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Terapia al plasma anti Covid-19, chi esulta e chi frena

La terapia al plasma contro Covid-19 divide gli esperti: c'è chi esulta e chi, invece, invoca cautela. Fatti, commenti e polemiche

Plasma efficace contro Covid-19? Si, forse, restiamo cauti.

I primi dati sperimentali che arrivano da Pavia e Mantova dicono che la terapia al plasma potrebbe essere la soluzione per la cura dei pazienti affetti da Coronavirus, ma alcuni esperti invitano ad attendere la validazione dei primi risultati. Silenzio sull’argomento da parte di Iss e Ministero della Salute, che non rispondono alle chiamate degli Ospedali di Pavia e Mantova (qui l’articolo di Start Magazine).

Anche Matteo Salvini, in una diretta Facebook, è intervenuto sull’argomento sostenendo che “la cura c’è ed è gratis o quasi”.

Intanto parte la sperimentazione anche in Puglia. Tutti i dettagli.

SPERIMENTAZIONE AL VIA ANCHE IN PUGLIA

Partiamo dai fatti. Dopo la sperimentazione avviata presso il Policlinico San Matteo di Pavia (dove è nato il protocollo) e l’Ospedale di Mantova, la terapia al plasma sarà somministrata anche nella Regione Puglia. L’Azienda Ospedaliera-Università di Padova collaborerà con la Regione Puglia per la determinazione del titolo di anticorpi neutralizzanti anti-SARS-CoV-2 sui campioni di sangue di pazienti guariti.

Entro poche settimane, anche la Puglia potrà contare di un laboratorio per la sperimentazione sul proprio territorio.

EMILIANO: STIAMO PASSANDO ALL’ATTACCO

“Saranno coinvolti nella sperimentazione tutti i reparti Covid pugliesi individuati dal piano ospedaliero dell’emergenza – dichiara il presidente della Regione, Michele Emiliano – La battaglia contro il Covid passa così dalla difesa e dalla prevenzione, all’attacco, attraverso la ricerca. Sono pochissimi in Italia i laboratori per la determinazione del titolo di Anticorpi neutralizzanti: da un lato quindi ci stiamo attrezzando per avere a Foggia con l’Istituto zooprofilattico tutto il necessario e dall’altro facciamo rete con altre eccellenze italiane, si parte subito con la collaborazione con il Laboratorio di microbiologia dell’Azienda Ospedaliera e universitaria di Padova che ringrazio”.

“E ringrazio sin d’ora tutti i pugliesi guariti – conclude – che stanno dando il loro assenso alla donazione di plasma. Un piccolo gesto di enorme importanza per tutti”.

DE DONNO: CURA MIGLIORE

Tra i maggiori sostenitori della terapia al Plasma c’è Giuseppe De Donno, direttore del reparto di Pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova, dove la sperimentazione è partita.

“Usiamo tutti i farmaci che danno speranze, pur di salvare vite, ma altrettanto dovrebbero fare i colleghi impegnati nella lotta e usare il plasma iperimmune, l’arma migliore che abbiamo al momento, cura testata sui malati di Covid-19 e sono guariti”, ha detto ieri Giuseppe De Donno, in un’intervista alla Verità. Sono “48 i pazienti ‘arruolati’ e guariti, ma la sperimentazione è chiusa, in attesa di dei dati della letteratura”.

NAS ALL’OSPEDALE DI MANTOVA

De Donno denuncia, oltre al fatto che viene ignorato dall’Istituto superiore di sanità, che “sono arrivati i Nas in ospedale: proibire l’uso del plasma nei pazienti guariti e particolarmente ricco di anticorpi è gravissimo e la comunità scientifica dovrà rispondere di questo ai cittadini”.

PEROTTI (DIRETTORE DEL PROTOCOLLO) : “SIAMO SODDISFATTI”

“Siamo soddisfatti”, aveva commentato a Start Magazine il professor Cesare Perotti, direttore del Protocollo San Matteo, precisando che: “E’ presto per dire che abbiamo la soluzione. Prima bisogna analizzare i risultati ottenuti, poi pubblicare lo studio. E l’analisi dei dati deve essere fatta con particolare attenzione”.

“Nel protocollo del plasma iperimmune non si è verificato nessun decesso”, aveva detto Perotti. “Qualche paziente è anche già stato dichiarato guarito e dimesso”.

REZZA: BENE, MA NON E’ APPROCCIO SEMPLICISSIMO

In realtà anche l’Istituto Superiore di Sanità si è espresso sull’argomento, con il direttore del Dipartimento di Malattie Infettive, Giovanni Rezza: lo studio sul plasma “ha dato apparentemente risultati promettenti, attendiamo con ansia e speranza prove scientifiche di efficacia”.

Il trattamento “si pratica da tempo, con successi alterni, è stato usato anche per Ebola. Ma non è un approccio semplicissimo: bisogna trovare donatori, che hanno superato la malattia e sono convalescenti, perché hanno molti anticorpi”.

“Difficilmente può esser praticato su larga scala perché prende tempo, ma può dar vita a altre forme di trattamento, come gli anticorpi monoclonali. Perché gli anticorpi che proteggono nella plasmaterapia possono essere prodotti in laboratorio, con meno effetti collaterali”, ha concluso Rezza.

BURIONI: SE LA TERAPIA FUNZIONE E’ SOLO UN PUNTO DI PARTENZA

Favorevole, ma con riserva, alla terapia al plasma è il virologo Burioni. Il trattamento “ci può traghettare al momento in cui avremo un cure efficaci ed un vaccino”, ha detto il virologo, specificando che “i plasmi non sono un farmaco ideale sono difficili e costosissimi da preparare e poi si basano sulla disponibilità di persone guarite che abbiano questi anticorpi che non sono tantissimi”.

La terapia ha “dei notevoli limiti perché il costo è molto alto”, secondo Burioni.

BASSETTI: SERVE CAUTELA

“Io rimango molto cauto, attendiamo dati scientifici di studi clinici randomizzati controllati per stabilirne l’efficacia. Oggi sono disponibili studi aneddotici. Mancano forti evidenze scientifiche a supporto. Speriamo che gli studi in corso anche nel nostro paese possano dimostrare la sua efficacia”, ha affermato Matteo Bassetti, direttore Clinica Malattie Infettive dell’ospedale Policlinico San Martino di Genova, all’Adnkronos Salute.

PREGLIASCO: ASPETTIAMO VALIDAZIONE

Sul tema si è espresso anche il virologo dell’Università Statale di Milano Fabrizio Pregliasco.

“E’ incredibile il clima da stadio che si è scatenato sul plasma iperimmune donato dai pazienti guariti da Covid-19 per aiutare altri malati. Si tratta di un approccio con 100 anni di storia, sperimentato in uno studio italiano pionieristico ma anche nel resto del mondo, e che va validato come tutte le terapie”.

“Il complottismo dice che è una terapia quasi fatta in casa, ma invece si tratta di un prodotto che va lavorato e standardizzato, dunque già coinvolge e coinvolgerà ancor di più in futuro le aziende farmaceutiche”, conclude il virologo.

CAPUA: CI SONO DEI RISCHI

Dubbi sulla plasmoterapia arrivano anche dagli Usa e dalla virologa Ilaria Capua: “La sperimentazione su plasma è un metodo antichissimo, utilizzato quando non c’erano antibiotici. Si usa ancora per la rabbia, dopo il morso di un cane a una persona non vaccinata, ma non si usa più ad esempio nel siero per il morso delle vipere. Oggi non esistono però malattie che si curano col siero. Si tratta di una pratica abbandonata perché è sempre un po’ una trasfusione di materiale biologico e quindi sempre un po’ a rischio. Benissimo la sperimentazione, ma con valutazione dei rischi”, ha commentato la Capua.

VIALE: SERVE RIGOROSA TERAPIA SPERIMENTALE

Sul fronte della cautela si schiera anche Pierluigi Viale, componente dell’Unità di crisi Covid-19 per l’Emilia-Romagna e professore presso il Policlinico Sant’Orsola di Bologna: “L’utilizzo del plasma in pazienti affetti da nuovo Coronavirus dovrebbe avere una rigorosa fase sperimentale e un più lungo follow up prima di essere considerato terapia di riferimento”. È “azzardato somministrare passivamente anticorpi a un paziente, specie in una fase di malattia in cui sia possibile utilizzare risorse alternative, fino a quando non sarà chiarito il rischio che Covid-19 possa sfruttare il meccanismo attraverso cui gli anticorpi fungono da vettore di infezione da altro sierotipo” e che “potrebbe innescare patologie immuno-mediate”

GORINI: PLASMA NON SOSTITUISCE TRATTAMENTO

Anche l’immunologo Giacomo Gorini, presso l’Università di Oxford-Jenner Institute, si è espresso sull’argomento con un tweet: “il #plasma non può sostituire un trattamento o un vaccino”, sostiene Gorini.

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