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Parole, opere e sberle di Papa Francesco su Aif (dove piazza Barbagallo) e finanze vaticane

Che cosa dice e che cosa fa capire Papa Francesco sulle recenti inchieste che stanno squassando l'antiriciclaggio del Vaticano. Eppure la legge antiriciclaggio è stata modificata dal Pontefiche, che aveva promosso Brüelhart a presidente Aif per poi di fatto silurarlo e nominare oggi Barbagallo di Bankitalia... Fatti, nomi, ricostruzioni

Di ritorno dal viaggio in Thailandia e Giappone, Papa Francesco critica gli (ormai) ex vertici della sua Autorità antiriciclaggio (Aif) per la mancata prevenzione dei recenti scandali economici. Il direttore, Tommaso Di Ruzza, è stato sospeso a inizio ottobre perché “c’erano sospetti di non buona amministrazione”. Nel senso – dettaglia Bergoglio – di un cattivo controllo: “È stata l’Aif a non controllare, sembra, i delitti degli altri. Il suo dovere era controllare”.

Per due mesi si è parlato di indagini per chiarire i contorni di un investimento immobiliare a Londra – e non solo – tramite il fondo Athena di Raffaele Mincione. Ma quella è solo la punta di un iceberg nel mare in tempesta. Lo fa intendere lo stesso Papa argentino.

Non meno importante: Francesco minimizza la sospensione del Vaticano dalla rete internazionale dei watchdogs finanziari del Gruppo Egmont a seguito delle perquisizioni e sequestro di documenti riservati in quel primo ottobre tra Aif e Segreteria di Stato.

Si minimizza, ma di fatto, al momento, la Città Stato è esclusa dal sistema Aml, l’Anti-Money Laundering.

Quanto alle dimissioni arrivate qualche giorno fa del presidente Aif, René Brüelhart, Francesco ribadisce che si tratta di un mancato rinnovo. L’avvocato svizzero ha fornito una versione differente, dando conto alle agenzie di un suo volontario passo indietro.

Bergoglio chiarisce le ragioni del venire meno della fiducia. Brüelhart, sottolinea il Pontefice, “ha fatto forza insieme al gruppo Egmont per riprendere la documentazione (sequestrata, ndr). E questo non può farlo”. A consigliare il Papa, aggiunge in un inedito di confidenze, “un magistrato italiano di livello”: “Ho chiesto: cosa devo fare? Lui ha risposto: la giustizia davanti a una accusa di una corruzione è sovrana in un Paese, è sovrana, nessuno può immischiarsi lì dentro, nessuno può dire al gruppo Egmont ‘le vostre carte sono qui’. No: devono essere studiate le carte per quello che sembra una cattiva amministrazione nel senso di un cattivo controllo”.

Francesco non si sottrae alle domande dei giornalisti nella consueta conferenza stampa ad alta quota. Suo malgrado ne apre di nuove. Alla vigilia di un appuntamento a Strasburgo cruciale per la credibilità finanziaria della Città Stato: la plenaria di Moneyval, l’organo di controllo del Consiglio d’Europa che valuta la conformità degli Stati membri ai principali standard di misure antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo. A Moneyval il Vaticano deve inviare un rapporto, in vista della programmata visita Oltre le Mura da parte degli ispettori europei fissata da tempo per la primavera 2020.

Si dovrà dare conto dei risultati raggiunti, degli obiettivi centrati e no. Quindi attendere indicazioni. Tutto nel pieno di una turbolenza finanziaria vaticana che, appunto, non riguarda solo l’ormai noto investimento immobiliare a Londra.

Un rapporto forse è già stato spedito, o forse sarà compito del nuovo presidente Aif completarlo in poche ore. Dopo il dimissionamento di Brüelhart, con un’Autorità antiriciclaggio ferma e capitozzata – dopo l’avvocato svizzero si sono pubblicamente dimessi due membri del Consiglio direttivo –, la presidenza Aif è già stata individuata, rivela Francesco. Si tratta di “un un magistrato di altissimo livello giuridico ed economico nazionale e internazionale”. Stando alle parole del Pontefice nella conferenza stampa in aereo, il nuovo vertice comincerà il suo lavoro a breve.

La nomina è stata resa nota oggi. Papa Francesco ha nominato Carmelo Barbagallo presidente dell’Aif, l’Autorità di Informazione Finanziaria vaticana. Barbagallo, 40 anni in Banca d’Italia, è stato finora funzionario generale con l’incarico di alta consulenza al Direttorio in materia di vigilanza bancaria e finanziaria e nei rapporti con il Single Supervisory Mechanism.

Bergoglio, però, va oltre. Sollecitando arricciati punti interrogativi.

Cinque dipendenti vaticani sono stati sospesi due mesi fa. Quattro laici e un monsignore. Tra Segreteria di Stato e Aif. Per tutti, ripete il Papa, vale “la presunzione di innocenza”. Eppure, ribadisce più volte, si dichiara convinto che corruzione ci si sia stata. “Non so se sia il caso dell’immobile di Londra, ma c’erano casi di corruzione”, dice Bergoglio in un italiano affaticato da un lungo viaggio in Estremo Oriente. E rimarca, per scolpire il concetto: “Ci sono capitali che non sono amministrati bene, anche con corruzione”. Fino a un lapidario: “C’è corruzione, si vede”.

Dove? A cosa fa riferimento? Oltre non poteva spingersi. Ci penserà la magistratura a chiarire.

Il punto, ora, è come mantenere la credibilità finanziaria a livello internazionale. Non sono cartoline particolarmente sorridenti da inviare a Moneyval quelle che arrivano da Roma da qualche settimana. O forse clamorosamente incoraggianti, dal momento che l’organo di controllo da tempo ha riconosciuti significativi progressi nella battaglia contro il riciclaggio di denaro, e insieme ha sempre osservato la necessità di intensificare i risultati “conseguiti da accusa e tribunali”. Oggi Francesco rivendica: “È la prima volta che in Vaticano la pentola viene scoperchiata da dentro, non da fuori… i meccanismi interni cominciano a funzionare. Non ringrazio Dio perché c’è la corruzione, ma lo ringrazio perché il sistema di controllo vaticano funziona bene”.

In quella direzione vanno le denunce verso le operazioni sospette avanzate dall’ufficio del Revisore dei conti e Ior? Un segnale il Vaticano lo ha voluto dare a Moneyval nominando l’ex procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, a presidente del tribunale?

Forse. L’impulso alle indagini per corruzione e alle perquisizioni – approvate dal Papa, conferma Bergoglio – sono arrivate dall’ufficio del Revisore generale. Tuttavia arriva da un revisore aggiunto, pro tempore, dopo che la carica vera e propria è vacante dal 2017, dopo la cacciata del titolare Libero Milone. A dire del professionista, proprio per avere voluto fare chiarezza dentro i conti di Segreteria e Apsa. Quelli dove fino ad oggi nessuno aveva messo davvero il naso. Ci provò il cardinale George Pell, già a capo della Segreteria per l’economia, senza successo. E forse causandosi più di una disgrazia.

Un’altra segnalazione alla magistratura sulle presunte operazioni opache condotte negli ultimi tempi dalla Terza Loggia è giunta in estate alla magistratura vaticana dal direttore Ior Gianfranco Mammì. Francesco di questa non fa esplicito cenno al ritorno da Tokyo.

I capitali oggetto di interesse sono quelli dell’Obolo di San Pietro. Ma non solo. Gli investimenti – la lettura la suggerisce in qualche modo Francesco – non sono solo quelli londinesi intrapresi dalla Prima sezione della Segreteria di Stato nel fondato Athena del finanziere Mincione. I duecento milioni finiti in palazzi a Londra e altre operazioni più squisitamente finanziarie (Carige, Retelite e altro), malgrado la protesta – a suo dire – dell’allora Sostituto, Angelo Becciu. Operazione nel complesso definita “opaca” dal Segretario di Stato, Pietro Parolin.

Oltre alle operazioni della Segreteria di Stato, ci sono quelle mosse dall’Apsa, la Banca centrale vaticana, per il salvataggio dell’Istituto dermatologico dell’Immacolata (Idi). Becciu nel 2015 chiese per salvare l’ospedale di proprietà di un ordine religioso finito in bancarotta, un grosso prestito allo Ior. L’Istituto rifiuta. Anche Pell è contrario, come riporta il Catholic News Agency. La Segreteria di Stato, allora, si rivolge all’Apsa. Ottiene il denaro e per coprire si appella ai ricchi americani della Papal Foundation. Che con riluttanza offrono una donazione, poi trasformata sotto forma di prestito. Di quelle manovre oggi si dice responsabile il cardinale Parolin.

Anche per salvare l’affare non più così redditizio a Londra nei palazzi di Mincione, il successore di Becciu si era rivolto allo Ior. Anche qui ricevendo picche. Con sanzione accessoria di estiva segnalazione alla procura vaticana.

Quell’impegno sull’Idi potrebbe suscitare la curiosità di Moneyval. Dal momento che nel 2012 Apsa si era impegnata a non svolgere attività bancaria a livello professionale. Tanto che per questo è poi uscita dal controllo Aif. E ancora – scruve ancora la Catholic News Agency citando fonti vaticane – i milioni utilizzati per l’investimento della Segreteria di Stato in quel di Londra sarebbero stati raggranellati grazie a prestiti accesi presso banche svizzere. Una di queste, la Bsi, è stata sciolta nel 2016 dal sistema di vigilanza bancaria svizzero, Finma, per “gravi disposizioni in materia di riciclaggio di denaro”. Bsi è poi stata acquisita integralmente da parte di Efg International.

Ovvero: circa due anni dopo l’investimento in Athena della Segreteria di Stato.

Francesco, dunque, minimizza la temporanea esclusione dello scambio di informazioni con il gruppo Egmont. Protesta: “Quello che ha un po’ disturbato è il gruppo Egmont, che è un gruppo privato: aiuta tanto ma non è l’autorità di controllo del Moneyval”. Incalza: “È stato fatto un po’ di rumore con questo gruppo che non volevano che si toccassero le carte che appartenevano al gruppo”.

Il riferimento è ai sequestri negli uffici Aif del primo ottobre.

Poco dopo aggiunge: “Non voglio offendere il gruppo Egmont perché fa tanto bene, ma in questo caso la sovranità dello Stato è la giustizia, che è più sovrana del potere esecutivo. Non è facile da capire ma vi chiedo di capirlo”.

Il fatto è che Egmont sostiene le Fiu Financial Intelligence Unit dei Paesi di mezzo mondo nella lotta al riciclaggio e al terrorismo. Senza, il lavoro di Moneyval sarebbe più arduo. Egmont è una rete di intelligence finanziaria a cui aderiscono 164 Stati per il necessario scambio confidenziale di informazioni per contrastare il riciclaggio. Bergoglio confida nell’autorità di controllo ufficiale Moneyval: “Studierà i numeri, studierà le procedure, studierà come ha agito il Promotore di giustizia e come il giudice e i giudici hanno determinato la cosa”.

Moneyval darà fiducia?

Di fatto, si accennava, se Francesco non si è risparmiato – rispondendo in aereo ai giornalisti e attribuendosi la responsabilità del via libera alle azioni di magistratura e gendarmi vaticani per indagini e perquisizioni in uffici più che sensibili della Santa Sede – ha però suscitato ulteriori, numerose curiosità. A cominciare dalle dimissioni imposte al suo comandante dei gendarmi, Domenico Giani. Delle quali non gli è stato chiesto, e lui non ha parlato.

E ancora.

È stato prudente nel contestare a Brüelhart e Egmont il tentativo di rientrare in possesso di documentazione per forza di cose riservatissima e sensibile sequestrata dai gendarmi?

Perché ventilare ipotesi di “cattiva amministrazione nel senso di un cattivo controllo da parte di Aif”, ipoteticamente responsabile di non avere vigilato “i delitti degli altri”? Già, perché Aif opera esclusivamente la sua autorità sullo Ior. Ma i fatti in questione riguardano operazioni svolte tra Segreteria di Stato e Apsa. Organismi nei quali il sospeso Di Ruzza e il dimissionato presidente Brüelhart non avevano possibilità di indagare.

La legge antiriciclaggio è stata modificata da Francesco. È lui che ha promosso Brüelhart presidente Aif, nonostante l’avvocato svizzero nel suo precedente incarico come direttore dell’Autorità avesse ricevuto le critiche dell’allora Consiglio direttivo Aif – poi completamente azzerato da Bergoglio –, fino alle clamorose dimissioni per protesta dell’allora presidente, il cardinale Attilio Nicora e conseguente promozione di Brüelhart.

Appena il 21 dicembre 2018, nel tradizionale discorso prenatalizio per lo scambio di auguri con la Curia romana, Francesco elencava tra le rare gioie dell’anno, “i lavori di chiarimento e di trasparenza nell’economia; i lodevoli sforzi compiuti dall’Ufficio del revisore generale e dall’Autorità di informazione finanziaria (Aif)”.

Cosa si è rotto in poco meno di dodici mesi?

Perché il Revisore generale – autorità anticorruzione – non è ancora stato nominato dopo la cacciata di Milone, lasciando la responsabilità dell’Ufficio ad un professionista dalle indubbie capacità come Alessandro Cassinis Righini, eppure ancora non promosso e lasciato in un limbo di sostituto pro-tempore?

Peccato, infine, che nessun cenno sia stato riservato a due uomini chiave della Segreteria di Stato ai tempi delle presunte operazioni sospette. L’allora Sostituto, Becciu, e il suo diretto superiore – attualmente in carica – il cardinale Parolin.

Ma il tempo di una conferenza stampa in aereo, sia pure così generosa di dettagli fino al particolare delle mosse di collaboratori di primo piano, non era il luogo appropriato. I segnali arriveranno nelle prossime ore. Tutti da comprendere a seconda dei profili delle nomine annunciate e attese. A cominciare dalla presidenza Aif.

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