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Perché l’annuncio di Putin sul nucleare è solo un bluff. Parla Margelletti (Cesi)

L'annuncio di Putin sul nucleare commentato da Andrea Margelletti, analista di questioni militari e geopolitiche, presidente del Centro studi internazionali

 

Putin e nucleare: cosa farà davvero?

Da giorni Andrea Margelletti, analista di questioni militari e geopolitiche, presidente del Centro studi internazionali, annunciava che Putin avrebbe invaso l’Ucraina. Le sue analisi, ci tiene a dirlo, sono all’insegna di un sano realismo. Meglio: del più cupo pessimismo. E però ora che Putin agita la minaccia nucleare, Margelletti non ci crede: «Pura propaganda. E vi spiego perché».

«Intanto una premessa. Da un punto di vista militare, quello che il presidente Putin annuncia con tanto clamore è un nonsenso. L’armamento nucleare, sia quello americano sia quello russo, è sempre in massima allerta. Non c’è proprio niente da incrementare. Nei silos dove ci sono i missili intercontinentali a testata atomica, sia quelli Usa sia quelli russi, ci sono in permanenza ufficiali in grado di premere il bottone in tre minuti e i missili arrivano a destinazione in trenta. Lo stesso accade con i sottomarini, perennemente in moto, sempre pronti a colpire».

Ce l’eravamo un po’ dimenticato: il principio della deterrenza nucleare.

«Appunto. L’arma atomica dell’uno garantisce quella dell’altro. È l’equilibrio del terrore. Quel discorso, però, piuttosto è inquietante in sé. Ci dice che Putin è pronto a scelte che la nostra coscienza occidentale non riesce nemmeno a immaginare. Scelte che ci ripugnano. E ci dice quanto sia furioso. Perché va detto forte e chiaro che gli ucraini stanno umiliando l’invasore russo. Doveva essere una guerra lampo. I generali avevano promesso a Putin di vincere in due giorni. E invece gli ucraini stanno usando al meglio i missili antiaereo e i razzi anticarro dell’Occidente. Armi che fanno malissimo. Ci sono le immagini di intere colonne corazzate russe distrutte, sventrate. I russi stanno dimostrando una incredibile povertà operativa: i loro aerei e carri armati non si coordinano. Le colonne corazzate vagano senza protezione dal cielo. Si capisce benissimo, invece, che gli ucraini erano convinti che si sarebbe arrivati all’invasione e si sono preparati a dovere».

E ora?

«La furia di un tiranno che era convinto di passare alla storia come un Giulio Cesare e che si ritrova ridotto al Charlie Chaplin del Grande Dittatore può portare a decisioni irrazionali, imponderabili. Ormai è convinto di essere stato tradito dai suoi generali. Ma noi sappiamo che con i dittatori è sempre così: non amano le cattive notizie, sono capaci di far passare per le armi un generale che gli dice la nuda verità, sull’impreparazione delle forze armate per esempio, e così gli hanno detto solo quel che lui voleva sentire. A questo punto potrebbe aggredire i Baltici. Oppure potrebbe ordinare bombardamenti a tappeto sulle città ucraine per costringere il presidente Zelensky alla resa pur di salvare il suo popolo. Stiamo uscendo dalla sfera delle analisi razionali».

Vedremo i combattimenti casa per casa?

«È quello che i russi finora stanno evitando. Non per spirito umanitario, ma perché conservano una religiosa memoria di Stalingrado. E ricordano bene la lezione di Grozny, la capitale della Cecenia, quando i miliziani islamici gli inflissero dure perdite e furono costretti a radere al suolo la città. Solo che l’Ucraina doveva essere un’altra storia: una nazione sorella che tornava al loro fianco».

(Estratto di una intervista pubblicata dal quotidiano La Stampa; qui la versione integrale)

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