skip to Main Content

Fremm Egitto

Fremm di Fincantieri all’Egitto, che cosa succederà alla Marina?

Come si dividono gli esperti sulla vendita delle due fregate Fremm di Fincantieri all’Egitto, destinate inizialmente alla Marina militare italiana. Le analisi di De Giorgi (ex capo SSM), De Sancts (Limes), Gaiani (Analisi Difesa) e Batacchi (Rid)

 

La procedura autorizzativa alla conclusione delle trattative per la la fornitura delle fregate Fremm Fincantieri all’Egitto “è tuttora in corso”. Lo ha precisato due giorni fa il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, durante il question time alla Camera. “Oltre al vaglio di natura tecnico-giuridica il governo ha ovviamente ritenuto di svolgere una valutazione politica, in corso a livello di delegazioni governative sotto la guida del presidente del Consiglio dei ministri”.

La precisazione di Luigi Di Maio arriva ​​dopo che i media italiani hanno riferito lunedì che Roma aveva già autorizzato la vendita delle due Fremm al Cairo, la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi, per un valore stimato di circa 1,1 miliardi di euro.

Ieri comunque, come racconta Repubblica, il consiglio dei ministri “ha solo preso atto del fatto che i capi delegazione di tutti i partiti erano d’accordo con l’invio delle due fregate Fremm all’Egitto”. Nessun ministro presente, ha aggiunto il quotidiano, ha votato contro.

Oltre alle polemiche per l’operazione tra la maggioranza di governo (non solo tra i 5 Stelle e Leu ma anche nel Pd) salpano anche i malumori all’interno della Marina militare italiana. Quest’ultima infatti era la destinataria delle due fregate vendute all’Egitto.

A questo punto dunque diventa fondamentale compensare la Marina Militare e reintegrare quanto prima la flotta. Ecco cosa ne pensano esperti di Difesa e addetti ai lavori.

L’ACCORDO CON L’EGITTO

Nei giorni scorsi il settimanale panarabo The Arab Weekly ha scritto che l’Italia potrebbe vendere all’Egitto ben 6 fregate Fremm (4 nuove oltre le 2 citate) e 20 pattugliatori d’altura di Fincantieri, oltre a 24 caccia Eurofighter Typhoon e numerosi velivoli da addestramento M-346 di Leonardo, più un satellite da osservazione, per un valore complessivo di 10,7 miliardi di dollari.

La commessa, una tra le più grandi del dopoguerra, confermerebbe l’Egitto il primo cliente dell’industria militare italiana (già lo è con un volume di affari da 871 milioni di euro solo nel 2019).

DE GIORGI (EX CAPO SMM): “COSTRUZIONE NAVI IN EGITTO DA PARTE DI FINCANTIERI ENNESIMA DELOCALIZZAZIONE”

“Per il momento l’unica certezza è che due Fremm nuove fiammanti andranno all’Egitto invece che alla nostra Marina, a spese dell’Italia che anticiperà 1.1 miliardi di euro peraltro senza impegno per l’Egitto a ordinarne altre da costruire in Italia”, ha commentato così l’ex capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Giuseppe De Giorgi, a Tiscali News.

“Per quanto riguarda la costruzione di navi da pattugliamento in Egitto da parte di Fincantieri, ciò rappresenterebbe l’ennesima delocalizzazione di attività produttive all’estero, a scapito della cantieristica nazionale, del rilancio dell’occupazione nel settore della navalmeccanica e dell’indotto, con l’aggravante di dare vita a un polo cantieristico in Medio Oriente, in grado di fare concorrenza alla cantieristica italiana negli anni a venire”, ha osservato De Giorgi.

Per De Giorgi “non è questo il momento d’indebolire la Marina mentre la situazione del Mediterraneo si fa sempre più pericolosa, così come è tempo di riportare gli investimenti industriali in Italia, con gli ovvi benefici in termini di Pil e di posti di lavoro”.

DE SANCTIS (LIMES): NECESSARIO RIEQUILIBRARE LE FLOTTE PER NON FAVORIRE L’AVVERSARIO LIBICO”

La dinamica dell’accordo non convince del tutto Alberto de Sanctis, analista di Limes. “La mancata compensazione alla Marina italiana può indebolirci in maniera oggettiva proprio mentre nel Mediterraneo è in corso il veloce riarmo navale dei vicini. Per questo va assolutamente evitata. Lo stesso Egitto – che di questo risiko è parte integrante – di certo non si trasforma magicamente in un nostro nuovo e amichevole partner solo in virtù dell’affare. Basti solo guardare alla Libia, dove il suo approccio è opposto a quello italiano”.

Inoltre, in assenza di un riequilibrio “l’accordo sulle fregate favorisce indirettamente l’avversario turco” evidenzia de Sanctis. “Se da una parte indebolisce la superiore flotta italiana, dall’altra diluisce ulteriormente l’ossatura di una linea da battaglia egiziana che già non brilla per omogeneità. A riprova del fatto che la politica di acquisizione degli armamenti del Cairo risulti ancora pesantemente inficiata da considerazioni di utilità diplomatica ancor prima che militare. Persino sul prezzo di vendita è lecito nutrire qualche perplessità, se è vero che gli 1,2 miliardi promessi per le due Fremm corrispondono grossomodo al loro prezzo di costo”.

Proprio per questi motivi de Sanctis conclude che “l’intera operazione acquisirà senso soltanto quando verranno confermate le indiscrezioni che legano la vendita delle fregate di Fincantieri ai contratti multimiliardari fra Italia ed Egitto”.

GAIANI: “OPPORTUNITÀ PER FINCANTIERI, LEONARDO ED ELETTRONICA”

“Il “tafazzismo italico” per una volta è stato sconfitto”. Plaude invece Gianandrea Gaiani, direttore di AnalisiDifesa, al via libera delle due fregate all’Egitto. “Certo si tratta di commesse ancora tutte da confermare e, nel caso, da negoziare con l’Egitto ma che costituiscono un’opportunità per tutta l’industria tricolore (a partire da Fincantieri, Leonardo ed Elettronica) che dovrà affrontare un periodo di crisi post Covid-19 puntando sull’export si prodotti per la Difesa poiché sarà difficile poter contare su commesse consistenti nei settori civili”.

Gaiani esalta infatti le opportunità che si aprono con l’Egitto, che vanno ben oltre il mero aspetto dell’export di prodotti per la Difesa per assumere i contorni dell’intesa strategica.

“Se abbiniamo il successo al Cairo con quello registrato recentemente in Qatar, rivale dell’Egitto e altro grande acquirente di navi, sottomarini, missili ed elicotteri made in Italy” evidenzia Gaiani, appare evidente che Roma sta ritagliandosi, grazie soprattutto alle sue aziende strategiche, un ruolo di grande rilievo nel mondo arabo che offre opportunità politiche e diplomatiche in termini di influenza e prestigio che è necessario cogliere.

BATACCHI: “FINCANTIERI CONFERMA CHE C’È GIÀ ACCORDO PER REINTEGRARE LA FLOTTA”

Infine, anche il direttore di Rid, Pietro Batacchi, concorda sulla necessità di mantenere inalterata — se non rafforzata — le capacità della flotta italiana. “Si parlava finora di 2 alternative. La prima: esercizio immediato dell’opzione per i 3 PPA mancanti in variante Full, sfruttandone la modularità e la versatilità per ricavarne una variante in grado di esprimere pure capacità antisom. La seconda: 2 nuove Fremm “di rimpiazzo” per la Marina. Ebbene, da Fincantieri ci hanno informato che la questione in realtà non si pone neanche poiché c’è già l’accordo per re/integrare la flotta con 2 nuove Fremm”.

Dunque la Marina dovrebbe stare tranquilla, si tratterebbe soltanto di una questione di tempo. Se la fregata Schergat, che doveva essere consegnata alla Marina il 5 giugno, dovesse partire effettivamente per l’Egitto, la flotta italiana dovrebbe solo aspettare ancora.

“Si tratta, pertanto, soltanto di adottare una modifica contrattuale che sposterebbe in avanti la consegna alla Marina militare della nona e decima Fremm” sottolinea Batacchi. “Non solo, ma da Fincantieri ci hanno confermato che l’intesa con l’Egitto prevede pure un’opzione per altre 2 Fremm (nuove) che porterebbe così il totale della variante “italiana” delle fregate a ben 14. Insomma, alla fine dei giochi si tratterebbe di un beneficio per tutto il sistema: in termini geopolitici, industriali e tecnologico-occupazionali”.

Back To Top