecento era il motore industriale del benessere tedesco sono oggi presenti aree depresse, socialmente esplosive e con alti tassi di disoccupazione.

PRIME CHIUSURE AD OVEST, POI TOCCHERÀ AD EST

E proprio dal Nord Reno-Vestfalia partirà il treno delle dismissioni. Già entro la fine di quest’anno chiuderà la prima unità di una centrale elettrica e nei due anni successivi saranno bloccate altre 7 unità più piccole. Nei Länder dell’Est invece, l’onda delle chiusure partirà solo nel 2025: in tre anni, fino al 2028 chiuderanno le quattro unità della centrale di Jänschwalde, in Brandeburgo. E infine, alternativamente, negli anni a seguire verranno chiuse centrali a Ovest e a Est, sino alla fine del 2038, quando si fermeranno le ultime unità a Niederaußem e Neurath, in Nord Reno-Vestfalia. In quel momento la Germania avrà definitivamente detto addio al carbone, a meno che gli sviluppi delle rinnovabili non faranno anticipare tutto al 2035. Un curioso paradosso riguarda l’entrata in funzione della centrale a carbone combustibile Datteln 4, sempre in Nord Reno-Vestfalia, impianto di nuovissima generazione che, proprio per questo motivo, entrerà in attività nonostante sia destinata ad avere vita breve. Il minor tasso di inquinamento compenserà la chiusura anticipata di impianti di più vecchia generazione. Resterà invece intatta la foresta di Hambacher Forst, teatro negli ultimi anni di robuste proteste ambientaliste (attivisti vivevano su case costruite sugli alberi), dove il colosso energetico Rwe aveva in programma di espandere la miniera di lignite.

RISARCIMENTI ALLE IMPRESE PER 4,35 MILIARDI DI EURO

Una novità, annunciata dal ministro delle Finanze Scholz, è la previsione di un risarcimento economico per le aziende coinvolte: si tratterà di 4,35 miliardi di euro suddivisi in 2,6 miliardi per la chiusura delle centrali a Ovest e 1,75 per quelle a Est. “Una somma suddivisa in 15 anni è una spesa che ci possiamo permettere”, ha detto Scholz aggiungendo che “è stato compiuto un passo importante verso la fine dell’era dei combustibili fossili in Germania”. E uguale, se non maggiore soddisfazione, ha espresso il ministro dell’Economia Peter Altmeier, l’uomo che ha condotto l’intera trattativa, scontrandosi più volte con le resistenze e le competizioni dei presidenti dei Länder: “È una svolta storica”, ha detto. Un entusiasmo che non ha contagiato affatto il vasto universo dell’attivismo ambientalista, critico nei confronti della road map giudicata troppo lenta rispetto agli obiettivi di riduzione dell’inquinamento. Gli ecologisti hanno annunciato proteste. Parte dell’opposizione invece ha criticato i risarcimenti alle aziende.

PIANO DI AIUTI PER LAVORO E RIQUALIFICAZIONE AMBIENTALE

Sul piano dei lavoratori, confermati gli incentivi che serviranno ad aiutare coloro che sono vicini al pensionamento e quelli che accompagneranno la ricerca di nuovo lavoro. “Lo scopo di tali aiuti economici è quello di incentivare la ricerca di nuova occupazione”, ha confermato il presidente della Sassonia. Miliardi pubblici finanzieranno vari progetti di riqualificazione delle aree, molti nuovi posti di lavoro verranno creati per la realizzazione di tali progetti. Programmi di bonifica vedranno invece in prima fila le aziende stesse proprietarie delle centrali (e i risarcimenti mirano ad ammorbidire i costi che queste dovranno sopportare in aggiunta a quelli conseguenti alla fine delle attività). Proprio ieri il ministro Altmeier aveva anche accennato alla possibilità di accedere ai finanziamenti che saranno messi a disposizione dal New Green Deal della Commissione europea, una volta che il meccanismo sarà stato approvato da Bruxelles.

ACCELERAZIONI SULLE RINNOVABILI: IL 65% DI ENERGIA VERDE ENTRO IL 2030

Parallelamente alla chiusura delle centrali a carbone, sarà accelerato il programma di sviluppo delle energie rinnovabili. Il governo ha confermato l’obiettivo di produrre il 65% della sua energia da fonti rinnovabili entro il 2030.

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