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Mar Nero

Cosa cambia per la Russia con il tappo di Erdogan al Bosforo

Da luogo narrato nella letteratura a rotta commerciale di estrema importanza militare e geopolitica. Il Bosforo è un’altra arma nella guerra tra Russia e Paesi Nato. Fatti, leggende e numeri

 

Guerre mitologiche, epiche e reali sono state combattute passando per il Bosforo. Teatro di battaglie, braccio di mare che divide la parte europea dalla parte asiatica di Istanbul, ma anche snodo commerciale tra Oriente e Occidente.

Anche oggi, nella guerra in corso tra Ucraina e Russia, il Bosforo gioca il suo ruolo fondamentale in molti equilibri, da quelli geopolitico e militare a quello commerciale e, quindi, economico.

IL BOSFORO TRA MITOLOGIA ED EPICA

Il nome Bosforo deriva da una parola tracia che significa “passaggio della mucca” perché secondo la mitologia, la sacerdotessa Io, venne accusata da Era, moglie di Zeus, di essere una delle amanti del dio dell’Olimpo, il quale per proteggerla dalla rabbia di Era la trasformò in una mucca. Io, sotto le sembianze animali, nuotò attraverso lo stretto del Bosforo ma la moglie di Zeus lo scoprì e mandò grandi mosche per morderla e renderle impossibile la fuga tanto da farla finire nel Mar Ionio che da lei prese il nome.

Dello stretto del Bosforo non ha scritto solo Ovidio nelle sue Metamorfosi, ma anche Omero nell’Iliade. Il poema epico, infatti, narra che la vera causa della guerra di Troia non fu Elena, ma la necessità di controllare lo stretto dei Dardanelli che consente l’accesso al canale del Bosforo e infine al Mar Nero.

LA POSIZIONE STRATEGICA

In turco, il Bosforo è conosciuto come Bogazici, ovvero “stretto interno”. È lungo 31 km e ha una larghezza compresa tra i 740 e 3.300 metri. Essendo l’unico passaggio, insieme allo stretto dei Dardanelli, attraverso il quale dai porti del Mar Nero e del Mar di Marmara è possibile accedere al Mediterraneo – ma anche all’Atlantico – fin dall’antichità ha avuto un ruolo importante proprio per la sua posizione strategica.

LA CONVENZIONE DI MONTREUX

Come regolare quindi un passaggio così cruciale? La Convenzione di Montreux del 1936 consente il libero passaggio delle navi civili in tempo di pace, ma garantisce anche stabilità e sicurezza nel Mar Nero limitando il passaggio delle navi da guerra che non appartengono agli Stati che vi si affacciano – a meno che facciano rientro alle proprie basi militari.

Ecco perché il 28 febbraio scorso il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu, ha annunciato la chiusura di entrambi gli Stretti in territorio turco applicando l’autorità conferita dalla Convenzione.

Al momento, scrive Agi, risulta negato il permesso al passaggio a tre diverse navi, mentre una è stata autorizzata. Tuttavia, la flotta russa era già entrata da settimane nel Mar Nero per svolgere “esercitazioni su larga scala”.

LA NATO NEGLI STRETTI

Come scriveva Start, l’applicazione della Convenzione, per quanto possa apparire come una mossa antirussa, è in realtà fondamentale per impedire una escalation nel Mar Nero. È importante, infatti, ricordare che tre dei sei Paesi rivieraschi – Turchia, Bulgaria e Romania – fanno parte della Nato. Chi sostiene che l’espansione a est della Nato sia stata tra le cause principali della guerra in corso fa riferimento anche a questo, all’importanza che il Mar Nero ha sia per la Russia che per la Nato.

A tal proposito ricordiamo però cosa ha scritto Enzo Reale su Atlantico Quotidiano: “La Nato è nominata una volta sola [in un articolo russo in cui si annunciava la vittoria in Ucraina, ndr], a conferma del fatto che il pretesto dell’espansione – con cui realisti e putiniani d’Occidente spiegano e di fatto giustificano le azioni del Cremlino – rappresenta nella visione del regime un fattore collaterale”.

Reale sottolinea poi che anche nel discorso in cui Putin riconosceva l’indipendenza delle repubbliche separatiste del Donbass, “il dittatore dedicava alla Nato solo alcuni passaggi nella parte finale, riservando il resto della dissertazione alle ragioni storiche che, a suo dire, imponevano il ritorno dell’Ucraina alla Russia”.

QUANTO TRAFFICO C’È NEL BOSFORO

Il traffico nel Bosforo dai tempi della Convenzione di Montreux è notevolmente aumentato, passando dalle 4.500 navi del 1936 alle 48 mila all’anno attuali, con picchi che hanno superato le 55 mila. Navi cargo, petroliere, navi militari, da crociera e pescherecci che, si legge su Agi, lo rendono quattro volte più trafficato sia del canale di Suez che di Panama.

LA ROTTA DEL PETROLIO

Dal Bosforo, riferisce l’agenzia di stampa, “nonostante le restrizioni relative al passaggio di petroliere entrate in vigore nel 2002, il traffico si è attestato appena al di sotto delle 50 mila navi l’anno, la maggioranza delle quali, in media circa 35 mila, sono cargo commerciali, mentre le petroliere sono circa 10 mila l’anno”.

Attraverso lo stretto il petrolio viaggia dal Caspio e dalla Russia non solo fino ai Paesi dell’Europa sudoccidentale, ma anche verso l’Asia. Si stima, infatti, che la Russia, faccia passare dalla porta d’ingresso verso il mondo il 65% delle sue esportazioni e il 38% del petrolio. Senza il passaggio dal Bosforo, intere vie di comunicazione marittime e regioni strategiche le sarebbero inaccessibili.

“Se al petrolio russo si sommano quello estratto in Kazakistan e in Azerbaigian, tutto convogliato attraverso il canale che attraversa Istanbul, – prosegue Agi – si stima che 3 milioni di barili al giorno, 20 milioni di tonnellate l’anno, equivalenti al 3% del fabbisogno annuo mondiale, attraversino le acque del Bosforo”.

CEREALI, MAIS, FERRO E ACCIAIO

Ma dal crocevia tra Oriente e Occidente passano anche cereali, mais e olio di girasole che provengono da Russia, Ucraina e Kazakistan. I tre Paesi coprono a livello mondiale il 25% del fabbisogno di grano, un quinto della richiesta di mais e olio di girasole, e più del 60% del grano ucraino esce attraverso il Mar Nero.

Oltre alle materie prime alimentari anche ferro e acciaio – quello ucraino copre il 10% del fabbisogno europeo – attraversano il Bosforo.

ERDOGAN L’EQUILIBRISTA

Essendo imprevedibile la piega che può prendere il conflitto, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ribadendo i buoni rapporti con entrambi i fronti, si è più volte proposto come mediatore, anche perché in caso di escalation la Turchia si troverebbe in una posizione difficile: se la Nato dovesse entrate in guerra, scrive Agi, “Ankara sarà costretta a chiudere il Bosforo alle navi russe, con conseguenze che Erdogan non vuole neanche provare a immaginare”.

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