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Maldive

Come la Russia putineggia anche in Sudan

Il Sudan si è detto disponibile a ospitare una base militare della Russia sul mar Rosso. L'articolo di Giuseppe Gagliano

 

Mentre i media occidentali sono concentrati esclusivamente sulla vicenda ucraina, tendono a dimenticare il ruolo fondamentale che la Russia ha in Africa e in modo particolare in Sudan, nazione questa che rappresenta non solo uno snodo strategico per la Russia ma anche una delle innumerevoli ragioni di contrasto tra la Russia, l’Ucraina e la Nato.

Come riferito da Reuters, il vicecapo di Stato del Sudan, il generale Mohamed Hamdan Dagalo, ha dichiarato che il Sudan è disponibile a ospitare l’infrastruttura militare russa che si affaccia sul mar Rosso purché questo ovviamente non rappresenti una minaccia per la sicurezza nazionale del Sudan. Questa dichiarazione di grande rilevanza strategica è stata fatta il 2 marzo dopo aver dopo aver effettuato un viaggio a Mosca verso la fine di febbraio. Il Sudan in questo modo dimostra chiaramente di fiancheggiare le scelte politiche della Russia da un lato e dall’altro lato dimostra una coerenza di natura strategica su questa questione così importante e così rilevante di cui avevamo già parlato in un articolo precedente.

Infatti nel novembre del 2021 la TASS aveva reso noto che il vice ministro degli Affari esteri russo aveva espresso la sua speranza che il Sudan -grazie all’accordo con la Russia firmato nel luglio del 2019 -concedesse la possibilità alla Russia si costruire una infrastruttura militare russa che si prevede sia gestita per 25 anni. L’infrastruttura militare consentirà alla Russia una proiezione di potenza navale sul Mar Rosso oltre alla possibilità di dispiegare circa 300 militari.

Naturalmente questo accordo rientra in un contesto molto più ampio di quello relativo alle esportazioni militari di Mosca verso l’Africa.

Ma la politica di proiezione di potenza russa veniva ostacolata dall’Ucraina, che intendeva porre in essere la costruzione di infrastrutture navali grazie al sostegno economico dell’UE, del Regno Unito e naturalmente degli Stati Uniti, infrastrutture navali che le avrebbero consentito non solo di incrementare la presenza della NATO sia sul Mar nero che sul mare di Azov ma che avrebbero potuto rappresentare uno strumento di contenimento della politica russa.

Parallelamente a questa iniziativa, il parlamentare ucraino Goncharenko aveva confermato lo scarso anno la necessità di ammodernare la marina ucraina. A tale riguardo erano significative le affermazioni da parte dell’ambasciatore russo a Washington, Anatoly Antonov, secondo il quale le forze navali e aeree della NATO cercavano di testare l’esercito e la flotta russa. Infatti la progressiva integrazione dell’Ucraina all’interno delle situazioni euro atlantiche è oggetto di durissime critiche da parte di Mosca. Facciamo un passo indietro .L’8 dicembre del 2020 sul sito governativo russo era stato reso noto l’accordo bilaterale di natura militare tra la Russia con il Sudan per la realizzazione di una infrastruttura militare presso Port Sudan, firmato il 16 novembre.

La domanda che ci ponevamo allora era quali fossero gli obiettivi geopolitici della Russia. Queste sono le risposte che abbiamo fornito due anni fa e che sono assolutamente valide ancora oggi.

In primo luogo, quello di porre in essere uno snodo strategico che le servirà per attuare un maggiore controllo sulle rotte del Mar Rosso e del Golfo di Aden, che le consentirà una accesso all’Oceano Indiano. Anche se Port Sudan è una infrastruttura più piccola di quella della base russa a Tartus, questa tuttavia consentirà alla Russia un punto d’appoggio strategico lungo il Mar Rosso, che collega le acque europee e asiatiche. Tutto ciò costituisce una sorta di ritorno della Russia in Africa: non dimentichiamoci infatti che durante la guerra fredda l’Urss aveva diverse infrastrutture militari nello Yemen meridionale, in Somalia e in Etiopia.

Questo accordo bilaterale quindi consente di ritornare sulle orme della proiezione di potenza marittima russa iniziata con Pietro il Grande.

Il Gruppo Wagner, appaltatori privati per la sicurezza militare che il Dipartimento di Stato americano ha definito un “surrogato” del Ministero della Difesa russo, ha già una presenza consolidata in Sudan. Due società minerarie della rete Wagner, che si ritiene siano sostenute dall’alleato di Putin Yevgeny Prigozhin, sono state sanzionate dal Tesoro degli Stati Uniti a luglio per aver formulato piani per sopprimere le manifestazioni pro-democrazia che hanno rovesciato Bashir, inclusa “la messa in scena di esecuzioni pubbliche” per distrarre i manifestanti.

In secondo luogo, una infrastruttura marittima di tale natura consentirà alla Russia di consolidare la sua presenza in Sudan per lo sfruttamento delle risorse minerarie e petrolifere presenti nel Sud Sudan. A tale proposito proprio il Gruppo Wagner, è già presente in Sudan con due società minerarie della rete Wagner, presenza fortemente osteggiata dagli Usa.

In terzo luogo, il consolidamento della presenza russa mira anche a limitare quella cinese. Non dimentichiamoci l’infrastruttura militare cinese a Gibuti.

Infine, questo accordo bilaterale rientra in una più ampia architettura di proiezione di potenza in Africa per realizzare la quale la Russia ha infatti firmato ben 21 accordi con 21 Stati africani e, fra questo, Egitto, Repubblica centrafricana, l’Eritrea, Madagascar e il Mozambico.

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