La riforma delle pensionii n Francia è arrivata a un tornante decisivo, con il governo che, privo di una sua maggioranza parlamentare, è ricorso al voto di fiducia, che si è immediatamente riverberato in una piazza già mobilitata tra scioperi e scontri.
Per capire cosa succederà adesso, Start Magazine ha sentito Alberto Toscano, giornalista, già corrispondente dalla Francia per diversi quotidiani italiani, saggista e presidente dell’Associazione della stampa europea in Francia.
Come lei stesso aveva previsto nella precedente intervista con Start Magazine, siamo arrivati a una fase in cui il governo cala l’asso della mozione di fiducia invocando l’art. 49 comma 3 della Costituzione con il risultato di acuire gli scontri di piazza.
Adesso la Francia è in una spirale di confusione, perché c’è questa vasta protesta che assumerà forme difficili da prevedere. È molto probabile che oggi in tutta la Francia ci saranno cortei che vedranno un’imponente mobilitazione, ma la cosa sicura è che giovedì 23 marzo ci sarà una giornata di mobilitazione, che sarà praticamente una giornata di sciopero generale.
Come si è arrivati fin qui?
Alla base di tutto c’è da una parte il fatto che due francesi su tre sono contrari a questa riforma e dall’altra il fatto che Macron non ha una maggioranza parlamentare. Siamo di fronte dunque ad un presidenzialismo dimezzato in cui il Capo dello Stato non può contare sul sostegno incondizionato del Parlamento. Questa volta Macron ha preso un rischio insistendo su questa riforma. Ha creduto di poter ottenere il sostegno dei neogollisti, ma alla fine il partito dei Republicains in Parlamento si è squagliato come neve al sole. E adesso Macron si è trovato costretto a usare il bazooka della mozione di fiducia, o meglio del non voto, in quanto in Francia la Costituzione consente al governo di dare per approvato un disegno di legge senza neanche il bisogno di un voto parlamentare. Però quest’arma naturalmente quando viene utilizzata crea un profondo senso di disagio nell’opinione pubblica. E soprattutto nel caso di un disegno di legge così impopolare come questo Macron è passato di forza ma in un modo che l’opinione pubblica considera improprio.
Quali saranno i prossimi passaggi parlamentari?
Adesso si passa al voto delle varie mozioni di sfiducia che saranno certamente presentate in queste ore e che verranno immediatamente discusse e votate. È molto difficile però che una mozione di sfiducia venga approvata, perché le diverse famiglie dell’opposizione sono a loro volte in rapporti pessimi tra loro, cioè tra Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon evidentemente non è facile mettersi d’accordo. Ci saranno comunque adesso giornate di tensione parlamentare e nelle piazze. Anche se molto probabilmente la riforma ormai entrerà in vigore, si apre un periodo lungo di instabilità.
Macron come esce da questa battaglia?
In tutta questa vicenda Macron ha effettivamente perso un po’ della sua credibilità personale. Ci si chiede ora come lui, rieletto da poco, potrà per altri quattro anni e mezzo gestire il potere in condizioni così difficili, senza cioè disporre di una vera maggioranza parlamentare. I deputati sono 577 e la coalizione macronista ne ha 250, quindi il presidente ha una forte maggioranza relativa ma non ha una maggioranza assoluta. E ovviamente lui non potrà continuare a usare sistematicamente l’arma dell’art. 49 comma 3 della Costituzione che consente al governo di dare per approvato un provvedimento senza passare per un voto parlamentare. Questa è un’arma assoluta che si potrà usare occasionalmente ma non sistematicamente.
E nel frattempo la riforma delle pensioni, che fine farà?
Per quanto riguarda la riforma in sé, ormai è molto probabile che entri in vigore malgrado le mozioni di sfiducia. Ma per quel che riguarda la prospettiva di Macron al potere, questa prospettiva è quella di un Macron sempre più debole e certamente in difficoltà davanti all’opinione pubblica, che non digerisce questa sua scelta di cercare la prova di forza.
E le proteste secondo lei continueranno?
Per ciò che riguarda l’ordine pubblico e la situazione sociale, è chiaro che la Francia vedrà continuare il periodo di tensione. Ci sono scioperi come quello della nettezza urbana già in corso, altri scioperi potrebbero riprendere nei prossimi giorni nel settore dell’energia, delle raffinerie. Ci sono le scuole in subbuglio e anche nel settore della sanità ci sono forme di malcontento. Quindi la Francia si è avviata verso un periodo di agitazioni sociali, che potrebbero estendersi e mettere il governo in difficoltà.
Cosa ci dice a proposito della composizione sociale del dissenso?
Dal punto di vista della sua composizione sociale, il malcontento è assolutamente trasversale. Al tempo stesso bisogna dire che la causa di questo malcontento è difficilmente spiegabile. È difficile spiegare che, mentre in Germania si va in pensione a 67 anni e in Italia fra i 65 e i 67 anni, invece i francesi pretendano di continuare ad andare in pensione a 62 e non accettino l’idea di una riforma che innalzi l’età pensionabile a 64 anni e in più sulla base di uno scaglionamento per tutto il decennio degli anni Venti.
Macron ha dunque avuto ragione a tenere la barra dritta?
Per quanto riguarda il contenuto della riforma, è abbastanza chiaro che Macron ha ragione, e tuttavia il presidente non ha tenuto in debito conto la sua debolezza istituzionale in Parlamento nel corso di questa legislatura, a differenza di quella precedente in cui la sua coalizione godeva di una maggioranza assoluta. Sembra inoltre che Macron non abbia preso in considerazione l’opportunità di spiegare questa riforma agli elettori per conquistare il consenso almeno di una frazione significativa dell’opinione pubblica. Un presidente della Repubblica che porta avanti una riforma a dispetto della contrarietà, certificata da tutti i sondaggi, di due terzi della popolazione è un presidente della Repubblica che evidentemente ha sbagliato qualcosa. Questa riforma andava spiegata meglio, andava discussa preventivamente nelle sedi più opportune.