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Perché serve fare attenzione agli attacchi biologici

Che cosa ha detto il professor Massimo Amorosi, esperto di studi strategici e biosicurezza, già consigliere del ministero degli Esteri, nel corso del seminario “L’impatto della pandemia da Sars-Cov 2 sulla sicurezza nazionale: nuove sfide per l’intelligence italiana” organizzato dall’Istituto Gino Germani

 

La pandemia da Covid19 che da circa due anni ha stravolto la quotidianità di tutti i cittadini e detta l’agenda ai Governi di tutto il mondo, ha mostrato quanto possa essere serio il rischio derivante da un attacco biologico.  Il prof. Massimo Amorosi, esperto di studi strategici e biosicurezza, già consigliere del ministero degli Esteri, nel corso del seminario “L’impatto della pandemia da Sars-Cov 2 sulla sicurezza nazionale: nuove sfide per l’intelligence italiana” organizzato dall’Istituto Gino Germani, ha svolto una riflessione sui rischi e sulle soluzioni da adottare per fronteggiare le nuove vulnerabilità della sicurezza nazionale.

Le strategie per difendersi dai rischi biologici

Il prof. Amorosi individua due chiavi per difendersi da eventuali futuri rischi biologici. “Innanzitutto una strategia che metta in condizione il comparto difesa e sicurezza e le industrie strategiche di operare – dice l’esperto -. A questo va aggiunta una migliore intelligence sugli attori che potrebbero in prospettiva promuovere iniziative ostili ricorrendo alle moderne biotecnologie”.

Nuove minacce, nuova intelligence

I concetti di biosecurity sono stati generalmente associati alle sicurezze dei laboratori, il prof. Amorosi propone un nuovo approccio allargato a una gamma di bioinsicurezze su scala globale siano esse di origine naturale, accidentale o deliberata. “È necessaria una revisione delle strutture e delle metodologie di intelligence nella prevenzione delle nuove minacce. Le fonti di rischio sono in rapidissima evoluzione – dice il professore -. Vi è una crescente convergenza tra tecnologie emergenti e disruptive che potrebbe innescare dinamiche di iper competizione con l’emergere di nuovi rischi in termini di sicurezza, anche militare. Un’area di significativa convergenza è quella delle tecnologie genomiche con l’intelligenza artificiale, con l’automazione, con la robotica e il cloud computing”.

La nuova sfida della cyber biosicurezza

Un altro aspetto al quale il prof. Amorosi suggerisce di fare attenzione è la disciplina emergente della cyber biosicurezza. Le scienze biologiche sono sempre più dipendenti dai sistemi informatici, fisici e in cloud, ciò significa che aumentano i punti di vulnerabilità. “Ovviamente con conseguenze possibili non solo sulla salute pubblica ma anche sulla sicurezza nazionale – continua il docente -. Le sorgenti di dati biologici nelle industrie biotecnologiche diventeranno sempre di più obiettivi appetibili per un ampio ventaglio di attori esterni e interni. I primi potrebbero essere competitori industriali, gruppi criminali, terroristi, servizi di intelligence stranieri mentre gli autori di minacce interne potrebbero essere dipendenti, ex dipendenti o persino appaltatori”.

La tutela dei dati biologici

La pandemia da Sars-Cov2 ci ha fatto comprendere l’importanza delle risorse digitali nel coordinamento dell’emergenza. La gestione dei dati, nei prossimi anni, dovrà affrontare sfide interessanti: “la privacy dei dati, il tracciamento dei contatti, la privacy relativa alla raccolta dei dati in situazioni di emergenza”. Un altro aspetto che richiederà tutela è “l’integrità dei dati relativi alla salute pubblica e alla sorveglianza delle malattie” come conteggi dei casi, risultati dei test diagnostici, informazioni sulle tendenze dell’epidemia. Attori malintenzionati potrebbero rimuovere o gonfiare i dati.

Le sfide dell’automazione e dell’informatizzazione dei laboratori

I database bioinformatici contengono una enorme mole di dati preziosissimi per i ricercatori.  “Oltre all’introduzione involontaria di errori nei database sono stati sollevati timori in merito alla manipolazione intenzionale del loro contenuto”, continua il prof. Amorosi. Sebbene azioni di questo tipo non siano ancora mai state segnalate. “Un’altra sfida è quella degli attacchi informatici diretti all’automazione dei laboratori. La rivoluzione digitale nelle scienze della vita ha prodotto laboratori intelligenti che automatizzano i laboratori, che collegano strumenti e offrono modi nuovi per gestire le informazioni su agenti patogeni e malattie – aggiunge il docente -. La maggior parte dei laboratori biologici industriali oggi è automatizzata, dotata di software di intelligenza artificiale e servizi cloud”. La convergenza tra intelligenza artificiale e biotecnologie potrà avere un impatto sugli strumenti dei laboratori biologici, e porterà vantaggi e nuove vulnerabilità. “Un’altra sfida è quella della protezione della proprietà intellettuale. Le istituzioni governative e le aziende biotecnologiche commerciali coinvolte nella ricerca di un vaccino contro il covid19 sono diventate bersagli per tentativi di furti nel cyber spazio – aggiunge il prof. Amorosi -. Qualora queste strutture venissero compromesse o messe in condizioni di non poter più operare i ritardi nel rilascio delle terapie potrebbero avere risvolti inimmaginabili”.

Collaborazioni internazionali: indispensabili o cavalli di Troia?

I dati genomici possono subire sfruttamenti anche da parte di attori statali, magari stranieri, che ne entrano in possesso attraverso la legittima collaborazione scientifica, il finanziamento della ricerca scientifica, gli investimenti nelle società di sequenziamento genomico o l’acquisizione delle società. “Nonostante le collaborazioni internazionali siano la chiave di volta per il progresso in ogni branca della scienza, nel settore biologico diventa particolarmente rilevante acquisire informazioni, in una prospettiva di intelligence, su eventuali scambi di tecnologie, di know how, di personale, o di finanziamento di attività di ricerca – continua il docente -. E questo è vero soprattutto se stiamo parlando di attività di gain of function, quelle legate alla modificazione del genoma di un microrganismo al fine di conferirgli una funzione nuova o potenziata, che potrebbero presentare criticità per la sicurezza”. In altre parole le collaborazioni e le partnership internazionali devono essere oggetto di una attenta valutazione per evitare che diventino sorgenti di rischio per la sicurezza.

Una nuova struttura di intelligence

Il prof. Amorosi propone l’istituzione di una nuova struttura di intelligence che sappia ben coordinare le attività di raccolta delle informazioni e che sappia tutelare le attività rilevanti per l’interesse nazionale. “Minimizzare i rischi connessi all’emergere naturale o artificiale di nuovi agenti patogeni necessiterà dell’adozione di specifiche misure, prime fra tutte lo sviluppo di un’organizzazione strategica nazionale di biodifesa”, che veda il coinvolgimento delle forze armate. Questa organizzazione dovrebbe provvedere alla realizzazione di un sistema di early-warning grazie all’integrazione di “strumenti tecnologici all’avanguardia in una struttura permanente di sorveglianza”. Tale struttura dovrebbe mantenere il dialogo sempre aperto con con le strutture della protezione civile, della sanità pubblica e della difesa al fine di massimizzare l’efficacia degli interventi.

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