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Orsini

Luiss, ecco perché il prof Orsini sulla Russia fa imbestialire l’università della Confindustria

Ancora scintille a Piazzapulita (La7) tra il professor Orsini, e gli altri ospiti, tra cui Paolo Mieli e Nathalie Tocci (Iai). Il docente della Luiss spiega perché secondo lui è sbagliato fornire armi agli ucraini e perché stiamo usando male le sanzioni. Tutti i dettagli

 

Il salotto di Corrado Formigli, Piazzapulita su La7, continua a essere teatro di animate discussioni, o “scontri” come li definiscono gli autori stessi della trasmissione sui social. Anche ieri sera uno dei protagonisti è stato il direttore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale della Luiss, Alessandro Orsini, che però – memore di quanto accaduto la scorsa settimana e della strigliata da parte della sua Università (che ha prontamente preso le distanze dai suoi interventi) – ha subito precisato di essere lì a titolo personale.

Ecco cos’è successo.

LA PREMESSA DI ORSINI

“Devo fare delle premesse”, esordisce Orsini prima di iniziare il suo intervento e Formigli precisa che lo fa perché “la sua università l’ha censurato per quello che ha detto la settimana scorsa”.

“Parlo a titolo personale”, dice il professore che la scorsa volta veniva presentato come direttore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale della Luiss presentato ieri sera come professore di sociologia del terrorismo internazionale.

“Non rappresento nessuno, condanno l’invasione della Russia e sono schierato dalla parte dell’Ucraina”, prosegue Orsini prima di togliersi un sassolino: “Penso che quando un professore universitario, prima di parlare, deve fare tutte queste premesse non penso che sia un bel clima”.

LE TRE GIGANTESCHE ESERCITAZIONI MILITARI DELLA NATO E VON DER LEYEN ASSENTE

“Io vorrei dire che il mio ragionamento non si capisce se in Italia non passano alcune informazioni che non sono passate”, chiarisce Orsini.

“La Nato – spiega – ha fatto tre gigantesche esercitazioni militari con scenari di guerra in Ucraina. Ne ha fatta una nel giugno del 2021, che si chiama ‘Brezza marina’ e che ha coinvolto 32 Paesi. Lei mi dirà, ma come è possibile? I Paesi della Nato sono 30. Perché hanno invitato anche l’Australia – che tecnicamente non fa parte della Nato ma è come se ne facesse parte – e altri Paesi amici della Nato”.

“La Nato – prosegue il professore – ha fatto un’altra gigantesca esercitazione militare nel luglio del 2021, si chiama ‘Tre spade’, poi ha fatto un’altra gigantesca esercitazione militare nel settembre del 2021, si chiama ‘Tridente rapido’. Quando hanno fatto l’esercitazione nel settembre 2021, Putin stava sparando su delle navi della Nato e ha detto: ‘fermatevi perché state portando questa situazione a un punto di collasso’”.

“Io mi domando, – si chiede Orsini – la von der Leyen dov’era quando succedeva questo?”.

GLI ERRORI DELLA UE E IL SENNO IL TRUMP

Il professore, a sostegno della sua tesi per cui è sbagliato fornire armi alla Ucraina, porta due esempi statunitensi, dell’amministrazione Trump, di come si evita una guerra:

“Nel 2017, Trump e Kim Jong-un hanno iniziato a litigare. Trump ha detto: ‘Voglio invadere la Corea del Nord’. I suoi generali gli hanno detto: ‘avremo un milione di morti perché Kim Jong-un può sparare i missili sulla base americana di Guam e può sventrare la città di Seoul perché è a portata di tiro’. Trump, nel giugno del 2018, ha detto: ‘se devono morire tutti questi soldati americani e rischio addirittura un attacco sul suolo americano, io vado a pranzo con Kim Jong-un’, e nel giugno del 2018 a Singapore è andato a pranzo con Kim Jong-un ed è diventato amico di Kim Jong-un”.

“Poi c’è stata la crisi nel Venezuela tra Guaidó e Maduro e Trump ha detto: ‘io voglio invadere il Venezuela’. Gli è stato detto: ‘non lo puoi fare perché abbiamo troppi morti nell’esercito americano e portiamo la guerra dentro il nostro emisfero perché dietro il Venezuela ci sono la Turchia, la Russia e la Cina’. E Trump ha detto: ‘non invado’”.

Ecco perché, secondo Orsini, “noi dobbiamo imparare dagli Stati Uniti perché gli Stati Uniti pensano ai loro interessi, a salvare la vita degli americani e a proteggere il territorio nazionale”.

L’UE È UN’ORGANIZZAZIONE POLITICA FALLITA?

A questo punto, il professore, che chiarisce subito di non pronunciare un’affermazione ma una domanda chiede: “Secondo voi, è possibile affermare che l’Unione europea sia un’organizzazione politicamente fallita? Cioè un’organizzazione che nasce con la CECA nel 1951 per mettere insieme le risorse fondamentali e impedire la guerra in Europa, poi crea la Comunità economica europea (CEE) nel 1957, poi nasce l’Unione europea per non fare la guerra in Europa. Ora, l’Unione europea regala le armi agli ucraini”.

LE PREVISIONI (PASSATE E FUTURE) DI ORSINI

“Dov’era la Commissione europea quando era chiarissimo che Putin avrebbe sfondato il fronte?”, domanda Orsini ribadendo che lui il 4 dicembre 2018, durante un’audizione in Senato, queste cose le aveva dette.

“Se noi non capiamo questi passaggi fondamentali, – prosegue – non capiamo che sta per scoppiare un’altra guerra nella Georgia perché se voi guardate la cartina geografica vedrete che le due situazioni sono speculari perché in Georgia nel 2008 Putin ha fatto la stessa cosa che ha fatto nel 2014 in Ucraina. Ha creato due Repubbliche indipendenti per proteggere il territorio nazionale e noi nel luglio del 2021 – un’altra notizia che in Italia non è passata – abbiamo fatto una gigantesca esercitazione militare della Nato nella Georgia”.

ORSINI: CON LE SANZIONI STIAMO SBAGLIANDO

Orsini passa poi alla questione delle sanzioni sostenendo che le “stiamo usando male”: “Basandomi sui miei studi della guerra civile in Yemen, dico che noi stiamo usando male le sanzioni” perché “dovremmo vincolarle a un dato preciso: i bambini morti”.

“Nel 2016 – spiega – l’Arabia Saudita ha fatto morire tantissimi bambini sotto le bombe e l’Onu ha sanzionato il Paese inserendolo in una lista nera e dicendo che se ne avesse uccisi altri avrebbe inasprito le sanzioni. L’Arabia Saudita ha costituito un comitato e sottoposto a provvedimenti disciplinari i piloti che nei bombardamenti colpiscono i bambini. La conseguenza è stata che nel 2020 l’Onu ha tolto il Paese dalla lista nera perché il numero è drasticamente diminuito”.

“[I governi europei, ndr] stanno facendo morire più persone perché hanno legato le sanzioni al conflitto complessivo, più sanzioni non lo fermeranno, – afferma Orsini – ma se cerchiamo di perseguire un solo obiettivo che è salvare i bambini, forse possiamo avere un’attenuazione di tutto il conflitto. Se Putin vorrà uccidere meno bambini inevitabilmente colpirà meno civili perché sono sempre in famiglia. Siccome questa è una guerra di lungo periodo, dobbiamo prendere in considerazione un uso strategico delle sanzioni”.

LO SCONTRO CON PAOLO MIELI

Lo storico Paolo Mieli, in risposta alle motivazioni di Orsini sull’errore di fornire armi agli ucraini, spiega che la questione centrale è: la resistenza ucraina è bene aiutarla per farla durare un giorno di più o un giorno di meno? E a questo, sottolinea, va data una risposta netta: sì o no.

“Diciamoci la verità, – interviene Mieli, editorialista del Corriere della sera – per noi, per tutti è stata una sorpresa l’idea che [gli ucraini, ndr] resistessero in questo modo, in modo così compatto, così forte, con questa capacità militare, è una grandissima sorpresa e dire adesso: ‘no, non armiamoli, perché è meglio che si facciano massacrare…’”

Ma per Orsini c’è un errore di fondo nel ragionamento di Mieli: mettere il discorso su un piano morale.

“Se noi diamo le armi agli ucraini – risponde il professore – possiamo in qualche modo scaricarci la coscienza, ma il punto fondamentale è che noi italiani non dobbiamo sentirci in colpa se non diamo le armi agli ucraini, noi dobbiamo sentirci in colpa per aver indotto gli ucraini a credere che li avremmo difesi in caso di un attacco della Russia, questo è il nostro senso di colpa”.

Mieli non è d’accordo e controbatte così: “Gli ucraini non stanno resistendo perché io, lei o chiunque altro gli ha detto: ‘illuditi, che un giorno verremo noi’. No, loro resistono anche se io e lei non ci andiamo lì”.

LO SCONTRO CON NATHALIE TOCCI

Anche con la direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, Nathalie Tocci, non sono mancate le scintille. Tocci, infatti, ha ricordato che dai colloqui che si sono tenuti ieri ad Antalya tra i ministri degli Esteri, l’ucraino Dmytro Kuleba e il russo Sergej Lavrov, non è affatto apparsa la possibilità che Putin a oggi voglia trattare, ma bensì che voglia andare fino in fondo per prendersi tutta l’Ucraina.

Tocci ha ricordato che alla Russia è stata fatta una proposta, ovvero un’Ucraina neutrale con garanzie di sicurezza da parte di Russia, Stati Uniti, Francia, Germania e Turchia, e Lavrov, a nome del suo Paese, ha detto un secco ‘no’.

E qui Orsini dice: “E così Putin se li ritrova di nuovo dentro casa in questo modo”, e Tocci fa giustamente notare: “Ma chi si ritrova dentro casa? E soprattutto casa di chi? Non è casa sua, l’Ucraina non è casa sua. Questo è il punto di fondo. L’Ucraina non è casa di Putin”.

Ma Orsini ribatte imperterrito: “I ragionamenti come i tuoi faranno mandare avanti questa guerra e ne faranno scoppiare altre”.

Secondo Tocci, Putin potrebbe in futuro diventare disposto a trattare “solo e solamente quando verrà indebolito a tal punto che non avrà altra scelta. Ma oggi, ahimè, non siamo a questo punto”.

LA PETIZIONE PRO ORSINI

Da tutto questo ambaradan, è spuntata nei giorni scorsi anche la petizione ‘No alla censura contro Alessandro Orsini’ partita da altri docenti e indirizzata al ministro dell’Università Cristina Messa. Secondo i promotori il professore è infatti stato “censurato dalla sua università, la Luiss Guido Carli, per le sue analisi sulla guerra in Ucraina” e denunciano “il clima di oscurantismo che si sta diffondendo in Italia”.

Però ciò che Orsini e molti pacifisti ignorano è quello che un articolo di Internazionale ricorda con la lezione del professore di relazioni internazionali all’università di Chicago, John J. Mearsheimer, spesso citata “da chi vorrebbe incolpare l’Occidente per l’invasione dell’Ucraina voluta da Putin”.

Ovvero ignorare “il desiderio di democrazia degli ucraini e la loro volontà di stringere un legame con l’Occidente”, un sentimento giudicato da Mearsheimer “irrilevante e costruito dall’estero […] ma la verità è che in alcuni momenti la storia la fanno i desideri delle persone, non la logica del sistema internazionale”.

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