È una grandinata di pessime notizie quella che arriva da Berlino. La potente industria tedesca non solo si è fermata, ma rischia di tramutarsi in un problema sociale. Mentre Bosch annunciava un piano di tagli che riguarderà 5.550 dipendenti e a Wolfsburg, sede della Volkswagen, il sindacato Ig Metall votava all’unanimità la proposta di proclamare, già nei primi giorni di dicembre, una serie di scioperi “di avvertimento” contro il piano di risparmi da 17 miliardi di euro della principale Casa automobilistica tedesca che dovrebbe ricomprendere la chiusura di tre stabilimenti e il licenziamento di migliaia di operai, Mercedes-Benz ammetteva di essere costretta a tirare la cinghia, con risparmi per “diversi miliardi di euro l’anno”.
LA SITUAZIONE IN MERCEDES
Nel corso dell’anno, la casa automobilistica di Stoccarda ha ritoccato per ben due volte le previsioni finanziarie per il 2024 nel corso dell’anno. Mai al rialzo, sempre al ribasso. L’ultima trimestrale ha confermato che le vendite sono crollate del 31% per le sole elettriche, con l’utile netto che si è praticamente dimezzato a 1,7 miliardi di euro, dai 3,7 miliardi di euro dello stesso trimestre dell’anno scorso.
I ricavi sono scesi del 6,7% a 34,5 miliardi di euro. Mercedes-Benz ha dichiarato che l’Ebit “adjusted” del terzo trimestre della divisione auto è crollato del 64%. Unica nota positiva nei risultati è stata la continua generazione di flussi di cassa da parte del settore industriale, che ha raggiunto i 2,39 miliardi di euro nel trimestre, con un aumento del 2% anno su anno.
MERCEDES AFFILA LA MANNAIA
Presentando gli ultimi risultati economici i vertici avevano anticipato che il Gruppo fosse già al lavoro su un piano di tagli. Piano che sta via via prendendo forma e diventando sempre più ambizioso, almeno secondo quanto un portavoce di Mercedes ha confermato all’agenzia di stampa tedesca Dpa: “Nei prossimi anni ridurremo i nostri costi di diversi miliardi di euro all’anno”.
STOCCARDA NON IMITA WOLFSBURG
“La situazione economica rimane estremamente instabile a livello mondiale. Solo attraverso un aumento duraturo dell’efficienza possiamo rimanere finanziariamente forti e in grado di agire”, hanno aggiunto dalla Stella a tre punte, specificando però che il rigore non intaccherà né l’attuale accordo con i rappresentanti dei lavoratori, noto internamente come “Zusi 2030”, né la chiusura di stabilimenti nel Paese.
Si tratta di un segnale importante, dato che Mercedes in questo modo sembra voler tranquillizzare parti sociali e politica locale che non intende mettersi in scia di Volkswagen, pur trovandosi costretta a percorrere la medesima strada del rigore per tornare a correre. Tuttavia lavoratori e sindacati ora attendono di saperne di più perché gli annunci non fanno comunque ben sperare.
LA POLITICA TEDESCA IN PANNE COME L’INDUSTRIA DELL’AUTO
La realtà è che allargando lo zoom fino a ricomprendere la situazione in cui versano marchi come Volkswagen – presto paralizzata dagli scioperi dei metalmeccanici – e Bmw (il cui utile operativo è crollato del 61% a 1,7 miliardi: in totale da gennaio a settembre sono state vendute 1.754.157 automobili contro il dato precedente registrato lo scorso anno pari a 1.836.563 unità), si nota che la crisi si sta aggravando per l’intero comparto dell’auto tedesca che da tempo sollecita l’intervento del governo.
ROADMAP DI UNA CRISI
L’esecutivo di Olaf Scholz però è impantanato nella crisi politica e di fatto dimissionario, dunque non può varare grandi riforme (ci sono già dubbi sulla possibilità che venga varata per tempo la manovra 2025, inoltre il Parlamento deve anche licenziare un bilancio suppletivo per il 2024). E quel che è peggio è che anche con le elezioni a inizio anno il Paese rischia di dover passare alcune settimane se non mesi senza una maggioranza ben definita che ne assuma la guida. L’industria automobilistica tedesca può permettersi di attendere tanto a lungo?