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Il Foglio cuoce a puntino Giorgetti

Capriole dialettiche e virate politiche nelle ultime parole del ministro dell'Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti, sempre più pragmatico e dunque ben poco ideologico. Ecco che cosa ha evidenziato il quotidiano Il Foglio (dopo peraltro aver tantissime volte elogiato il titolare del ministero dell'Economia)

 

Che il ministro Giancarlo Giorgetti, la cui presenza nel governo a guida Giorgia Meloni per taluni sarebbe solo una rassicurazione all’Europa sulla continuità delle riforme draghiane, sia in contrasto con buona parte dell’esecutivo è noto da tempo. Non ha nemmeno presenziato alla conferenza stampa in cui è stato annunciato il chiacchierato decreto sugli extra profitti delle banche, mostrato ai giornalisti da un ministro sempre ben felice di esondare dall’ambito del proprio dicastero, quello delle Infrastrutture: Matteo Salvini. Le dichiarazioni di Giorgetti al Meeting di Rimini 2023 (ve ne avevamo accennato qua), vanno ben oltre e, come sottolineato oggi dal Foglio, sono spia di un contrasto ideologico ben più profondo.

LE GIRAVOLTE DI GIORGETTI ANNOTATE DAL FOGLIO

Nel descrivere la sua visione di sviluppo economico – annota Luciano Capone del quotidiano fondato da Giuliano Ferrara -, il ministro dell’Economia ha affermato che “confidare unicamente nella mano invisibile del mercato non è la soluzione corretta”, sostenuto dal padrone di casa Giorgio Vittadini che elogia il “nuovo interventismo positivo” del governo Meloni, spingendo il concetto di sussidiarietà verso nuovi lidi.

Eppure solo un anno fa, sempre al Meeting – viene ricordato sul Foglio – Giorgetti da ministro dello Sviluppo economico (Mise) dimissionario esaltava gli animal spirits del mercato: “Lo sviluppo economico lo fanno gli spiriti animali ma degli imprenditori”. L’anno prima, nel 2021, da disciplinato ministro del governo Draghi, Giorgetti diceva al pubblico di Cl a Rimini che “Lo sviluppo non passa attraverso il governo. Meno c’è il Mise, meglio è”.

COSA HA DETTO SULLE PENSIONI

Ma probabilmente la dichiarazione più interessante, che avrà fatto saltare più di un leghista sulla sedia, è quella riguardante la previdenza: “Non c’è nessuna riforma previdenziale che tenga nel lungo-medio periodo”, dice il ministro, militante del partito che ha voluto a tutti i costi Quota 100 sfidando la contrarietà di pressoché tutti gli economisti che continuavano a ripetere l’insostenibilità del nuovo modello.

LA FORNERO RIPRENDE ‘QUOTA’

“Vuol dire che anche una dura e necessaria riforma come la legge Fornero potrebbe non essere sufficiente a rendere sostenibile l’abnorme spesa previdenziale”, annota Capone, che poi affonda il colpo: “L’opposto del programma della Lega con cui Giorgetti si è candidato che prevede, come vuole anche la Cgil, una controriforma delle pensioni come Quota 41. È chiaro che la promessa “abolizione della Fornero” non ci sarà mai, al limite qualche accrocchio provvisorio come Quota 103 per tenere buono gli elettori salviniani”. E chissà che Giorgetti non stia già pensando alla necessità di importare manodopera straniera, visto che gli italiani non sembrano avere troppa intenzione di rimettersi a fare figli e coi prezzi che corrono non sono nemmeno da biasimare… D’altronde il governo Meloni – senza tante fanfare – ha aumentato il numero dei flussi in entrata degli immigrati regolari.

Insomma, se è vero che Giorgetti è stato messo a via XX Settembre come custode dei conti pubblici e garante della continuità dell’agenda Draghi, la mano di Giorgetti nel governo si ben poco, come è successo anche nella partita delle nomine pubbliche e l’esecutivo, come evidenzia sempre il Foglio, si appropinqua alla finanziaria snocciolando spot. “Come la tassa sugli “extraprofitti” delle banche che, come rivelato dal Corriere della sera, dopo l’annuncio roboante e le imbarazzate retromarce, si potrebbe trasformare in un “prestito forzoso”: un anticipo delle banche che poi recupereranno negli anni come di credito d’imposta. […] Questo è al momento l’orizzonte della legge di Bilancio di Giorgetti, molto più ridotto rispetto ai discorsi sul lungo termine e sui problemi strutturali del Paese”.

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