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Covid-19

Covid-19, perché governo e Iss snobbano la terapia al plasma?

I risultati confortanti della terapia al plasma nel trattamento dei pazienti Covid-19 secondo Pavia e Mantova. Ma ministero della Salute e Iss ignorano le sollecitazioni del Policlinico San Matteo di Pavia. Fatti, approfondimenti e polemiche

 

“I risultati sono davvero incoraggianti”. Così Fausto Baldanti, direttore del laboratorio di virologia molecolare del Policlinico San Matteo di Pavia, ha commentato i primi dati che arrivano dalla sperimentazione del plasma iperimmune per il trattamento dei pazienti Covid-19.

Terapia, però, che al momento non sembra interessare né il ministero della Salute, né l’Istituto Superiore di Sanità, come ha denunciato oggi al Corriere della Sera Giuseppe De Donno, direttore della Pneumologia e dell’Unità di Terapia intensiva respiratoria all’ospedale Carlo Poma di Mantova, che insieme al San Matteo sta sperimentando la terapia al Plasma. Andiamo per gradi.

TERAPIA AL PLASMA: COSA E’ E DOVE SI SOMMINISTRA

La terapia prevede l’inserimento nell’organismo dei malati, tramite una trasfusione, degli anticorpi sviluppati da coloro che sono guariti. Il plasma dei convalescenti contiene le immunoglobuline (anticorpi diretti contro il virus), sostanze immunizzate e immunizzanti, che potrebbero aiutare i malati da Covid-19 a combattere l’infezione (qui i dettagli).

In prima linea, nella sperimentazione avviata agli inizi di aprile, c’è il Policlinico San Matteo di Pavia. È da qui che è partita in Italia la raccolta di plasma secondo il cosiddetto protocollo “San Matteo” (un protocollo siglato da varie ASST lombarde, con capofila appunto il policlinico San Matteo di Pavia), in cui è previsto un sistema di condivisione dei dati che può estendersi anche ad altri ospedali (qui l’approfondimento di Start Magazine).

Alla sperimentazione ha aderito anche l’Ospedale Carlo Poma di Mantova. Il numero di pazienti complessivi trattati tra Pavia e Mantova è di 49.

APPROCCIO GIA’ UTILIZZATO PER ALTRE MALATTIE

L’approccio non è nuovo, la terapia al plasma è stata somministrata anche in passato, come ricorda Fausto Baldanti, direttore del laboratorio di virologia molecolare del Policlinico San Matteo di Pavia: il trattamento con il plasma “è già stato provato e si tenta quando non ci sono farmaci specifici, perché il farmaco specifico lo produciamo noi quando superiamo una malattia”, ha detto Baldanti, intervenuto ieri a Che tempo che fa, programma condotto da Fabio Fazio, su Rai Uno.

Il farmaco è rappresentato dagli “anticorpi neutralizzanti” ed è stato “usato per ebola e per la Sars, con risultati alterni”, ha aggiunto il virologo.

TERAPIA SPERIMENTATA IN CINA

Il trattamento “è stato utilizzato in Cina per trattare il Covid e qui ci sono alcuni report su piccoli numeri, 5 o 10 pazienti: in alcuni casi i medici parlano di efficacia molto buona, in altri di efficacia scarsa”, ha detto Baldanti, specificando che dall’analisi dei dati si evinceva comunque un diverso approccio nella cura: “si vedeva che in alcuni casi veniva preso il siero del convalescente e inoculato nel malato e dava un risultato scarso. In altri c’era un tentativo di misurare la quantità di anticorpi”.

SELEZIONE PLASMA SU NUMERO ANTICORPI

E dalla conta degli anticorpi sono sono partite Pavia e Mantova. “Abbiamo misurato la quantità di anticorpi nei convalescenti, abbiamo selezionato i pazienti convalescenti con il più alto numero di anticorpi e sono stati usati solo questi come donatori per trattare i pazienti”, ha detto Baldanti.

I RISULTATI

“C’è un trial che è in fase di completamento, che ha arruolato 47 pazienti, tutti pazienti piuttosto gravi, in ventilazione assistita. L’arruolamento dell’ultimo paziente è avvenuto giovedì o venerdì scorso e ora siamo in una fase di analisi di questo trial”, ha detto Baldanti.

“I risultati sono davvero incoraggianti” e “l’efficacia si vede in un tempo molto breve” ha aggiunto il direttore. “In questo momento possiamo immaginare di avere una terapia di emergenza ma che potrebbe anche funzionare”.

CESORE PEROTTI (DIRETTORE DEL PROTOCOLLO) : “SIAMO SODDISFATTI”

Baldanti non è l’unico a pensare positivo. “Siamo soddisfatti”, aveva commentato a Start Magazine il professor Cesare Perotti, direttore del Protocollo San Matteo, precisando che: “E’ presto per dire che abbiamo la soluzione. Prima bisogna analizzare i risultati ottenuti, poi pubblicare lo studio. E l’analisi dei dati deve essere fatta con particolare attenzione”.

“Nel protocollo del plasma iperimmune non si è verificato nessun decesso”, aveva detto Perotti. “Qualche paziente è anche già stato dichiarato guarito e dimesso”.

LE IMPRESSIONI DI MANTOVA

Sulla stessa onda anche Mantova. “La cura funziona. In tutto questo mese non abbiamo avuto decessi fra le persone trattate. Solo pazienti che sono migliorati fino a guarire oppure che si sono stabilizzati. Nessuno si è aggravato. Non è più aneddotica: abbiamo testimonianze e decorsi clinici di tanti pazienti. Abbiamo sottoposto tutto alla comunità scientifica, siamo in attesa di pubblicazione. Però vorrei precisare una cosa”, ha detto Giuseppe De Donno, direttore della Pneumologia e dell’Unità di Terapia intensiva respiratoria all’ospedale Carlo Poma di Mantova, intervistato dal Corriere della Sera.

“Non possiamo alimentare false speranze – ha chiosato De Donno – Mi spiego: se la malattia ha lavorato a lungo fino a compromettere la funzionalità degli organi non c’è plasma che tenga. In quel caso la mortalità resta alta perché la virosi non c’è più e quindi non è più il virus il nemico ma sono i danni prodotti dal virus. Per questo i pazienti molto gravi non possono essere arruolati nel nostro protocollo di ricerca”.

GUIDO SILVESTRI: TRATTAMENTO PROMETTENTE

Ad esprimersi sull’argomento anche  il virologo Guido Silvestri, docente alla Emory University di Atlanta (Usa). Il trattamento – ha scritto su Facebook – “è stato testato in vari studi effettuati durante la prima fase della pandemia in Cina (Chen et al. Lancet Inf Dis 2020; Shen et al., JAMA 2020; Duan et al., PNAS 2020; Ye M et al., J Med Virol 2020; Zeng QL et al, J Infect Dis). Si veda sul tema anche il commentario scritto da due dei miei Vice-Direttori di Dipartimento, John Roback e Jeannette Guarner (JAMA, 27 marzo). In America il trattamento è approvato dalla FDA nel marzo 2020, e ad oggi negli USA sono stati trattati 4.400 pazienti con plasma donato da 8.475 convalescenti. [Come noto, il trattamento è in uso anche in alcuni ospedali lombardi.]”, spiega in un post Silvestri.

“Sui risultati, in sintesi rapidissima, e considerando che non esistono studi controllati, l’impressione preliminare è che si tratti di un approccio molto promettente (con l’eccezione di Zeng QL et al. J Infect Dis 2020)”, ha aggiunto Silvestri.

VANTAGGI E LIMITI

“Tra i vantaggi – scrive ancora il virologo della Emory University – oltre al precedente di Ebola ed al razionale fisio-patologico, citerei l’entusiasmo dei donatori (noi ne abbiamo davvero tantissimi, anche se non tutti hanno un titolo alto di anticorpi anti-SARS-CoV-2), il basso costo, e la minima tossicità. Lo svantaggio principale, non insormontabile, è la virtuale impossibilità di standardizzare vista la variabilità da donatore a donatore”.

ANCHE ONU INTERESSATA

Al trattamento promettente è interessata anche l’Onu. “Il nostro è stato il primo al mondo e adesso in tanti stanno seguendo la stessa strada, sia in Italia sia all’estero. Sabato mi ha chiamato un alto funzionario dell’Onu che ha un ruolo importante nella sanità degli Stati Uniti. Useranno anche loro il nostro protocollo, ci hanno fatto i complimenti. È stato emozionante, non sono riuscito a trattene e le lacrime”, ha sottolineato De Donno.

IL SILENZIO DI MINISTERO DELLA SALUTE E ISS

Le prime buone impressioni sul trattamento e i risultati incoraggianti e promettenti non sembrano però interessare le istituzioni italiane: “Abbiamo provato a contattare il ministero della Salute ma è stato inutile. Nessun segnale nemmeno dall’Istituto Superiore di Sanità. Per ora stanno alla finestra”, denuncia al Corriere De Donno.

LA TERAPIA HA DEI LIMITI

Bisogna ammettere, comunque, che la terapia ha “dei notevoli limiti perché il costo è molto alto”, ha detto il virologo Roberto Burioni, intervenendo a Che Tempo che Fa. “ Ma è qualcosa che ci può traghettare al momento in cui avremo un cure efficaci ed un vaccino”, ha detto il virologo, specificando che “i plasmi non sono un farmaco ideale sono difficili e costosissimi da preparare e poi si basano sulla disponibilità di persone guarite che abbiano questi anticorpi che non sono tantissimi”.

PLASMA, PUNTO DI PARTENZA

Nonostante tutto a questa terapia bisognerebbe guardare con fiducia perchè “se si dimostrasse che gli anticorpi funzionano abbiamo le tecnologie per riprodurre questi anticorpi in laboratorio, quindi in teoria in un tempo non lunghissimo potremmo produrre dei sieri artificiali”, ha aggiunto Burioni.

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