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Covid Cina

Ecco i veri fini (non solo sanitari) della politica della Cina su zero Covid

Con la pandemia la Cina ha imposto e continua a imporre controlli molto rigidi sui propri cittadini. Ufficialmente è una strategia dovuta alla sua ossessione per la politica zero Covid, ma si teme che dietro la società del controllo ci sia ben di più

 

“Zero Covid” è il mantra che la Cina continua a ripetere e per metterlo in pratica impone massimi controlli ai suoi cittadini, ma questo non implica solo arginare i contagi e uscire il prima possibile dall’emergenza sanitaria bensì una sorveglianza continua che potrebbe anche durare oltre.

IL PENSIERO DI XI JINPING

La pandemia, scrive il New York Times, ha dato al presidente cinese Xi Jinping, “un potente argomento per ampliare il raggio del Partito Comunista Cinese (PCC) nella vita di 1,4 miliardi di cittadini, riempiendo la sua visione del Paese come un modello di ordine sicuro, in contrasto con il ‘caos dell’Occidente’”.

L’ORIGINE E L’EVOLUZIONE

Da quando due anni fa, all’inizio dell’epidemia, è stata isolata la città di Wuhan, il governo di Pechino – prosegue il Nyt – “ha affinato i suoi poteri per rintracciare e corrompere le persone, sostenuto da una tecnologia aggiornata, eserciti di lavoratori di quartiere e un ampio sostegno pubblico”.

Dato che la strategia zero Covid ha dato buoni risultati in termini di riduzione dei contagi, i funzionari cinesi ne hanno approfittato per utilizzare i loro sofisticati mezzi di controllo non solo per tenere sott’occhio la diffusione del virus, ma anche altri rischi come la criminalità o forze politiche definite “ostili”.

“Mentre Xi intensifica le sue campagne contro la corruzione e il dissenso”, si legge nell’articolo, “questo equivale a un potente strumento tecno-autoritario”.

UN ESERCITO DI CONTROLLORI

“Per oltre un decennio”, ricorda il Nyt, “il PCC ha rafforzato i suoi eserciti di funzionari di base che effettuano la sorveglianza porta a porta. Il nuovo apparato digitale del partito ha sovralimentato questa vecchia forma di controllo. La Cina ha mobilitato 4,5 milioni di lavoratori per combattere l’epidemia. Secondo i media statali equivale a circa 1 ogni 250 adulti. Città, villaggi e paesi sono divisi in sezioni, a volte di pochi isolati, che sono poi assegnati a singoli lavoratori”.

Nell’era pre-Covid si occupavano di mediare dispute e tenere d’occhio potenziali piantagrane. Con la pandemia questi compiti si sono moltiplicati e i mezzi di controllo si sono evoluti.

“Il governo centrale – si legge sul quotidiano – ha ordinato alla polizia, così come alle compagnie telefoniche e internet, di condividere le informazioni sulla storia dei viaggi dei residenti con gli operatori della comunità, in modo che gli operatori possano decidere se i residenti sono considerati ad alto rischio”.

IL CODICE SANITARIO

Alla base dei controlli c’è il codice sanitario. Il colore del codice – verde, giallo o rosso – determina se il titolare è autorizzato a entrare negli edifici o negli spazi pubblici. Questo strumento permette ai funzionari sia di mettere in quarantena o limitare i movimenti di una persona che di conoscere ulteriori informazioni circa l’interessato: dove si trova, dove è stato o il risultato dei test che ha effettuato e altri dati sulla sua salute.

Ma è capitato anche, fa sapere il Nyt, che i funzionari cinesi, applicando rigidamente il protocollo, abbiano isolato bambini, separandoli dai propri genitori, o mandato in prigione persone ritenute colpevoli di aver violato le norme di contenimento. E i fuggitivi, stanati con lo stesso metodo, sono stati rintracciati, mentre a chi ha provato a evitare l’uso delle app è stata resa così difficile la vita che si è dovuto arrendere.

“Ai pochi adulti che non hanno uno smartphone – oltre che ai bambini – viene attribuito un codice sanitario da indossare in modo visibile, appeso al collo”, racconta il giornalista di Afp in Cina, Sebastien Ricci.

OCCHI OVUNQUE

Oltre al codice sanitario, ad Hangzhou sono state installate telecamere per strada per controllare se i residenti indossano la mascherina e a Luoyang dei sensori sulle porte di casa dei residenti in quarantena per avvisare i funzionari in caso venissero aperte.

“In Cina – ha detto Ricci – ogni edificio residenziale è sottoposto a sorveglianza e le persone al suo interno potrebbero essere sottoposte a controlli sanitari, con la richiesta di riempire un formulario o di sottoporsi al controllo della febbre. E quindi qualunque mia uscita, per quanto banale, è registrata”.

“Le app di tracciamento introdotte per lottare contro la malattia, abbinate a una rete pervasiva di telecamere di sicurezza, – prosegue il giornalista – hanno fornito alle autorità formidabili strumenti di sorveglianza di massa”.

CRESCE LA PREOCCUPAZIONE PER LA PRIVACY

Già prima della pandemia, la Cina aveva una grande capacità di tracciare le persone utilizzando i dati di localizzazione dei cellulari, ma ora, quel monitoraggio è molto più esteso e le preoccupazioni per la privacy stanno aumentando. “Se dopo la fine della pandemia questi mezzi saranno ancora lì per il governo, questo è un grande rischio per la gente comune”, ha detto un testimone al Nyt.

“Il rischio”, ha scritto Chen Yun, uno studioso della Fudan University di Shanghai, in una recente valutazione della risposta cinese al Covid, “è che nasca un circolo vizioso: la gente diventa sempre più emarginata, mentre la tecnologia e il potere penetrano sempre più ovunque”.

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