Per Trenord, finisce l’avventura iniziata il 3 maggio 2011 quando, presidente della Regione Roberto Formigoni, si decise di costituire fra Ferrovie Nord Milano e Ferrovie dello Stato (FS) un’unica società di trasporto ferroviario in Lombardia. L’orizzonte strategico di quel progetto era fondato non solo sul miglioramento del servizio ma anche sulla realizzazione di un sistema integrato di trasporto pubblico che avrebbe potuto coinvolgere anche il servizio di trasporto dei grandi centri urbani e delle metropolitane con un sistema unico di tariffazione.
Questo disegno rispondeva agli interessi delle Ferrovie, impegnati a divenire una sorta di operatore globale del trasporto non solo su rotaia ma era altrettanto vicino alle aspettative dell’economia del territorio e alle esigenze dei cittadini lombardi che, soprattutto nei tratti extra urbani, rivendicavano servizi più efficienti per puntualità, decoro dei vagoni e frequenza del servizio. In questo contesto le Ferrovie sono entrate con una quota significativa nella gestione della linea “viola” della metropolitana milanese.
Ma la qualità del servizio negli ultimi due anni è calata paurosamente, così come è cresciuto il numero dei “portoghesi” e si sono aggravate, soprattutto per il personale, le condizioni di sicurezza per la presenza di una preoccupante microcriminalità che fino a poco tempo fa agiva indisturbata.
Per di più l’ambizioso progetto che coinvolgeva l’ex monopolista ferroviario e i due più importanti soggetti istituzionali lombardi, come Regione e Comune di Milano, non ha trovato un equilibrio di “governance” in grado di soddisfare tutti i partner.
Probabilmente ha pesato l’approccio un po’ ingombrante di natura “centralista” delle FS che non poteva non suscitare preoccupazione tra tutti gli amministratori e le forze politiche locali. Ciò è apparso evidente quando l’amministratore delegato delle Ferrovie, Renato Mazzoncini, ha offerto di anticipare il finanziamento degli investimenti necessari per il rinnovo del materiale rotabile in cambio dell’affitto di una quota dell’1% di Trenord a favore di Fs che avrebbe così ottenuto temporaneamente (in Italia tutto ciò che è temporaneo diviene poi definitivo) il controllo della società. La motivazione della proposta era lapidaria ma comprensibile: “Noi investiamo nei servizi che gestiamo”.
Meno comprensibile che l’anzianità della flotta in circolazione apportata in dote dalle Ferrovie attraverso Trenitalia fosse di 30 anni mentre quella delle vecchie Ferrovie Nord non superava i 10 anni. Con la separazione consensuale, senza sovrapposizione di linee, ognuno si riprende le “vecchie” attività e il proprio materiale rotabile.
Le “nuove” Ferrovie Nord, che al momento manterranno il nome di Trenord, garantiranno le tratte suburbane attorno alla città, che utilizzano il passante ferroviario, e gestiranno il Malpensa Express con base a Cadorna.
Alle Ferrovie (Trenitalia), che garantiranno dalla Stazione Centrale di Milano il collegamento con Malpensa, verranno restituite le tratte di più lunga percorrenza. Il 45% del traffico sarà attribuito a Trenord mentre Trenitalia ne gestirà il 55%. Naturalmente bisognerà concordare con la Regione, intesa come ente regolatore, nuovi e separati contratti di servizio sotto il controllo dell’Autorità Nazionale dei Trasporti.
Il perfezionamento delle intese sarà laborioso ma reso più semplice dal fatto che, tranne per i collegamenti tra la città e Malpensa, non vi sarà in futuro alcuna concorrenza tra i nuovi attori del trasporto lombardo. Ma il difficile comincia ora perché i gestori “separati” del servizio non avranno più alibi nei confronti degli utenti che pretendono un minimo di qualità del servizio e dei dipendenti che vogliono tutelata la propria incolumità.
D’altra parte, è difficile pensare che questo “divorzio” produca in tempi brevi elementi significativi in grado di garantire, soprattutto ai pendolari che costituiscono per Fontana un serbatoio elettorale ragguardevole, un servizio di qualità che richiede non solo un management capace e determinato ma anche forti risorse per investimenti. Nell’attuale consiglio di amministrazione di Trenord è entrato recentemente Giuseppe Bonomi ma è impensabile che lasci il ruolo di “dominus” in una realtà come Arexo per quel che potrebbe rivelarsi, se non una “mission impossible”, un compito ingrato.
Le ultime voci parlano invece di una candidatura di Bonomi, che è una delle figure più autorevoli della Lega, come nuovo amministratore delegato delle Ferrovie. In questo scenario gli equilibri” politici” del trasporto cambierebbero radicalmente ma è difficile dire oggi se si potrà ricominciare a tessere una tela appena disfatta.
Questo “ritorno alle origini” segna la sconfitta di una strategia progettuale che univa competenze e capitali per garantire qualità, efficienza e sicurezza di un fattore produttivo come il trasporto pubblico su rotaia in un territorio come quello lombardo che deve ancora ricuperare forti ritardi.
Comunque, per il futuro prossimo parleranno i fatti. Un’ultima osservazione sull’andamento del titolo Ferrovie nord Milano, che ha “in pancia” Trenord e ha dato riscontri positivi a seguito della scissione di Trenord. Ferrovie Nord Milano è una società quotata la cui maggioranza assoluta (57,57%) appartiene alla Regione Lombardia, il 14,5% è delle Ferrovie della Stato e il resto è in mani private.
Se c‘è una ragione specifica, oltre alla fiducia che sembra venir riposta nella “nuova” Trenord, potrebbe essere individuata nelle migliori possibilità di consolidare nella capogruppo i risultati della controllata.