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Quota 100

Vi racconto le ultime putinate della compagnia di giro filorussa

La compagnia di giro filorussa ha sviluppato una nuova dottrina: la comunità internazionale anziché aiutare la resistenza ucraina deve garantire una via d’uscita onorevole a Vladimir Putin (ovvero una vittoria). Il commento di Giuliano Cazzola 

 

Le ‘’barbe finte’’ che – anche se lo negano – appoggiano Putin (diceva Primo Levi che quando si comprendono le ragioni altrui si è ad un passo dal giustificarle) si stanno accorgendo che l’autocrate moscovita rischia di essersi messo in trappola da solo. E’ ormai evidente che, dopo aver ridimensionato gli obiettivi iniziali di arrivare a Kiev per deporre il governo legittimo, l’esercito russo stenta a conquistare con le armi gran parte di quei territori che aveva conteso da anni all’Ucraina. In sostanza, se vuole annettersi il Donbass e a riunire quei territori alla Transnistria, lungo una linea continua che abbracci tutta la costa, Putin deve vincere sul campo. Vedendo il capo del Cremlino in difficoltà, l’Amministrazione Biden ha cambiato strategia ed è impegnata, insieme agli alleati, a fornire una consistente assistenza militare all’Ucraina allo scopo di logorare il più possibile Putin e il suo regime.

Chi sostiene, tra gli amici dello Zar, che gli americani non sono interessati alla fine del conflitto, ha inventato l’acqua calda. E’ fin troppo evidente che il conflitto potrebbe terminare solo con la resa dell’Ucraina e con l’accoglimento delle rivendicazioni politiche e territoriali di Mosca. Ma questa conclusione non sembra, per ora possibile.

In primo luogo perché il governo e il popolo ucraino non sono disponibili; anzi è stata la loro capacità di resistere che ha cambiato inaspettatamente lo scenario della guerra; inoltre gli Usa non sono disponibili a consentire a Putin – leader di una Paese divenuto, per sua scelta, avversario geopolitico – di vincere la pace se non è in grado di vincere la guerra. A questo punto la compagnia di giro filorussa ha sviluppato una nuova dottrina: la comunità internazionale anziché aiutare la resistenza ucraina deve garantire una via d’uscita onorevole a Vladimir Putin (ovvero una vittoria) perché – ho sentito quest’affermazione con le mie orecchie – il leader di un grande Paese non deve essere umiliato perché potrebbe essere indotto ad azioni militari di estrema gravità (e a questo punto fa capolino la leggenda metropolitana della guerra nucleare, come se fosse una prerogativa a disposizione soltanto del Cremlino).

Di fronte a siffatti ragionamenti mi sento di abiurare al principio liberale in cui ho sempre creduto: ‘’Non condivido le tue opinioni ma combatterò fino alla morte per difendere il tuo diritto di esprimerle’’. E’ troppo sconvolgente la malafede insita in queste teorie per essere tolleranti, per cercare un dialogo. Non si ha a che fare con opinioni diverse, ma con azioni di complicità con un nemico dichiarato, che non ha aggredito solo l’Ucraina, ma ha dato inizio ad un’offensiva contro l’Occidente. Un nemico va fermato; non lo si aiuta a combattere contro di noi , assicurandogli successi che non è in condizione di conseguire con le sue forze.

Come si può tollerare che possa passarla liscia un aggressore, criminale di guerra, responsabile di una politica imperialista nei confronti di un popolo che rifiuta di accettarne il dominio a costo di sopportare sofferenze inaudite? Tanto più che sono proprio i suoi sostenitori a confermare che Putin sarebbe pronto ad alzare il livello del conflitto fino ad usare gli ordigni nucleari. Ma se si accorge che la Russia è diventata uno Stato canaglia la comunità internazionale non può stare a guardare; deve fare il possibile perché quell’avversario sia messo in condizione di non nuocere. L’opinione pubblica deve rendersi conto che l’aggressione di un Paese sovrano allo scopo di annetterlo (pare che si pronto anche un nome differente) non si chiude con la cessazione delle ostilità, poi tutti ritornano amici come prima. L’Europa continuerebbe a combinare affari con la Russia, lasciando nelle mani di un nemico la fornitura dell’energia occorrente per far girare le macchine negli opifici. Le catastrofi provocano sempre delle rotture. Non è detto che si l’ordine ricomponga. Di certo non si torna più agli equilibri precedenti.

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