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Giorgetti

Giuliano Ferrara coccola Giorgia Meloni? Sorpresona…

Che cosa ha scritto Giuliano Ferrara, fondatore del quotidiano Il Foglio, su Giorgia Meloni. I Graffi di Damato.

 

Per quanto il buon Emilio Giannelli nella vignetta di ieri in prima pagina abbia fatto dissotterrare dalla nuova segretaria del Pd travestita da indiana l’ascia di guerra, immaginando “iniziata l’era di Schlein” dentro e oltre il Nazareno, sul Corriere della Sera del giorno prima erano stati allineati, sempre in prima pagina, tre titoli per niente preoccupati e preoccupanti per il governo di Giorgia Meloni. L’Italia era stata rappresentata fra i principali paesi europei come il più stabile, in controtendenza particolare rispetto alla Francia messa a ferro e a fuoco contro la riforma delle pensioni voluta dal presidente Emmanuel Macron e alla coalizione tedesca guidata dal cancelliere Olaf Sholz, paralizzata da “veti, dispetti, leggi bloccate” ed altro. Al di qua delle Alpi – aveva osservato nell’editoriale il direttore in persona Luciano Fontana – non si avverte neppure l’ombra di un governo diverso da quello in carica, probabilmente per tutta la durata di questa legislatura cominciata nell’autunno scorso.

L’INEDITA STABILITÀ ITALIANA

A supporto della stabilità un po’ inedita in un’Italia guidata nella scorsa legislatura da ben tre governi – di cui uno dichiaratamente e orgogliosamente anomalo voluto dal presidente della Repubblica e affidato a Mario Draghi nella impossibilità pandemica di elezioni anticipate nel 2021- era stata giustamente indicata dal Corriere della Sera, sempre in prima pagina, la svolta impressa da Silvio Berlusconi alla sua Forza Italia rimuovendo o depotenziando i più insofferenti verso la Meloni. Alla quale pure lui, a dire il vero, aveva creato non pochi problemi nei primi mesi, sino a contestarle personalmente e pubblicamente una certa smania di incontrare il presidente ucraino Zelensky – “quel signore” – per accentuare il significato e la portata del sostegno italiano nella guerra mossagli dalla Russia di Putin. Forse anche su questo terreno l’ex presidente del Consiglio ha deciso di muoversi con più cautela. Si vedrà.

COSA HA SCRITTO IL MESSAGGERO

Al Corriere della Sera di domenica si è aggiunto ieri Il Messaggero con un editoriale del professore Alessandro Campi sulla “forza degli italiani in un mondo in rivolta”. “Proviamo per una volta – ha scritto e chiesto Campi – a capovolgere il noioso cliché che ci accompagna come italiani da decenni, che in parte ci siamo appiccicati addosso da soli e al quale ci siamo talmente assuefatti da considerarlo una verità storica inoppugnabile. E se fossimo, almeno stavolta, un’eccezione positiva e un caso virtuoso?”. In cui è accaduto di recente, fra l’altro, che la Meloni abbia potuto ripristinare dopo 27 anni addirittura la presenza di un capo del governo al congresso del maggiore sindacato, la Cgil, scortata e protetta dal segretario generale Maurizio Landini perché potesse parlare non lisciando per niente il pelo all’assemblea, anzi sfidandola.

LE PAROLE DI GIULIANO FERRARA SU MELONI

Persino Giuliano Ferrara sul Foglio ha ieri scomodato la “scuola storica” dei suoi “genitori gappisti e comunisti, dei Trombadori, dei Bufalini e degli altri” per dire alla sinistra, scatenatasi contro la Meloni sul ricordo della strage nazista di 79 anni fa alle Fosse Ardeatine, che “non avrebbero eccepito con grida scandalizzate alla frase secondo cui quei martiri furono uccisi per rappresaglia solo perché italiani”. Qui siamo a quelle che gli avversari più irriducibili della Meloni hanno definito sui giornali del gruppo quasi agnelliano Gedi, cominciando con Repubblica, alle “radici” della storia antifascista dell’Italia uscita dalla seconda guerra mondiale e liberatasi della Monarchia.

“Basta leggere le lettere dei condannati a morte della Resistenza – ha insistito impietosamente il fondatore del Foglio – per constatare che l’identificazione della guerra di Liberazione con il patriottismo fu pressocché totale”. E sapete chi e cosa ha citato, in particolare, Ferrara per difendere Meloni dagli assalti subiti su questo terreno? Addirittura Una scelta di vita, il colossale memoir di Giorgio Amendola”, in cui si trova tutto il necessario “per capire che la logica del Comitato di liberazione era “nazionale”. Una logica cioè di italiani prima e soprattutto. “Allora – ricorda sarcasticamente l’elefantino rosso – non era vietato dire il paese o alla anglosassone questo paese, this country, ma non usava”. Si diceva, come oggi Meloni con la maiuscola, Nazione.

Spero, personalmente, che ora venga risparmiata a Giuliano qualche lezione di storia antifascista da professori più o meno titolati sparsi un po’ dappertutto, anche sotto le cinque stelle. Nessuna delle quali è intestata peraltro a questo tema oggi ancora così scivoloso, essendo state intestate da Beppe Grillo all’acqua pubblica, all’ambiente, alla mobilità sostenibile, allo sviluppo e alle connettività, poi meglio precisate come beni comuni, ecologia integrale, giustizia sociale, innovazione.

Lo stesso Giuseppe Conte – non se l’abbia a male, per favore, l’ex presidente del Consiglio e ora presidente del movimento che lo portò a Palazzo Chigi nella scorsa legislatura – quando si è avventurato sul terreno dell’antifascismo, parlando alla Camera contro “la faccia di bronzo” della Meloni, è incorso nel lapsus del “delitto Andreotti” anziché Matteotti, che fra di loro fanno solo rima, nient’altro. Lo stesso blog ormai personale di Grillo non mi sembra si sia impegnato in questi giorni nella polemica che ha cercato di rovinare la primavera alla Meloni.

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