La strategia degli Stati Uniti per isolare l’industria cinese dei microchip e bloccarne il progresso tecnologico passa per il coinvolgimento degli alleati in Europa e in Asia.
IL COINVOLGIMENTO DI GIAPPONE E PAESI BASSI
Il mese scorso l’amministrazione del presidente Joe Biden ha annunciato un insieme di restrizioni alla vendita in Cina di microchip avanzati e di macchinari per la loro produzione contenenti tecnologie americane. Circa tre settimane dopo l’introduzione delle misure, il sottosegretario per l’industria e la sicurezza del dipartimento del Commercio (che sta gestendo il dossier), Alan Estevez, ha detto che gli Stati Uniti vorrebbero ottenere la collaborazione dei Paesi Bassi e del Giappone a questi meccanismi di controllo delle esportazioni, in modo da aumentarne l’efficacia, e di stare perciò puntando a stringere con loro degli accordi “nel breve termine”.
LE TRATTATIVE TRA STATI UNITI, GIAPPONE E PAESI BASSI
L’obiettivo dell’amministrazione Biden è quello di coinvolgere gli alleati e i partner in possesso di know-how avanzato sui semiconduttori in modo da isolare il più possibile Pechino, impedendole di accedere a componentistica e strumentazioni di alto livello.
Il Financial Times scrive che è da oltre un anno che Washington cerca di concludere un accordo trilaterale con L’Aia e Tokyo. Alcuni osservatori si sono detti sorpresi che la Casa Bianca abbia annunciato le restrizioni alla vendita senza aver prima raggiunto un’intesa con gli altri due paesi.
LE AZIENDE CHE CONTROLLANO IL MERCATO DEL CHIPMAKING
Il mercato globale delle apparecchiature per la produzione di microchip (chipmaking) è dominato da sole cinque aziende: tre sono statunitensi, Applied Materials, LAM Research e KLA; una è giapponese, Tokyo Electron; e una è nederlandese, ASML.
ALLINEAMENTO SÌ (FORSE), MA TRA QUANTO?
Se manca un accordo tra le tre parti è perché il Giappone e – soprattutto – i Paesi Bassi non vogliono veder danneggiate le proprie aziende, dato che la Cina costituisce un importante mercato di vendita. Estevez ha voluto precisare che l’approccio americano alle trattative non fa leva sulla coercizione: “sono nostri alleati”, ha detto riferendosi a Giappone e Paesi Bassi.
La segretaria al Commercio Gina Raimondo ha dichiarato che entrambi “seguiranno il nostro esempio” nell’imposizione di restrizioni alle vendite in Cina. Ma l’allineamento all’America, se ci sarà, non sarà immediato: secondo fonti di Bloomberg, i preparativi industriali potrebbero richiedere fino a nove mesi di tempo.
LE RISERVE DEI PAESI BASSI
Nei prossimi giorni Estevez e Tarun Chhabra, il funzionario della sicurezza nazionale che si è occupato degli ultimi controlli alle esportazioni, si recheranno in visita nei Paesi Bassi per provare a concludere un accordo.
Stando alle informazioni del Financial Times, il patto riguarderebbe la messa al bando dell’export in Cina di macchinari per la produzione di microchip da 10 nanometri. Nei mesi scorsi si erano fatti progressi; adesso però L’Aia sembrerebbe averci ripensato perché la soglia critica fissata dagli Stati Uniti – non meno di 14 nanometri – riguarda semiconduttori meno avanzati.
Pare che Washington abbia voluto portare la soglia a 14 nanometri perché allarmata dalla capacità di SMIC, il principale produttore cinese di semiconduttori, di sviluppare un chip da 7 nanometri. Fissare il limite a 14 nanometri dovrebbe ancora rendere più difficile per SMIC efficientare la produzione di chip avanzati.
IL DISCORSO DI SULLIVAN
Un’altra fonte ha detto al Financial Times che le autorità nederlandesi si sono risentite per una frase pronunciata a settembre da Jake Sullivan, il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca.
Sullivan disse che gli Stati Uniti dovrebbero abbandonare la politica di mantenimento di un distacco di due generazioni sui produttori di chip stranieri e perseguire piuttosto un primato “il più ampio possibile”. Le sue parole sono state interpretate a L’Aia come un segnale dell’approccio aggressivo dell’amministrazione Biden sulle tecnologie critiche.
L’IMPORTANZA DI ASML
ASML rappresenta il principale asso nella manica dell’Unione europea nella competizione globale per i semiconduttori: la società possiede un monopolio a livello internazionale nella produzione di macchinari di litografia ultravioletta estrema (EUV), un processo che consente di produrre semiconduttori su scale ridottissime. Nel 2021 il valore in borsa di ASML ha superato i 300 miliardi di dollari.
I LEGAMI DI ASML CON GLI STATI UNITI
L’analista geopolitico Alessandro Aresu ha dedicato molto spazio ad ASML nel suo ultimo libro, Il dominio del XXI secolo. Cina, Stati Uniti e la guerra invisibile sulla tecnologia (Feltrinelli).
Ripercorrendo la storia della società, Aresu individua alcuni “punti di svolta” nel suo percorso di ascesa. “Il primo”, scrive, “è l’uscita dalle difficoltà finanziarie che caratterizzano l’azienda nel primo decennio di vita. Questo avviene quando, nel 1994, viene annunciata la quotazione in Borsa. Al tempo, Asml detiene il 18% del mercato della litografia e deve confrontarsi coi giganti giapponesi […] La quotazione foraggia in modo decisivo l’espansione dell’azienda. Inizia una strategia di acquisizione di quote dei fornitori rilevanti e di finanziamento di grandi progetti di ricerca, a cui, superando la diffidenza iniziale, dalla seconda metà degli anni novanta partecipano anche il governo olandese e le istituzioni europee”.
“Un altro tornante decisivo della storia di Asml”, prosegue l’analista, è “l’acquisto di Silicon Valley Group (Svg) per 1,6 miliardi di dollari tra il 2000 e il 2001”: la società, statunitense, aveva precedentemente acquisito Perkin-Elmer, un’azienda produttrice di macchinari per semiconduttori finanziata dal dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. “Svg non è un’azienda qualsiasi”, prosegue Aresu. “Con una sua sussidiaria, Tinsley Laboratories, rifornisce di strumentazione ottica i satelliti spia degli Stati Uniti”.
Dopo un lungo e complicato processo di compravendita, “la fatica di Asml per Svg è premiata da un’integrazione di grande successo che, unita alle collaborazioni di ricerca col centro Imec in Belgio e al lavoro per ottenere quote di mercato in Europa, Corea del Sud e Taiwan, nel 2002 la porta a diventare leader mondiale. Arriva a detenere il 70% del mercato nel 2011, mentre i giapponesi perdono terreno in modo definitivo”.
La vicenda di ASML racconta “l’intreccio di fattori geopolitici ed elementi di mercato”. Come spiega Aresu, infatti, “la collaborazione sulla litografia ultravioletta estrema del 1997, guidata da Intel, è al tempo il più importante accordo di ricerca mai lanciato dal dipartimento dell’Energia. Non ci sono però aziende americane nella litografia che abbiano una scala e una capacità in grado di competere con i giapponesi, e ciò genera forti proteste e pressioni politiche. Certo, Asml non è un’azienda americana, ma non è nemmeno giapponese. Quindi può essere accolta nel consorzio e, pur con alcune condizioni, poco dopo può comprare Silicon Valley Group, e quindi chiudere il cerchio. In questo modo, Asml si lega in modo decisivo agli Stati Uniti”.
Per rafforzare ancora di più il suo potere dominante sul settore della litografia ultravioletta estrema, ASML finisce per acquisire un’altra società statunitense, Cymer, che si occupa della fornitura di sistemi di luce per il processo.