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Giorgetti

Chi non ha applaudito il discorso di Draghi al Senato

Prime reazioni e osservazioni alle comunicazioni di Draghi in Parlamento. Il corsivo di Francesco Damato

Nel discorso al Senato per la verifica chiesta dal presidente della Repubblica respingendone le dimissioni nella scorsa settimana, Mario Draghi ha fatto molto poco, o niente, per invogliare i grillini a restituirgli la fiducia negatagli nella stessa aula disertando la votazione conclusiva del processo parlamentare di conversione del decreto legge relativo agli aiuti corposi a imprese e famiglie danneggiate dalla crisi. Egli, per esempio, non ha nemmeno citato il documento di nove punti consegnatogli personalmente a Palazzo Chigi dal presidente del MoVimento 5 Stelle Giuseppe Conte per chiedergli “forti segni di discontinuità”, di “cambiamento di passo” e di riparazione ai presunti torti inferti a quella parte politica, procurandole “disagio” altrettanto forte.

Il presidente del Consiglio ha elencato anche nel dettaglio gli interventi propostisi nella eventuale prosecuzione dell’attività di governo, se si riuscirà nella discussione sulle sue comunicazioni a ricostituire il “patto di fiducia” venuto meno nei giorni e anche nelle scorse settimane. In questi interventi il MoVimento 5 Stelle può trovare punti di convergenza o di divergenza dalle sue richieste, e trarne le conseguenze, nel dibattito -ripeto- e nel voto finale, se davvero vi si arriverà, prima al Senato e poi alla Camera.

Una risposta il partito di Conte, come lo chiama un pò sprezzantemente Di Maio dopo la scissione, la dovrà dare -ha ricordato ruvidamente Draghi non tanto al governo quanto “agli italiani” così numerosi e spontanei nella mobilitazione di questi giorni contro la crisi: duemila sindaci, associazioni e singoli.

Ai toni e alla struttura polemica del discorso di Draghi, dopo tutte le libertà di comportamento presesi in questi ultimi tempi, negando o accordando al governo fiduce “di facciata”, per niente convinte, e contraddette da solidarietà a proteste anche di piazza contro il governo, i senatori pentastellati hanno risposto negando l’applauso finale. Nè associandosi agli applausi intermedi raccolti dal presidente del Consiglio, specialmente nei passaggi del discorso sulla guerra in Ucraina, in cui erano chiare le allusioni polemiche ai grillini contestatori degli aiuti militari agli aggrediti dalla Russia di Putin.

A dire il vero, anche un bel po’ di leghisti hanno rifiutato l’applauso finale a Draghi, che nel suo discorso aveva alluso chiaramente anche a loro criticando i comportamenti concreti delle forze della maggioranza. Ma è improbabile che il partito di Salvini arrivi a negare anche la fiducia, come probabilmente accadrà per almeno una parte di ciò che resta del MoVimento 5 Stelle.

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