La Commissione europea ha intenzione di proporre una revisione in senso restrittivo della legge sul controllo degli investimenti esteri nell’Unione e un meccanismo di monitoraggio delle esportazioni orientato a un maggiore coordinamento tra gli stati membri: l’obiettivo è rafforzare la sicurezza del blocco e impedire il flusso di tecnologie critiche verso paesi rivali, come la Cina.
Stando ai documenti visionati dall’agenzia Reuters, Bruxelles obbligherà tutti gli stati dell’Unione a controllare ed eventualmente bloccare quegli investimenti diretti esteri che potrebbero costituire un rischio alla sicurezza. Lo screening si applicherà anche agli investimenti interni al blocco qualora l’investitore sia controllato da una società straniera.
IL BERSAGLIO: LA CINA
Nei documenti non viene menzionato esplicitamente alcun paese, ma è evidente che l’iniziativa – vista l’enfasi su concetti come la collaborazione con i “partner affidabili” e il “de-risking” – sia rivolta alla Cina, che domina peraltro le filiere di pressoché tutte le tecnologie critiche per la transizione energetica e intrattiene rapporti piuttosto stretti con la Russia di Vladimir Putin.
L’Unione europea considera la Cina una concorrente economica e una rivale sistemica, ma anche una partner per la cooperazione su alcuni temi.
Stando alle stime di Rodhium Group citate da El Pais, negli ultimi anni gli investimenti cinesi in Europa (Regno Unito incluso) sono calati: dai 45 miliardi di euro del 2016 sono scesi ai 7,3 miliardi del 2022. Tuttavia, alcuni paesi hanno registrato un aumento significativo di questi flussi economici: è il caso dell’Ungheria, dove due grandi aziende cinesi di batterie per veicoli elettrici – CATL e BYD – costruiranno delle fabbriche.
La Cina, inoltre, ha acquisito circa il 25 per cento di uno dei tre terminali del porto di Amburgo, in Germania, tramite la compagnia statale di trasporto marittimo COSCO.
PIÙ CONTROLLI ALLE ESPORTAZIONI E AGLI INVESTIMENTI, ANCHE IN USCITA
La Commissione vuole promuovere un maggiore coordinamento tra i paesi membri sul controllo delle esportazioni, in particolare di quei prodotti cosiddetti “duali”, cioè utilizzabili sia in ambito civile che militare. Punta inoltre a diffondere più attenzione alla sicurezza nei progetti di ricerca sulle tecnologie critiche (specialmente se sono coinvolti paesi terzi) e misure di contrasto alla fuga di tecnologie sensibili in nazioni of concern, ossia che destano preoccupazione per il loro sistema politico. Al momento, infatti – come fa notare Reuters -, non esiste alcun controllo a livello europeo sugli investimenti diretti all’estero.
DIFFICOLTÀ DI APPLICAZIONE
La messa in atto di queste proposte, però, potrebbe rivelarsi complicati perché il controllo delle esportazioni e degli investimenti è una materia che rientra tra le competenze nazionali dei membri dell’Unione europea.
“L’implementazione sarà difficile”, ha riconosciuto un diplomatico europeo parlando con Reuters, “ma c’è una nuova realtà geopolitica”: al di là della Cina, anche gli Stati Uniti stanno utilizzando sempre di più le misure commerciali – i controlli alle esportazioni, appunto – come strumenti di politica estera.