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Cina

Dazi e fusioni: tutte le mosse dell’Ue contro la Cina

Prosegue la disputa sulle auto elettriche tra l'Unione europea e la Cina: nessun accordo per evitare i dazi, ma c'è un piccolo passo avanti. La nuova commissaria alla Concorrenza, intanto, propone una revisione delle norme sulle fusioni per rafforzare l'industria europea rispetto all'estero.

L’incontro tra il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis e il ministro del Commercio della Cina Wang Wentao, giovedì, non è bastato a risolvere la disputa sulle automobili elettriche. Le due parti, però, hanno detto di voler proseguire con i negoziati e Bruxelles ha offerto alle case cinesi un’altra possibilità di stabilire dei prezzi minimi di importazione dei loro veicoli (o price undertakings): una misura che, qualora andasse a compensare i sussidi pubblici ricevuti dai costruttori cinesi, potrebbe evitare l’imposizione di dazi.

DAL 1 NOVEMBRE I NUOVI DAZI SULLE AUTO ELETTRICHE CINESI

Il tempo disponibile per trovare una soluzione è poco, perché il 1 novembre – a meno di un voto contrario della maggioranza qualificata dei paesi membri – l’Unione imporrà altre tariffe sulle importazioni di auto elettriche dalla Cina, che resteranno in vigore per cinque anni: le nuove aliquote variano dal 17 al 36,3 per cento, in aggiunta a quella standard del 10 per cento. La Cina, come forma di ritorsione, potrebbe applicare dei dazi sulle importazioni di carne di maiale, latticini e brandy dall’Europa.

UN PASSO AVANTI

Benché non risolutiva, la riunione tra Dombrovskis e Wang ha comunque prodotto qualcosa: la Commissione europea aveva respinto i price undertakings offerti in precedenza dalle case automobilistiche cinesi – sono uno strumento commerciale utilizzato dalle aziende per alzare i prezzi di vendita e controllare i volumi delle loro esportazioni in modo da evitare i dazi anti-sussidi -, ma ora si è detta disponibile a valutarne di nuovi.

LA CINA VUOLE DIVIDERE L’UNIONE EUROPEA

La strategia cinese, però, va oltre le trattative con la Commissione: il paese sta infatti cercando di alimentare le divisioni interne all’Unione per convincere un numero sufficiente di stati membri a votare contro i dazi, come l’Ungheria (che punta molto sugli investimenti cinesi), la Germania (la Cina è la sua principale partner commerciale) e la Spagna (che verrebbe penalizzata dalle tariffe cinesi sulla carne suina).

Il caso spagnolo è forse quello più notevole, visto che Madrid era inizialmente favorevole ai dazi sulle auto elettriche ma ha modificato la sua posizione dopo la visita del primo ministro Pedro Sanchez in Cina. La Spagna è il primo esportatore di carne di maiale nell’Unione europea e il secondo produttore automobilistico; inoltre, non vuole che lo scoppio di una trade war con Pechino possa pregiudicare gli investimenti cinesi nei propri settori della mobilità elettrica e delle energie rinnovabili.

COME CAMBIERANNO LE FUSIONI AZIENDALI CON LA NUOVA COMMISSARIA RIBERA?

I dazi sui veicoli elettrici servono a bilanciare le sovvenzioni sleali offerte dal governo della Cina ai produttori automobilistici nazionali, così da tutelare le aziende europee e garantire loro una competizione più equa. La competitività di prezzo delle auto cinesi, tuttavia, non è dovuta solo agli aiuti di stato forniti ai costruttori, per quanto ingenti, ma anche alle economie di scala raggiunte, al controllo sulla filiera e ai prezzi più bassi dell’energia.

Per rafforzare l’industria europea di fronte ai rivali stranieri, la nuova commissaria alla Concorrenza Teresa Ribera – nonché commissaria alla Transizione e vicepresidente esecutiva della Commissione – ha detto al Financial Times che verranno riviste le norme sulle concentrazioni in modo da incoraggiare le fusioni tra aziende e permettere a queste ultime di raggiungere la scala necessaria a competere a livello internazionale.

Intervistata dal quotidiano, Ribera ha dichiarato che “c’è una questione di dimensioni [delle aziende] a livello internazionale… Penso che ci sia bisogno di migliorare le cose” in Europa. Per quanto riguarda il ruolo che deve svolgere ora questo portafoglio [quello della concorrenza, ndr], naturalmente non è esattamente lo stesso [di prima], ma qualcosa che deve evolversi e adattarsi alle circostanze”.

Più prudente è invece Margrethe Vestager, commissaria alla Concorrenza nella prima commissione guidata da Ursula von der Leyen, che sempre al Financial Times ha detto che Bruxelles dovrebbe diffidare di una riforma totale delle norme sulle fusioni o rischia di aprire un “vaso di Pandora” e di creare “molta incertezza”.

Secondo Ribera, invece, “dobbiamo essere un po’ più innovativi nel costruire un mercato unico europeo ben funzionante, in cui non trovino spazio solo gli interessi nazionali e locali, ma [fare sì che] quelli nazionali e locali corrispondano agli interessi europei. Questa sarà una delle sfide: come costruire questa intesa europea. Non soltanto i campioni nazionali, ma l’intesa europea”.

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