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Industria Auto Tedesca

Goodyear, Continental, Audi e non solo. Che succede all’industria dell’auto tedesca?

Volkswagen rallenta la produzione di auto elettriche, Continental è in ristrutturazione e anche Goodyear chiude due stabilimenti. Che sta succedendo all'industria dell'auto tedesca?

Il rallentamento dell’economia tedesca è ormai sotto gli occhi di tutti. Secondo gli ultimi dati dell’Ifo, l’Institute for Economic Research, la percentuale di imprese a rischio sopravvivenza è salita al 6,8%, con alcuni settori che soffrono più di altri. Tra questi, avverte l’istituto nell’ultimo campionamento, l’edilizia residenziale, oltre alla logistica e all’industria chimica. Ma c’è un comparto che ancora sfugge alle ultime rappresentazioni statistiche che però si sta deteriorando in fretta: l’industria tedesca dell’auto.

GOODYEAR DICE GOODBYE

La causa di tutti i mali è sempre la solita: il rallentamento della domanda. Anche delle auto elettriche, che in Germania hanno vissuto un vero e proprio baby boom la scorsa estate, grazie agli incentivi, per poi inchiodare brutalmente a settembre, con la fine degli aiuti, soprattutto per ciò che concerne la copertura delle flotte aziendali.

I PRECEDENTI

Tra le aziende in ristrutturazione pure Goodyear, che ha appena annunciato l’intenzione di chiudere due stabilimenti in Germania: Fulda, in Assia e Fürstenwalde, in Brandeburgo. I lavoratori di Fulda erano i superstiti dei tagli del 2019, quando la multinazionale statunitense aveva lasciato a casa 450 operai, promettendo in cambio, ricordano oggi i media locali, massicci investimenti per il suo ammodernamento. Lo scorso giugno però era stato annunciato un nuovo taglio di 550 posti, ma le relative trattative con il consiglio di fabbrica sembravano aver rallentato ogni decisione.

L’ACCELERAZIONE VERSO LA CHIUSURA

Nelle ultime ore, invece, i vertici sono tornati a premere sull’acceleratore e questa volta preannunciando la chiusura dell’impianto. Questo per via del “significativo e rapido deterioramento” della domanda, ulteriormente “esacerbato dall’aumento di importazioni a basso costo dall’Asia” fanno sapere da Goodyear sottolineando che la dismissione sarà graduale e avverrà nel giro di due anni, con chiusura dei cancelli nel settembre del 2025.

COSA DICONO I VERTICI

Destino analogo per i lavoratori del sito a Fürstenwalde, la cui data di cessazione di ogni attività avverrà nel 2027 e ricomprenderà il licenziamento di 750 operai. “È una decisione difficile, ma necessaria per ridurre l’eccesso di capacità e allineare la nostra struttura produttiva alla domanda”, ha spiegato la multinazionale americana, lasciando intendere che le consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori saranno solo un passaggio di rito.

PURE CONTINENTAL NON SE LA PASSA BENE

Che l’industria dell’auto tedesca abbia smesso di correre lo rivela il fatto che analoghe notizie giungano anche dalla tedesca Continental alle prese con un programma di ristrutturazione per permettere alla multinazionale attiva nella produzione di pneumatici, di sistemi di frenata, di sistemi di controllo di stabilità del veicolo, di risparmiare almeno 400 milioni di euro entro il prossimo biennio. Il piano, viene comunicato, riguarderà “tutte le parti e tutti i livelli dell’organizzazione e, pertanto, il numero esatto dei posti di lavoro interessati a livello globale non è ancora stato deciso”. Sulla stampa tedesca, che segue con attenzione il dossier, si parla però di cinquemila posti, il 3% dell’attuale forza lavoro globale.

Il barometro vira insomma verso la burrasca per i dipendenti della multinazionale tedesca, che già negli ultimi 10 anni ha lasciato a casa oltre 20mila lavoratori. Anche perché il responsabile della divisione Philipp von Hirschheydt senza troppi giri di parole ha detto che si tratta di “misure iniziali per migliorare la competitività del settore” e di valutazioni in corso e “senza riserve” su “tutte le funzioni e i processi, dalla vendita alla ricerca, dallo sviluppo alla produzione”.

Dunque i mille dipendenti in una trentina di siti interessati dalla riorganizzazione potrebbero essere i primi di altre sforbiciate. La cura da cavallo porterà alla liquidazione dell’area Smart Mobility e al consolidamento dell’intera divisione in solo cinque segmenti di business.

IL MOTORE DELL’INDUSTRIA DELL’AUTO TEDESCA TOSSISCE

Principale emblema della crisi in cui versa il comparto è soprattutto il gruppo Volkswagen che starebbe considerando, sulla scia di Stellantis (che lascerà a casa lavoratori in Italia e negli Usa), di procedere con un pesante taglio dei lavoratori. Secondo la testata economica Handelsblatt nel mirino della dirigenza alle prese con una spending review da 10 miliardi ci sarebbero gli addetti alle mansioni d’ufficio. Il piano draconiano, infatti, verrebbe attuato attraverso  una riduzione del personale amministrativo di almeno il 20%.

I FERMI ALLA PRODUZIONE DI AUTO ELETTRICHE

Quel che è certo è che negli ultimi giorni Volkswagen ha deciso uno stop di tre settimane alle catene di montaggio dei nuovi Model Year di ID.4, ID.5 e Q4 e-tron, sia in versione Suv sia Sportback. Ufficialmente la causa è da rintracciarsi nella mancanza di motori elettrici, determinata da non meglio specificate “inattese interruzioni nelle forniture”.

COSA C’È DIETRO?

C’è però chi fa notare che la convinzione di Volkswagen di continuare a investire nell’auto elettrica sembrerebbe appannarsi di mese in mese, ricordando che il gruppo sta riducendo il personale presso il suo stabilimento nella città tedesca orientale di Zwickau (dove si producono sei modelli elettrici di tre marchi del gruppo: Volkswagen, Audi e Cupra), a causa della bassa domanda di auto alla spina, crollata in Germania dopo la fine degli incentivi governativi non più rinnovati. Dal primo settembre sono state escluse infatti le flotte dalla platea dei beneficiari delle agevolazioni.

I LICENZIAMENTI DEI LAVORATORI A TEMPO

Delle 2.000 persone che in agosto lavoravano nello stabilimento con assunzioni temporanee su un totale di circa 10.700 dipendenti, 269 sono state lasciate a casa in ottobre, allo scadere del contratto. Questo nonostante VW avesse ribadito in tutte le occasioni che l’impianto di Zwickau sarebbe rimasto centrale nella strategia della Casa tedesca nonostante il cambio ai vertici. Del resto si tratta di una gigafactory in cui il marchio tedesco ha messo 1,2 miliardi per il maquillage tecnico.

PURE AUDI STACCA LA SPINA

In più, nelle ultime ore altre notizie temporalesche sono giunte dal quotidiano economico tedesco Handelsblatt, secondo le cui fonti Audi avrebbe deciso di rinviare il lancio non solo della Q6, ma anche di diversi altri modelli della famiglia e-tron.

La Casa di Ingolstadt  insomma preferirebbe attendere tempi migliori per il debutto della A6 e per l’erede dell’attuale Q8 e-tron. Una volta tanto dietro i rinvii non ci sarebbe l’insoddisfazione per i lavori nell’unità software Cariad, ma scelte industriali ben precise che andrebbero nella direzione opposta dei precedenti piani industriali.

PREOCCUPAZIONI PER LE MOSSE DI FORD?

Infine, c’è preoccupazione anche attorno allo stabilimento Ford di Colonia dopo che l’azienda americana ha deciso di rallentare i suoi piani elettrici europei, rescindendo gli accordi per la costruzione di una gigafactory in Turchia.

A inizio anno Ford aveva annunciato anche importanti novità per la Germania, in particolar modo per lo stabilimento di Colonia, orfano della vendutissima Fiesta, uscita di produzione questa estate. Nei piani l’impianto è destinato a diventare la culla del suv elettrico Explorer e, dal 2024, di un secondo veicolo alla spina, una crossover sportiva, frutto dell’alleanza industriale avviata nel 2020 con il gruppo Volkswagen con l’obiettivo di assemblarne 1,2 milioni di auto elettriche nell’arco di sei anni. Ma dato che anche Volkswagen ha rallentato i suoi piani elettrici, in molti si chiedono se i 2 miliardi di dollari (1,8 miliardi di euro) che Ford aveva stanziato a Colonia per il maquillage elettrico resteranno sul piatto.

Inutile dire che la mente corre al destino già segnato dello stabilimento di Saarlouis, dal 1968 fabbrica di riferimento nel sud-ovest della Germania ai confini con la Francia, la cui chiusura è già stata decretata dalla dirigenza di Ford e che ora la politica tedesca conta di poter affidare a qualche marchio cinese per ricollocare i 4600 dipendenti che altrimenti finirebbero a casa.

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