Skip to content

iris2 starlink

Iris2 e Starlink, che cosa sono e a cosa servono

Iris2 e Starlink al centro del dibattito politico. Fatti, numeri e approfondimenti

Svendita della sovranità nazionale per l’Italia se si affidasse ai servizi di comunicazione satellitari di Starlink per la Difesa?

È l’interrogativo sollevato da politici dell’opposizione e aziende del nostro paese dopo che l’agenzia Bloomberg ha riferito che l’Italia è in trattative avanzate con SpaceX per un accordo da 1,5 miliardi di euro che prevede la fornitura di infrastrutture di telecomunicazione sicure al governo tramite la divisione per l’Internet satellitare Starlink.

Andrea Stroppa, referente del patron di Tesla e SpaceX nel nostro paese, ha spiegato in un post su X che l’accordo avrebbe fatto risparmiare all’Italia più di 8 miliardi di euro e sarebbe stato operativo in pochi mesi, rispetto agli 8-10 anni dei concorrenti che ancora non hanno il servizio. Il riferimento è a Iris2, l’iniziativa della Commissione europea con cui l’Ue mira a posizionarsi nella gestione dei sistemi satellitari in cui attualmente spadroneggia Starlink. Se SpaceX ha già dispiegato oltre 6mila satelliti Starlink nello spazio (la metà di quelli in orbita), per Iris2 si punta a raggiungere la piena operatività nei primi anni del 2030.

Dunque Iris2 non sarà un’alternativa praticabile a Starlink per anni.

E una soluzione nazionale? Al momento le comunicazioni militari italiane fanno affidamento sul programma Sicral (Sistema Italiano per Comunicazioni Riservate e Allarmi), un sistema satellitare per le telecomunicazioni governative in orbita alta realizzato da Telespazio, joint venture tra l’italiana Leonardo (67%) e la francese Thales (33%).

E in orbita bassa?

Lo scorso 26 dicembre il Comitato interministeriale per le Politiche relative allo Spazio e alla Ricerca Aerospaziale (Comint), presieduto dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, ha incaricato l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) di elaborare uno studio per definire un livello di ambizione realistico, i costi e il percorso per la realizzazione di una costellazione satellitare nazionale in orbita bassa, in linea con quanto previsto dal Ddl Spazio approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 20 giugno. Quindi una soluzione che è tutto fuorché “pronta” al momento.

Intanto, un portavoce dell’esecutivo Ue ha fatto sapere che un eventuale accordo tra Italia e SpaceX sarebbe compatibile con Iris2.

Tutti i dettagli.

LA POSIZIONE DI BRUXELLES SULLA COMPATIBILITÀ TRA STARLINK E IRIS2

“Un regolamento dell’Ue – ha spiegato all’Ansa un portavoce della Commissione europea – istituisce il sistema Iris² ed è quindi applicabile in tutta l’Ue. L’Italia, in quanto Stato sovrano ha il pieno potere discrezionale di procedere con decisioni e azioni sovrane”.

“La Commissione non commenta in linea di principio discussioni di questo tipo. L’Italia – ha sottolineato il portavoce – è uno Stato sovrano che prende decisioni sovrane. L’Italia è pronta ad ospitare uno dei tre centri di controllo di Iris2. Lo scorso marzo il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha annunciato infatti che il Centro Spaziale del Fucino di Telespazio è stato individuato in sede europea come il luogo che ospiterà il principale dei tre centri di controllo della nuova galassia di satelliti Iris2.

“I servizi governativi completi di Iris2 saranno forniti a partire dal 2030, preceduti da servizi governativi precursori a partire dal 2025 attraverso Govsatcom, ossia attraverso la messa in comune e la condivisione della capacità satellitare esistente, di proprietà degli Stati membri, compresa l’Italia”.

Quindi un eventuale accordo tra l’Italia e la società SpaceX per l’uso del sistema di comunicazioni satellitari Starlink è compatibile con la partecipazione al progetto Iris2.

COS’È IRIS2

Considerata la risposta europea a Starlink di Elon Musk, Iris2 – acronimo di infrastruttura per la resilienza, l’interconnettività e la sicurezza via satellite –  prevede una rete da 290 satelliti multiorbitali, ovvero in orbite terrestri basse e medie, con l’obiettivo di iniziare le operazioni entro l’inizio del 2030. Si tratta di uno slittamento di tre anni in avanti rispetto all’obiettivo iniziale che prevedeva il primo dispiegamento già alla fine del 2024 e il servizio completo nel 2027.

Il progetto fornirà servizi di connettività sicura anche in caso di interruzione delle reti di comunicazioni terrestri causate da guerre, attacchi informatici o eventi climatici estremi, garantendo inoltre la copertura in zone remote e prive di connettività.

GIÀ IN RITARDO…

La Commissione ha annunciato per la prima volta Iris2 a novembre 2022, dichiarando che il servizio sarebbe iniziato nel 2024 e avrebbe “costituito un nuovo pilastro spaziale per un’Europa digitale, resiliente e più sicura”.

Dunque l’Europa ha già mancato questo primo obiettivo.

Lo scorso 16 dicembre la Commissione europea ha siglato il contratto di concessione per Iris2, con il consorzio SpaceRise (composto da Ses, Eutelsat e Hispasat) che svilupperà, dispiegherà e gestirà il nuovo sistema dell’Unione europea. Al momento non è in orbita nessun satellite Iris2, al contrario degli oltre 6mila satelliti Starlink.

I SATELLITI ITALIANI SICRAL

Ma come funzionano le comunicazioni militari italiane oggi?

Come spiegato ieri in un servizio di SkyTg24, esistono due tipologie: la prima è quella delle radiofrequenze, la seconda è la connessione satellitare, che ha una latenza decisamente più alta, ma una velocità maggiore.

In quest’ultimo caso opera il programma Sicral, realizzato da Telespazio. Sicral è il primo sistema satellitare militare italiano di comunicazioni. Esso consente di garantire l’interoperabilità tra reti che richiedono un elevato grado di sicurezza e riservatezza delle informazioni. Si tratta delle reti della Difesa, della sicurezza pubblica, dell’emergenza civile e della gestione e controllo delle infrastrutture strategiche. Il sistema, infatti, è stato concepito per garantire le operazioni connesse con l’attività di gestione delle crisi in aree dove le comunicazioni sono difficili da realizzare con i sistemi convenzionali.

Il Sicral è composto da due sottoinsiemi: il segmento spaziale: il primo satellite Sicral-1, messo in orbita geostazionaria (cioè fissa rispetto ad un punto sulla superficie della Terra, a 36mila chilometri di quota) il 7 febbraio 2001 e il sistema satellitare Sicral 2 con un vettore Ariane 4 dal Centro Spaziale di Kourou, nella Guyana Francese. Al Sicral 1 si è aggiunto il satellite Sicral-1B.

A CHE PUNTO È IL PROGRAMMA

Successivamente, il 24 aprile 2015 è stato messo in orbita il Sicral-2, al fine di potenziare le capacità di comunicazione satellitare già assicurate dai sistemi Sicral 1 e Sicral 1B.

Lo scorso febbraio la commissione Difesa della Camera ha approvato lo schema di decreto ministeriale del programma “Resilienza del sistema satellitare per le telecomunicazioni governative (Sicral-R1)”. L’acquisizione di un nuovo satellite geostazionario si è resa necessaria per affrontare in tempi rapidi la fine del ciclo operativo del satellite attualmente in orbita Sicral-1B e garantire la continuità nell’occupazione delle posizioni di interesse nazionale in orbita e in attesa del satellite Sicral 3, che arriverà nel 2026. Il nuovo satellite dovrà andare in orbita entro il 2025, l’intero programma pluriennale costerà 300 milioni.

Lo stesso ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha sottolineato che senza SpaceX l’Italia non avrebbe alternative immediate per le comunicazioni satellitari a orbita bassa.

FACT CHECKING SUL DECALOGO DI ANDREA STROPPA TRA IRIS2 E STARLINK

Infine, a fare chiarezza tra le varie soluzioni di connettività satellitare ci ha pensato Andrea Stroppa, referente del patron di Tesla e SpaceX nel nostro paese.

Sulla piattaforma social X (di proprietà di Elon Musk) Stroppa pubblica un decalogo sull’ultimo progetto spaziale europeo Iris.

“Servono dei lanciatori, ovvero dei razzi. Iris2 il progetto europeo avrà bisogno di un razzo funzionante per mandare in orbita i satelliti. Stamattina leggo ovunque che l’Europa ha il suo razzo europeo è vero? E che noi come Italia siamo protagonisti”, ha scritto ieri il principale collaboratore italiano di Musk.

“Vuoi la verità? Va bene. Sì, l’Europa ha un razzo per lanciare i satelliti a bassa orbita si chiama Ariane 6 che andrà a sostituire un vecchio razzo chiamato Ariane 5”, prosegue Stroppa, aggiungendo: “Sì, tutto è iniziato il 2 dicembre 2014 (Renzi PdC, Calenda Ministro) con una riunione operativa degli Stati Europei. C’era ovviamente anche l’Italia con il suo governo. L’obiettivo era quello di avere il razzo Ariane 6 pronto per il 2020. Ah, ma quindi lo abbiamo già dal 2020, fantastico! No. Nel 2020 non c’era ancora nulla. L’unica cosa che saliva alle stelle erano i soldi pubblici che venivano dagli Stati europei per finanziare il progetto”.

ARIANE 6 PER LANCIARE I SATELLITI IRIS2

Fin qui tutto giusto: i satelliti Iris2 andranno infatti nello spazio a bordo del lanciatore europeo Ariane 6, che ha debuttato (in ritardo) lo scorso luglio e non è previsto che voli di nuovo prima di metà febbraio. Tanto che, come ricorda Bloomberg, per il suo lancio più recente, una coppia di satelliti Meo il 17 dicembre, l’operatore Ses ha scelto un’opzione più affidabile: il Falcon 9 di SpaceX.

I FONDI PUBBLICI PER ARIANE SECONDO STROPPA

Ma di quanti soldi parliamo? E l’Italia quanto ha speso? Si domanda retoricamente Stroppa, che risponde: “Pubblicamente si sa che sono stati spesi oltre 4 miliardi di euro di cui 500 milioni italiani. Ma a chi sono andati questi soldi? Sono andati ad un consorzio di aziende europee incaricati di sviluppare il razzo”.

Dopodiché, il referente italiano di SpaceX spiega che “l’Italia nel consorzio delle aziende ha il 3.4%. Il 74% è di un gruppo a maggioranza francese con una compagine minoritaria tedesca. L’8,3% è direttamente di un gruppo tedesco e il 3,4% italiano. Il resto suddiviso fra altre aziende dei diversi paesi europei. Ma almeno nel management del consorzio c’è qualche italiano che decide? No, mi dispiace. Nemmeno uno”.

“Ma almeno lanciamo da qualche base italiana? No, mi dispiace. Francese. Cioè, abbiamo messo tutti quei soldi ci siamo beccati in silenzio un ritardo di anni e non contiamo niente. Uffa. Vabbè, ma almeno il razzo come sta andando? · Male! Ha fatto il suo primo lancio a fine 2024. Dopo 10 anni dall’annuncio e 4 anni di ritardo dalla tabella di marcia. È nato già vecchio e ironia della sorte si sono dovuti fermare di nuovo prima di lanciarlo perché ha problemi tecnici”, ha concluso Stroppa.

LE INFORMAZIONI FORNITE DA FONTI DEL COMPARTO

In realtà non è esattamente così.

Come spiegano fonti del comparto spaziale a Startmag “i fondi sottoscritti dall’Italia per il programma di Ariane 6 sono stati definiti in una quota pari a circa la metà di quanto riportato. Gli investimenti effettuati hanno inoltre determinato un georitorno italiano superiore alle somme impegnate”.

Allo stesso tempo, si rimarca, “il settore dei lanciatori Esa è poi completato dal programma a guida italiana Vega C, e successivi sviluppi, cui contribuiscono, come previsto anche per Ariane 6, tutti i paesi membri con percentuali diverse. Giova altresì ricordate che il successo del ritorno al volo di Vega C è stato pieno, avendo portato in orbita correttamente il satellite Sentinel1C. Ariane 6 e VegaC sono, in ultimo, lanciatori che si occupano di portare carichi utili non solo in orbite basse, le cosiddette orbite Leo”.

COSA EMERGE DAL MEDIA KIT DI ARIANE 6 PUBBLICATO DALL’ESA

Per ultimo, come si evince dal media kit del lanciatore Ariane 6 pubblicato dall’Esa, il contributo del nostro paese al programma è pari allo 7,7%, non il 3,4% indicato dal principale collaboratore di Musk in Italia.

Torna su