L’ultimo affondo del mondo imprenditoriale contro il governo di Olaf Scholz è arrivato dal presidente della Confindustria tedesca, il potente Bundesverband der Deutschen Industrie (Bdi), all’apertura della Fiera di Hannover, uno dei più grandi appuntamenti per l’industria e l’innovazione del mondo. “L’industria tedesca non si è ancora ripresa dagli shock dei costi e della domanda, dai prezzi dell’energia a volte estremamente elevati e dall’inflazione”, ha detto Siegfried Russwurm, “ed è probabile che nel 2024 la Germania rimanga ancora indietro. Prevediamo un calo della produzione industriale dell’1,5% rispetto all’anno precedente”.
COME ANDRÀ L’ECONOMIA DELLA GERMANIA
I numeri in rosso della Bdi non si fermano qui. È vero che il calo delle esportazioni sembra essersi arrestato e che i dati più recenti segnalano l’inizio di un’inversione di tendenza, ma dopo il -1,5% dello scorso anno per il 2024 la previsione è di uno zero. Ciò significa che il commercio estero, uno dei più importanti motori di crescita dell’economia tedesca, non dovrebbe fornire alcun impulso positivo nemmeno quest’anno. Per cui, nonostante le moderate prospettive di ripresa, Russwurm dice che gli industriali non devono illudersi: “Nel complesso, i dati sulla produzione mostrano da anni una preoccupante tendenza al ribasso”.
Mentre per l’anno in corso si prevede una moderata crescita dell’economia globale del 3%, come per il 2023, in Germania, con un po’ di fortuna, ci sarà solo un piccolo aumento della crescita dello 0,3%. Russwurm è netto: “Le sfide per la localizzazione industriale rimangono grandi, le aziende tedesche stanno attualmente ottenendo una crescita più forte e profitti soddisfacenti soprattutto nei loro siti produttivi all’estero”.
La lenta ma inesorabile emigrazione delle aziende tedesche all’estero ha risvegliato il fantasma della deindustrializzazione. Non si tratta solo di imprese attratte negli Stati Uniti dagli incentivi finanziari dell’Inflation Reduction Act voluto dal presidente Joe Biden, ma anche di attività che si muovono verso la confinante Polonia sedotte non più da forza lavoro a buon mercato ma da burocrazie più snelle, costi dell’energia più bassi e manodopera più qualificata. L’ultima azienda ad annunciare un trasferimento è stata Miele, simbolo dell’industria elettrodomestica tedesca: muoverà parte della sua produzione dalla vestfaliana Gütersloh a Ksawerow, nei pressi di Lodz, città di oltre mezzo milione di abitanti a sudovest di Varsavia.
GLI INDUSTRIALI ATTACCANO IL GOVERNO SCHOLZ
In pressione sul governo si muovono anche i pezzi grossi dell’industria. Martin Brudermüller, ceo di Basf, sprona l’esecutivo a inaugurare “una nuova politica industriale attiva”. In un’intervista all’Handelsblatt, rileva anche lui come dal punto di vista economico le cose non sembrino andare bene: “La Germania è indietro a livello internazionale, ma la cosa frustrante è che gli operatori economici non riescono più a raggiungere il governo federale con le loro preoccupazioni e le loro richieste”. C’è come una sorta di incomunicabilità, un giro vizioso: le stime economiche restano deludenti, gli imprenditori criticano e pungolano, ma il cancelliere passa di conferenza stampa in conferenza stampa quasi negando che i problemi esistano. Alla richiesta di adottare misure urgenti per promuovere la ripresa economica, il cancelliere ha risposto con sufficienza. “Tutto sembra rimbalzargli addosso”, si è lasciato scappare un industriale alla fine dell’incontro con Scholz, secondo quanto riporta l’Handelsblatt. Da qui la frustrazione.
Di recente, l’Istituto economico tedesco IW di Colonia ha condiviso la frustrazione degli imprenditori: “Il governo non dà alcuna speranza di miglioramento”, ha dichiarato il direttore dell’IW Michael Hüther. Il riferimento è alla perdita della capacità della Germania di essere attraente per gli investitori, anzitutto per quelli nazionali. Il deflusso degli investimenti diretti dalla Repubblica Federale è continuato a ritmo sostenuto, hanno scritto i ricercatori renani in un rapporto dello scorso mese, anche se dopo aver raggiunto livelli record nel 2021 e nel 2022, lo scorso anno tale ritmo è rallentato. Ma con 94 miliardi di euro ha comunque raggiunto il terzo valore più alto dall’inizio della serie temporale nel 1971. A livello internazionale il deflusso è stato maggiore solo in Giappone, prosegue lo studio dell’IW, la Germania perde sempre più terreno nella competizione internazionale. Hüther chiosa: “Con costi elevati, burocrazia estenuante e infrastrutture difettose, le aziende straniere ci pensano due volte prima di investire un euro in Germania”.
“La Germania rimane molto al di sotto del suo potenziale e questo mi fa arrabbiare”, riprende Brudermüller, che questa settimana lascerà la sua carica di amministratore delegato dopo 36 anni di carriera dentro Basf, “abbiamo bisogno di un’importante iniziativa di politica industriale che renda il paese pronto per il futuro”.
Gli industriali sfruttano il palcoscenico di Hannover per riprovare a sensibilizzare governo e cancelliere e offrire la loiro ricetta. “Con una crescita tendenziale bassa, pari a mezzo punto percentuale, la Germania non sarà in grado di affrontare le grandi sfide della digitalizzazione, della decarbonizzazione e della demografia, né dal punto di vista finanziario né da quello sociale, a causa dei problemi di redistribuzione che inevitabilmente ne deriveranno”, dice Russwurm, “solo se riusciremo a generare un maggiore slancio di crescita potremo mobilitare le risorse per la trasformazione, portare le nostre infrastrutture al passo con i tempi, aumentare l’attrattiva del luogo per le aziende nazionali e straniere e garantire l’alto livello del nostro sistema sociale”. Prezzi energetici competitivi, meno burocrazia, alleggerimenti fiscali per le aziende sono in sintesi le richieste al governo. “La forza tecnologica e innovativa, la competenza settoriale e il know-how produttivo dell’industria tedesca continuano ad avere un grande successo e ad essere molto richiesti in tutto il mondo”, conclude il presidente degli industriali, ora c’è bisogno che il governo faccia finalmente la sua parte.