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Vi racconto il circo europeo del passaporto vaccinale

Come si muove l'Unione europea sul passaporto vaccinale. L'approfondimento di Tino Oldani per Italia Oggi

 

“Vedrò il mio omologo greco e parleremo del certificato verde digitale per una ripresa consistente del turismo. La nostra linea è massimo coordinamento, per evitare concorrenze sleali».

Così Enzo Amendola, sottosegretario per gli Affari Ue, in un’intervista al Corriere della Sera, ha spiegato la linea del governo italiano sul passaporto vaccinale, che tra un paio di mesi diventerà indispensabile per poter viaggiare e fare del turismo in Europa. Una linea corretta, in linea di principio, che fa perno su un unico passaporto vaccinale Ue, grazie all’auspicato coordinamento politico tra i governi dei 27 paesi Ue.

Si dà il caso, però, che il passaporto verde europeo è ancora allo studio a Bruxelles, che, come al solito, procede lento pede, mentre alcuni paesi, concorrenti dell’Italia proprio nel turismo, si sono già portati avanti, dotandosi ciascuno di una propria normativa per consentire la ripresa dell’attività turistica, non solo con l’indicazione di date precise sulle riaperture, ma anche con l’impiego di tecnologie diverse l’uno dall’altro.

Anche fuori dall’Ue, numerose compagnie aeree e diversi paesi, in testa gli Stati Uniti, si sono dotati di app con standard propri. Tecnologie che difficilmente saranno compatibili con l’applicazione che l’Ue sceglierà come «certificato verde» da installare sui cellulari per controllare alle frontiere le vaccinazioni e l’assenza di infezioni Covid-19. Quanto basta per temere un caos europeo dei passaporti vaccinali in piena estate, che andrebbe ad aggiungersi ai pessimi contratti stipulati dalla Commissione Ue con Big Pharma per la fornitura dei vaccini.

L’iter burocratico del passaporto vaccinale ha compiuto il primo passo mercoledì 14 aprile: gli ambasciatori dei 27 paesi Ue, riuniti via web nel Coreper, hanno dato via libera ai colloqui tra il parlamento europeo e la Commissione Ue per definire le peculiarità del «certificato verde digitale», proposto dalla Commissione per allentare le restrizioni sui viaggi nella stagione estiva, nella convinzione di un rallentamento della pandemia. Se tutto andrà secondo le previsioni, il passaporto vaccinale Ue diventerà operativo nel mese di giugno.

Due mesi e mezzo per discutere le peculiarità di un’app per cellulari, visti dal comune cittadino, possono sembrare un tempo enorme. A Bruxelles, invece, ne parlano come di un miracoloso record di velocità. Basti pensare ai tempi del Recovery Fund: approvato il 25 luglio dell’anno scorso dal consiglio dei capi di Stato e di governo, è stato ratificato dal parlamento Ue cinque mesi dopo, il 14 dicembre, e ancora non è operativo perché manca il disco verde di 10 Paesi Ue su 27, in testa Germania e Olanda. Nel caso del passaporto vaccinale, il ritardo non dipende da questioni finanziarie, ma dalla tendenza giuridica a spaccare il capello in quattro, tipica dell’euroburocrazia.

Come è ovvio, il certificato verde digitale dovrà fornire la prova che chi lo ha caricato sul cellulare è stato vaccinato o testato negativo dopo il Covid, condizioni essenziali per poter viaggiare liberamente e in sicurezza all’interno dell’Ue. Ma i dati personali così raccolti potranno essere usati per altri scopi? Il consiglio Ue si è detto favorevole a farne altri usi, senza specificare quali.

Questa facoltà, secondo alcuni eurodeputati interrogati dal sito euractiv.eu, sarebbe però incompatibile con il rispetto della privacy: per questo il parlamento Ue dovrebbe dire chiaramente che il passaporto vaccinale non crea una base giuridica, nei singoli Stati, per usi diversi dalla libera circolazione. In ogni caso, per evitare che diventi un secondo passaporto, il consiglio Ue ha convenuto che l’applicazione includa la seguente scrittura: «Questo certificato non è un documento di viaggio». Al confronto, l’Azzeccagarbugli del Manzoni era un dilettante.

Vi è poi il problema della durata dell’app. La Commissione Ue, guidata da Ursula von der Leyen, contraria a fissare una data di scadenza, si è detta a favore della validità fino a quando l’Organizzazione mondiale della sanità dichiarerà finita la pandemia. Nel consiglio dei 27 paesi Ue non tutti concordano: alcuni governi hanno chiesto un limite di 12 mesi, a partire dalla data di entrata in vigore dell’applicazione.

Poco fiduciosi che questo dibattito a Bruxelles si concluda entro giugno, alcuni paesi si sono già mossi per conto proprio, con regolamenti e tecnologie autonome. La Grecia, per esempio, ha stabilito di fornire ai lavoratori del turismo e dei settori collegati un kit gratuito per consentire a ogni persona l’autotest Covid-19, il cui risultato deve essere comunicato a un database on line gestito dallo Stato. In caso di positività, l’interessato deve ripetere il test ogni 24 ore. Il mancato rispetto delle norme sarà punito con sanzioni di 1.500 euro a carico del lavoratore e della sua azienda.

Altri paesi si sono dotati di app per il tracciamento Covid, ma nessuno sa dire se la loro tecnologia potrà integrarsi e dialogare con quella del certificato verde Ue. Il sito Politico.eu ha pubblicato un primo elenco di questi paesi e delle loro applicazioni, in testa Estonia, Francia e Germania, dove il rispetto della privacy, preteso dalla maggioranza della popolazione, ha imposto l’adozione di app diverse da paese a paese, le quali, oltre a funzionare male (come l’italiana Immuni), non dialogano tra di loro, e quasi certamente non lo potranno fare con quella europea. Un groviglio tecnologico che dovrà essere smantellato al più presto, per evitare il fallimento del passaporto verde europeo, e di riflesso della stagione turistica. Con costi economici e sociali che, per l’Italia, sarebbero devastanti.

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