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Come terroristi e criminali impiegano la tecnologia di Droni e Intelligenza Artificiale

Secondo il database World of Drones, diversi gruppi non statuali (ISIS, Hezbollah, Hamas, ribelli Houthi, ribelli libici, vari gruppi ribelli siriani, le FARC colombiane e i cartelli della droga colombiani e messicani) dispongono di droni impiegati per la sorveglianza, la registrazione video e le comunicazioni e, a parte l’ISIS, finora nessuno di questi velivoli è…

Secondo il database World of Drones, diversi gruppi non statuali (ISIS, Hezbollah, Hamas, ribelli Houthi, ribelli libici, vari gruppi ribelli siriani, le FARC colombiane e i cartelli della droga colombiani e messicani) dispongono di droni impiegati per la sorveglianza, la registrazione video e le comunicazioni e, a parte l’ISIS, finora nessuno di questi velivoli è stato impiegato in maniera letale.

L’ISIS rappresenta, infatti, un’eccezione. Nel gennaio 2017, un ricercatore di Harvard incorporato nelle truppe irachene ha rivelato dettagli sul programma di droni del gruppo terroristico islamico, equipaggiato con modelli disponibili commercialmente ma riconfigurati per trasportare bombe di piccola dimensione e munizioni, e guidati da piloti addestrati in maniera specifica. Un incidente avvenuto nell’ottobre 2016, dunque precedentemente allo studio, aveva gia’ confermato quanto questo programma dovesse essere considerato letale.

Questi brevi cenni non esauriscono il potenziale di minaccia derivante dalla tecnologia UAS (Unmanned Aerial System). E’ lo swarming, ossia la tecnologia degli “sciami di droni”, ad essere ritenuta come la piu’ attuale e la piu’ significativa innovazione nell’impiego dei sistemi senza pilota. Chi ne ha subito gli effetti nefasti e’ stata, per esempio, la Russia la quale, il 5 gennaio scorso, ha subito un attacco di sciami di droni sia presso una base aerea nella Siria nord-occidentale sia presso una stazione navale sul Mar Mediterraneo . Una simile offensiva ha dimostrato una capacità da parte di chi l’ha coordinata di controllare simultaneamente una molteplicita’ di droni (di origine commerciale) utilizzando una mera unità GPS.

L’operatività in sciami coordinati a supporto delle truppe impiegate nei teatri rappresenta uno degli sforzi prioritari condotti dal Pentagono, nell’ambito della visione statunitense del futuro warfare. Negli anni recenti, il Dipartimento della Difesa statunitense (DoD) ha lavorato molto sul coordinamento operativo di piccoli droni principalmente con compiti di sorveglianza, migliorando in precisione e risparmiando nella spesa. L’evoluzione in atto va oltre e punta al consentire agli sciami di droni la capacita’ di “pensare” autonomamente, comunicare reciprocamente, e lavorare sinergicamente con le unita’ militari.

Il Pentagono calibra il suo sforzo, finanziario e di ricerca, principalmente sulla Cina, primo competitor sul mercato. A riprova dell’aggressività nel settore da parte di Pechino, è interessante ricordare lo schieramento di più di 1.000 quadricotteri (il più grande sciame di droni registrato) avvenuto sei mesi fa in una dimostrazione al Fortune Global Forum ospitato a Guangzhou.

Gli sforzi del Pentagono sono militari ma anche commerciali, visto l’intento dell’Amministrazione Trump di mantenere la leadership nel mercato in questione. Per questo, nell’ottobre 2017, l’agenzia del Pentagono DARPA (Defense Advanced Research Project Agency) ha annunciato un ambizioso programma, c.d. OFFSET (OFFensive Swarm-Enabled Tactics), progettato per testare sciami di robot aerei e di terra con impieghi in ambienti urbani (Urban Warfare).

DARPA sta promuovendo lo sviluppo in numerosità degli sciami (swarm) di piccoli droni, ed il loro impiego nelle aree urbane. Il programma OFFSET si pone come obiettivo il raggiungimento di sciami fino a 250 UAVs ad avvio rapido, adattivi alle circostanze e operativi in maniera autonoma e semi-autonoma. L’idea finale di DARPA è di utilizzare un’architettura aperta, basata su “sistemi cooperativi”, ossia su un gioco di squadra uomo-macchina, incorporando sinergicamente tecnologie come la realtà sia virtuale che aumentata, e studiando comportamenti mediante modelli di teoria dei giochi. Il programma include il controllo vocale, tattile e gestuale con algoritmi swarm avanzati. Nel febbraio scorso, DARPA ha assegnato 7,2 milioni di dollari in contratti a Raytheon BBN, Northrop Grumman e Lockheed Martin nell’ambito del programma e piu’ recentemente ha aggiunto anche Charles River Analytics. L’intento di DARPA è sollecitare continuamente nuove proposte tecnologiche, aggiungendo ogni volta complessità al progetto e incrementando variabili come le dimensioni dello sciame, la scala delle operazioni e la durata delle missioni.

Nell’Ottobre 2016, il DoD ha testato una tecnologia di sciami, con una dimostrazione di 103 micro-droni Perdix (circa 16,5 ​​cm. di lunghezza con un’apertura alare di quasi 30.5 cm.) sganciati da tre Boeing F/A-18 Super Hornets. Reale obiettivo nell’uso dei droni Perdix, originariamente progettati da studenti di ingegneria del MIT (Massachusetts Institute of Technology), e’ testare la “mentalità dell’alveare” dello sciame, ossia come reagiscono a una situazione, comunicando e lavorando insieme. I Perdix sono un organismo collettivo, condividono un cervello distribuito per il processo decisionale e si adattano l’un l’altro come sciami di natura. Poiché lo sciame non ha leader, si adatta a droni che entrano o escono dal team.

All’evolversi di una minaccia, di solito, seguono le contromisure.

Le Forze Armate statunitensi starebbero usando jammer elettronici per disabilitare e abbattere droni, cannoni e altre munizioni, spesso costruiti artigianalmente. Da questo punto di vista, il livello tecnologico russo di difesa aerea e’ considerevole. Abbiamo gia’ visto in precedenza come le Forze Armate russe stiano stanno dispiegando modalità di blocco GPS (jamming) con l’intento di disturbare/ostacolare/bloccare alcune operazioni aeree statunitensi effettuate in modalità UAS (Unmanned Aerial System), arrivando anche ad influenzare negativamente droni dotati di tecnologia anti-jamming. Ulteriormente, l’Esercito russo ha abbattuto sette dei 13 droni in un attacco a sciame con missili di difesa anti-aerea Pantsir-S1, missili terra-aria di medio raggio, e ha hackerato gli altri sei, costringendoli ad atterrare.

Mentre le Forze Armate statunitensi hanno efficacemente dispiegato equipaggiamenti per il drone-jamming nei principali teatri di guerra (principlamente linee di frontiera in Siria e Iraq), la maggior parte delle soluzioni militari non sono state adeguatamente testate per l’uso cittadino dove potrebbero interferire con i segnali dei telefoni cellulari o con l’avionica di aerei civili.

L’evoluzione dello Urban Warfare ne sta richiedendo in maniera pressante un adeguamento essendo, a fronte della minaccia tecnologica avanzante, sempre piu’ obsolete le tradizionali modalita’ di mantenimento dell’ordine pubblico. Gli impieghi di droni e intelligenza artificiale da parte della criminalita’ organizzata nelle città, infatti, sono in deciso aumento.

Lo scorso inverno, nella periferia di una grande città degli Stati Uniti (luogo e situazione sono stati mantenuti classificati), un Rescue Team dell’FBI nel corso di un’attivita’ di ricognizione speciale relativa ad una situazione di crisi con ostaggi ha istituito un posto di osservazione elevato. All’improvviso, uno sciame di piccoli droni ha circondato la squadra compiendo una serie di passaggi a bassa velocità sugli agenti. La preparazione da parte del gruppo criminale era stata accurata, facendo atterrare i droni nella zona adiacente il luogo di detenzione degli ostaggi, pronta ad entrare in azione su necessita’. I droni, sorvolando a bassa quota intorno agli agenti FBI, hanno registrato filmati che, postati su YouTube, consentivano ai membri dell’organizzazione criminale di poter osservare la situazione all’esterno senza doversi collegare in remoto con i droni. Questo attacco, pur non letale, ha impedito all’FBI di mantenere la consapevolezza della situazione, costringendo l’annullamento dell’operazione.

I droni sono impiegati come parte di attività di intimidazione dei testimoni, (sorvegliando dipartimenti e stazioni di polizia per osservare il flusso di persone e, tramite riconoscimento facciale, capire se qualcuno di loro conoscenza potrebbe cooperare con la polizia), nella preparazione delle rapine, (in particolare nella fase di osservazione del territorio di interesse, nella ricerca di lacune nella sicurezza e nella determinazione di eventuali schemi di comportamento degli addetti alla vigilanza), nel contrabbando (controllando le attività di ispezione delle autorità portuali ed intervenendo con falsi allarmi all’avvicinarsi di addetti al controllo a container che contengono sostanze illegali o contrabbando).

La FAA (Federal Aviation Administration) statunitense sta cercando, al riguardo, di emendare l’attuale legislazione introducendo il divieto di “armare’ droni posti normalmente in commercio, e soprattutto rendendo obbligatoria una procedura di identificazione di droni che volano oltre l’orizzonte visibile dei loro operatori. L’identificazione remota è un grosso passo per ridurre le attivita’ criminali basate sui droni. L’ID remoto collegato alla registrazione del drone consentirebbe di avere informazioni su ogni UAS, chi lo possiede, lo gestisce e quindi avere un’idea di quale sia l’intento.

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Fabio Vanorio è un dirigente del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dove presta servizio dal 1990. Dal 2000 al 2013 e’ stato distaccato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. In aspettativa dal 2014, risiede a New York dove ha in corso progetti di ricerca accademica in materia di economia internazionale ed economia della sicurezza nazionale. Si è laureato in Economia a Roma all’Università La Sapienza, dove ha anche conseguito una specializzazione in Economia e Diritto delle Comunità Europee. Ha due Master rispettivamente in Econometria applicata ed in Finanza ed Assicurazione islamica, quest’ultimo conseguito a Londra. Attualmente scrive per l’Hungarian Defense Review e per l’Istituto Italiano di Studi Strategici “Niccolò Machiavelli”.

DISCLAIMER: Tutte le opinioni espresse sono da ricondurre all’autore e non riflettono alcuna posizione ufficiale riconducibile né al Governo italiano, né al Ministero degli Affari Esteri e per la Cooperazione Internazionale.

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