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Escalation

Come e perché Putin continuerà a non russare in Russia

Il 22 aprile il popolo russo sarà chiamato a votare su una riforma costituzionale che, se approvata, permetterà a Putin di restare presidente della Federazione Russa fino al 2036. Il punto di Gianni Bessi

 

Se qualcuno governa ininterrottamente per trentasette anni può essere considerato un tiranno? La domanda, che in una democrazia ha ancora un significato, dal 22 aprile in Russia potrebbe non averne più. Quel giorno il popolo russo sarà chiamato a votare su una riforma costituzionale che, se approvata, permetterà a Vladimir Vladimirovič Putin di restare Presidente della Federazione Russa fino al 2036. Il tutto azzerando i suoi precedenti incarichi, che iniziano nell’ormai lontano capodanno – era il millennio scorso – 1999, quando il Presidente Boris Eltsin lo designò suo erede.

Neanche il ‘piccolo padre’ riuscì a fare tanto: Joseph Vissarionovich Jughashvili, che il mondo ha conosciuto semplicemente come Stalin, infatti si fermò a trent’anni di potere. Lo zar del ventunesimo secolo, se il suo popolo gli darà il via libera, diventerà la figura più vicina a un leader di un nuovo modello di governo: la democratura ovvero il mix perfetto tra le liturgie della democrazia, le elezioni, e i paradigmi delle dittature, i leader carismatici.

Per assicurarsi la vittoria anche in questo referendum sulla propria persona Putin ha fatto in modo che nella legge che cambia la costituzione russa ci siano tre ‘formule magiche’: il rimando alla fede in Dio trasmessa dai nostri antenati, il riferimento al popolo russo come costitutivo dello Stato e il matrimonio come unione di uomo e donna.

Non ci sono molti dubbi che la mossa funzionerà. Del resto, questi tre elementi mettono radici nella storia profonda della Madre Russia, come amabilmente la chiamano i suoi abitanti. Una terra segnata da tentativi di invasioni, spesso finite male, e di rivoluzioni, anch’esse archiviate tra le vicende finite male, e il cui popolo ha sempre dimostrato resistenza e resilienza.

In realtà non esiste un unico popolo, ma un insieme di persone che abita le immense regioni (oblast) o territori (kraj) dalla tundra e dalla taiga, con i permafrost ghiacciati ricchi di infinite risorse energetiche, fino alle steppe, a noi note soprattutto per alcune memorie letterarie. Ma proprio questa ossessione dell’unità, della coesione ha farcito una cultura che si nutre di tanti simboli, immagini, storie, leggende, ricordi che hanno resistito alla gloria e alla caduta di imperi. Un destino, quella dell’ascesa e della caduta, che Putin si prepara a sfidare con il proprio impero.

In russo imperatore si dice, come tutti sanno, czar o zar, vocabolo che deriva da Cesare. E Putin deve avere una fiducia solida in questa sua missione imperiale, tenuto conto che alla data definita dalla nuova legge per la sua possibilità di gestire il potere, il 2036, ci potrebbe arrivare alla bella età di 84 anni. Probabilmente è convinto che l’epiteto per lui coniato dalla Novaia gazeta, Putin l’eterno, non sia frutto di ironia ma di consapevolezza.

‘Non è possibile capire la Russia con la ragione, si può solo credere in lei e viverla’: questa frase che viene ripetuta ai turisti riassume un po’ la filosofia putiniana. Ed è questa forse l’idea che aveva in testa l’astronauta Valentina Vladimirovna Tereškova, classe 37, deputata della Duma ma soprattutto prima donna a viaggiare nello spazio a bordo della Vostok 6, quando ha usato il proprio prestigio per sostenere la riforma costituzionale.

Non è quindi stato un caso che tale proposta al Parlamento sia stata avanzata proprio da una donna che può rappresentare un’icona vivente della Madre Russia. Con Putin il caso non esiste.

E per ‘capire’ e ‘viverla’ questa terra di contraddizioni, simboli, miti e storie altra soluzione non c’è che affidarsi all’uomo forte, all’ultimo silovik della tradizione, il presidente Putin.  Il quale dopo avere ricordato che il crollo dell’Unione sovietica è stato il più grande dramma del XX secolo, nel suo intervento alla Duma ha insistito che il Paese ha bisogno di stabilità, perché ha vissuto già troppe rivoluzioni. E oggi la terra che ha quattromila chilometri di frontiera con la Cina ora non teme invasioni delle armate mongole o tartare, dei Napoleone o degli Hitler di turno, ma di un pericolo più subdolo per la sua possibilità di diventare un  disgregatore della società, il Coronavirus. E proprio mentre c’è da fronteggiare un’altra emergenza, che sta minacciando il tesoro russo, la guerra a colpi di abbassamento dei prezzi del petrolio con gli altri due giganti dell’oro nero, Arabia Saudita e Stati Uniti.

Il 22 aprile è vicino e House of zar, che è nata grazie a Start Magazine e sulle sue pagine ha potuto viaggiare per svelare i segreti e le mosse dei potenti, sarà ovviamente presente. Per chi si fosse dimenticato di questi due anni, la saga della mosca che si posa sui muri dei potenti per carpirne i segreti diventa un libro, di prossima uscita.

La storia continua, insomma, e noi di House of zar  abbiamo avuto vita facile a commentare che Putin, dopo il suo trionfo del 18 marzo 2018, avrebbe ‘riflettuto’, come il collega cinese Xi Jinping, sulla possibilità di estendere la durata dei due mandati previsti dalla costituzione e di sacrificare tutti i possibili ambiziosi eredi.

Perché usando il linguaggio dell’arte degli scacchi dove i russi eccellano “la mossa dell’immortale” con cui il danese Adolf Anderssen sconfisse l’estone Lionel Kieseritzky in una memorabile partita a Londra nel 21 giugno 1851 a Londra la poteva in politica riproporre solo Zio Vlad come tanti giovani lo chiamano perché unica figura di comando che hanno conosciuto dal 2000 a oggi.

Insomma la ‘rinnovata’ Costituzione è l’ennesimo capitolo di Rossija svjašcennaja naša deržava (Russia, il nostro sacro Paese) e della sua responsabilità di essere la “sovestlinov” (coscienza) della terza Roma.

Mosca, la terza Roma e i suoi tanti simboli, immagini, storie, leggende, come l’infinita narrazione sulla grande famiglia Romanov che destinava i suoi cadetti in un clan chiamato: i Putyntins. Non serve stupirsi molto che la pronuncia di tale parola ricorda un nome di cinque lettere che è diventato oggi un ossessione per l’Occidente.

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