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Ventilazione

A che punto siamo con la ventilazione negli ambienti chiusi anti Covid?

Studi, pareri e critiche su cosa è stato (o non è stato) fatto in Italia per la ventilazione negli ambienti chiusi come strumento anti Covid

 

Checché se ne dica, i vaccini anti Covid, secondo diversi studi e dati, stanno facendo la differenza nel numero di contagi, ospedalizzazioni e decessi. Meno una popolazione è immunizzata più aumentano i casi, la possibilità che emergano varianti a seguito di mutazioni del virus e, in alcuni casi, che vengano imposte maggiori misure restrittive, se non addirittura lockdown.

Ma siamo sicuri di aver tentato tutte le vie per far diminuire la pressione sugli ospedali ed evitare di incorrere in restrizioni che danneggiano tutti, dalla vita sociale di bambini e ragazzi, ma anche dei più grandi, alle attività costrette a chiudere o a dover fare sacrifici per il bene comune?

DUE STRADE NON ANCORA BATTUTE: TRACCIAMENTO + FILTRI E VENTILAZIONE MECCANICA CONTROLLATA

Il professor Luca Ricolfi, politologo e sociologo oltre che presidente della Fondazione Hume, ha scritto su Repubblica che la strada intrapresa dall’Italia e da gran parte dell’Europa, ovvero “vaccini + restrizioni” non è quella giusta “per tenere sotto controllo l’epidemia”.

Il fatto che l’estate ci dia “l’illusione di domare il virus” e che poi “svanisca con l’autunno”, spiega il sociologo, dovrebbe farci riflettere sulla possibilità che ci siano anche delle alternative “al di là della vaccinazione perpetua”.

“In realtà”, scrive Ricolfi, “le alternative diverse dalla diade vaccinazioni + sacrifici esistono, e sono state più volte indicate, non solo dagli studiosi”.

Tra queste, le due più significative sono il tracciamento elettronico – “abbandonato dopo il fallimento dell’app Immuni” – e “la messa in sicurezza degli ambienti chiusi, a partire da scuole, uffici, metropolitane, con filtri e ventilazione meccanica controllata”.

COSA DICE(VA) GIMBE

Le strade alternative proposte da Ricolfi non sono una novità, eppure continuano a non essere adeguatamente messe in pratica. Era il 5 dicembre 2020 quando un report della Fondazione Gimbe, pubblicato su Start, affermava che, secondo uno studio Cnr-Isac, le particelle del virus “abbondano in ambienti privi di radiazione solare” e sono favorite “da condizioni secche e fredde”.

Gimbe raccomandava quindi “di mantenere un’adeguata umidificazione dell’aria interna (nel range 40-60%), soprattutto laddove ci si trovi in condizioni di temperature sotto i 20° C, l’utilizzo di purificatori d’aria, di un’adeguata ventilazione meccanica anche nei periodi invernali e la misura della concentrazione del biossido di carbonio (CO2) in aria”.

A distanza di quasi un anno, nell’ottobre 2021, la Fondazione scriveva in un altro report: “Nonostante le evidenze dimostrino che la trasmissione del Sars-Cov-2 avviene prevalentemente per aerosol, si continuano a investire troppe risorse nelle procedure di disinfezione delle superfici e pochissime nei sistemi di aerazione e ventilazione”.

COSA C’ERA NEL DECRETO RIPARTIZIONE

Il Decreto Ripartizione, che ha assegnato 350 milioni di euro alle scuole – si legge nel report – prevedeva l’acquisto di “strumenti per l’aerazione”, ma tale destinazione d’uso non è specificata nel DL 73/2021 che fa riferimento solo a interventi di piccola manutenzione.

Di conseguenza, areazione e ventilazione sono affidate al mantenimento delle finestre aperte, la cui efficacia dipende dalla sensibilizzazione del personale scolastico e dalla ventilazione continuativa degli ambienti durante le attività, che non può non essere condizionata dalle condizioni meteorologiche.

LO STUDIO DEL CNR

Secondo uno studio condotto per la prima volta in Italia, dagli Istituti di Scienze dell’atmosfera e del clima e di Scienze polari del Cnr, Università Ca’ Foscari Venezia e Istituto Zooprofilattico sperimentale della Puglia e della Basilicata, pubblicato su Environmental Science and Pollution Research, con mascherina, distanziamento e ricambio d’aria, nei luoghi pubblici al chiuso il rischio di trasmissione in aria del Sars-Cov-2 è risultato inferiore al minimo rilevabile.

La ricerca, che si è svolta tra novembre e dicembre del 2020, durante la massima diffusione della seconda ondata di pandemia in Italia, ha analizzato la concentrazione delle particelle virali nell’aria in diversi ambienti di comunità operativi anche durante le restrizioni: la stazione ferroviaria di Mestre e due supermercati nell’area metropolitana di Venezia; la mensa Cnr dell’area della ricerca di Bologna; un centro commerciale, una farmacia, e un salone di parrucchiere a Lecce. I dati raccolti hanno quindi interessato aree del Paese con diffusione del virus e condizioni atmosferiche significativamente diverse.

I RISULTATI

“Tutti i campioni [di aerosol, ndr] raccolti sono risultati negativi e non sono state osservate differenze relative a orari di apertura, presenza di persone e chiusura degli ambienti”, ha detto Daniele Contini dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr-Isac di Lecce.

“Ciò rafforza l’importanza di osservare negli ambienti chiusi le norme su mascherine, distanziamento e controlli, incrementando quanto possibile, la ventilazione”, ha ribadito Franco Belosi del Cnr-Isac.

“Un rischio maggiore potrebbe infatti verificarsi in ambienti indoor ventilati più scarsamente, dove le goccioline respiratorie possono rimanere in sospensione per tempi più lunghi e depositarsi sulle superfici, incrementando la possibilità di contaminazione per contatto indiretto (mediato dalle superfici) rispetto al contatto diretto tra gli individui”, ha aggiunto Andrea Gambaro, docente dell’Università Ca’ Foscari.

LE PROPOSTE

Per una definizione più precisa possibile del rischio, fanno sapere dal Cnr, è dunque estremamente importante rispondere agli interrogativi sul ruolo della trasmissione in aria in specifici ambienti di comunità al chiuso, come scuole, supermercati, ristoranti, mezzi pubblici.

Per l’ingegner Giorgio Buonanno, si legge in un articolo a quattro mani con Ricolfi su Repubblica, “il virus si propaga quasi esclusivamente per aerosol e non con i droplets (goccioline) o le superfici” e “il rischio di inalare una dose sufficiente di carica virale sospesa in aria è invece rilevante negli ambienti chiusi senza un intervento sull’ambiente”.

Nonostante queste evidenze scientifiche, secondo l’esperto, l’errore delle autorità sta nel fatto di essersi affidate “solo al vaccino, senza coinvolgere gli ingegneri”. Senza il loro coinvolgimento, infatti, afferma Buonanno, oltre a possibili continue tensioni sociali, è “probabile il sopraggiungere delle temute chiusure con conseguenze pesanti sul piano sanitario ed economico”.

Motivo per cui, suggerisce, “un’estate senza fine”.

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