Novità in vista per il colosso dell’auto cinese Byd. Mentre in Europa prende a bordo lo storico braccio destro di Marchionne alla Fiat ed ex presidente di Ita Alfredo Altavilla in qualità di consulente speciale per il mercato del Vecchio continente (leggasi: fare attività di lobbying), in patria Byd accoglie sulle proprie vetture la connazionale Huawei.
COME CORRONO BYD E HUAWEI GRAZIE ALL’AUTO
E non poteva esserci partner migliore. L’azienda di Shenzhen sembra essere riuscita a superare con disinvoltura il periodo buio del ban statunitense voluto da Donald Trump. Secondo i dati divulgati dalla stessa Huawei nelle ultime ore, l’utile netto è salito a 54,9 miliardi di yuan, pari a 7,70 miliardi di dollari, rispetto ai 46,6 miliardi di yuan di un anno fa, (+17,9%). Il fatturato è aumentato del 34% a 417,5 miliardi di yuan lambendo i 53 miliardi di euro.
La Big Tech asiatica nota soprattutto per i suoi laptop, tablet, smartphone e smartwatch è in pieno rally grazie soprattutto alla neonata divisione automotive. Inoltre, in patria potrebbe assumere ulteriore rilievo se si considera che sta lavorando a un sistema operativo proprietario indipendente da Android e alternativo a Windows che potrebbe essere usato non solo dalla sterminata pubblica amministrazione cinese, ma anche dalla Russia e dagli altri Paesi non allineati con gli Usa.
Byd da parte sua ha concluso il 2023 dimostrando di essere il primo costruttore al mondo per volumi di auto elettriche, operando un sorpasso dal sapore storico sull’americana Tesla (che però produce soprattutto a Shanghai). Per la verità il produttore di automobili di Shenzhen aveva già sorpassato il colosso di Elon Musk nel corso degli ultimi ventiquattro mesi ma con i dati del quarto trimestre ’23 è stato confermato il distacco agevolato dal fatto che il marchio texano si sia fermato a 484.000 auto contro le 526.000 di Byd.
La società cinese, inoltre, ha annunciato sul finire del 2023 che realizzerà uno stabilimento di assemblaggio automobilistico in Ungheria. Le stime riportate dal New York Times parlano di due-tre anni di lavori e un volume di produzione di 200.000 auto all’anno una volta che entrerà a regime. Inoltre recentemente il marchio ha fatto sapere di essere alla ricerca di un nuovo posto in cui impiantare un hub gemello, diventando corteggiatissima dalle cancellerie di mezza Europa.
COSA FARANNO BYD E HUAWEI
Tornando alla collaborazione tra Byd e Huawei, al momento le parti fanno sapere che sperimenteranno la loro collaborazione sul marchio Fangchengbao, iniziando dalla Bao 8, la prima vettura d’ultima generazione che vedrà installato sul proprio sistema di bordo la suite Huawei Qiankun di sistemi di assistenza alla guida.
Si tratta di un fuoristrada a 6 o 7 posti che dispone di un powertrain caratterizzato da un motore benzina di 2 litri da 200 kW abbinato a due motori elettrici da 200 kW e da 300 kW che permetteranno un’accelerazione da 0 a 100 km/h in appena 4,8 secondi nonostante la stazza (5.195 mm lunghezza x 1.994 mm larghezza x 1.875 mm altezza, con un passo è 2.920 mm per 3.305 kg) mentre la velocità massima dichiarata è di 180 km/h.
UNA PARTNERSHIP NEL SEGMENTO PREMIUM
Il Bao 8 dovrebbe avere un prezzo di listino sui 60mila euro, su cui grava l’incognita dei dazi europei, per Byd fissati al 17%. Secondo quanto si apprende, Byd e Huawei collaboreranno soprattutto sulle vetture di fascia alta del costruttore asiatico, installando la tecnologia di Shenzhen oltre che su Fangchengbao anche su Denza e Yangwang.
AUDI MONTA GIA’ SISTEMI HUAWEI
Ma questo non è il primo risultato di peso conseguito da Huawei nel mondo delle quattro ruote. Non si dimentichi che già altri sette marchi cinesi più la giapponese Nissan intendono tessere partnership in tal senso, mentre l’europea Audi del gruppo Volkswagen lo scorso dicembre aveva intrapreso una collaborazione analoga annunciando l’adozione della suite Qiankun per i propri modelli venduti sul mercato locale, a iniziare dalla Q6 L e-tron.
E poi ci sono le vetture Shenlan, azienda affiliata a Huawei, che vedono il colosso tecnologico anche nell’inedito ruolo di costruttore e non solo di mero fornitore tecnologico. Vetture che dovrebbero essere esportate molto presto anche in Occidente. Insomma, il ban americano con cui Trump aveva provato a buttare fuori dalla porta la tecnologia dei device made in China ha avuto come conseguenza che la Big Tech ora stia rientrando dalla finestra. Anzi, dal garage. Più agguerrita che mai.