Stmicroelectronics, l’azienda di semiconduttori controllata dal ministero dell’Economia italiano e dalla banca statale francese Bpifrance, ha perso l’1,73 per cento alla borsa di Milano. Il titolo si attesta su un valore di 24,43 euro, ma potrebbe scendere a 24,27-24,12 euro.
I RISULTATI ECONOMICI
Il calo delle azioni è dovuto all’abbassamento del giudizio da parte di diversi analisti e banche d’affari, che fa seguito a sua volta alla pubblicazione dei risultati del terzo trimestre e alla revisione delle aspettative per l’intero anno comunicata il 31 ottobre. Secondo Stmicroelectronics, infatti, il fatturato per il 2024 sarà di 13,2 miliardi, mentre la previsione precedente (aggiustata a luglio) indicava un valore compreso tra i 13,2 e i 13,7 miliardi. Nel periodo luglio-settembre il risultato ante oneri finanziari è stato di 381 milioni di dollari (il 69,3 per cento in meno su base annua) e i ricavi sono ammontati a 3,25 miliardi (-26,6 per cento).
MORGAN STANLEY, HSBC E BHF TAGLIANO IL GIUDIZIO SU STMICROELETRONICS
La banca d’affari statunitense Morgan Stanley ha tagliato sia il giudizio su Stmicroelectronics, da equal weight a underweight, che il prezzo-obiettivo, da 35 a 20 euro. Più contenuta la riduzione del target price operata dal gruppo britannico Hsbc, da 32 a 31 euro.
La società finanziaria tedesca Oddo Bhf ha abbassato il rating di Stmicroelectronics a neutral.
LICENZIAMENTI IN VISTA?
Stando alle indiscrezioni provenienti da ambienti sindacali, Stmicroelectronics potrebbe procedere con duemila esuberi al sito di Agrate Brianza, in provincia di Monza, dedicato alla produzione di microchip in silicio.
L’amministratore delegato di Stmicroelectronics, Jean-Marc Chery (a sinistra nella foto), ha spiegato recentemente che la società intende “ridisegnare” la sua base produttiva e migliorare la capacità produttiva di semiconduttori in silicio da trecento millimetri (nei siti di Agrate e di Crolles in Francia) e di semiconduttori al carburo di silicio da duecento millimetri (a Catania), “ridimensionando la nostra base di costi globale”. Chery ha infatti aggiunto che “questo programma dovrebbe rafforzare la nostra capacità di far crescere i nostri ricavi con una migliore efficienza operativa, che porterà a risparmi annui sui costi nell’ordine di tre milioni di dollari a partire dal 2027”.
IL PROBLEMA DI STMICROELECTRONICS CON LA CINA
Secondo Alessandro Aresu, analista politico e autore di Geopolitica dell’intelligenza artificiale, il grande problema di Stmicroelectronics non è la governance tra Italia e Francia – Startmag ha raccontato le tensioni qui -, ma il fatto che la sua crescita “dipende dalla […] quota di mercato cinese. Ma il dominio cinese dell’auto avvantaggerà sempre più le aziende cinesi nell’elettronica”, visti anche gli sforzi di Pechino verso il progresso e l’autosufficienza tecnologici nei microchip.
A giugno Stmicroelectronics ha annunciato un accordo con il gruppo automobilistico cinese Geely, proprietario dei marchi Volvo e Lotus, sulla fornitura a lungo termine di dispositivi al carburo di silicio. Circa un anno prima la società aveva formato una joint venture in Cina con Sanan Optoelectronics per un impianto di semiconduttori al carburo di silicio per il settore automotive.
La Cina è il più grande mercato al mondo per i veicoli elettrici. Chery disse che per Stmicroelectronics è fondamentale essere presente in questo paese, nonostante l’aumento della concorrenza da parte dei produttori di elettronica locali: “la Cina rappresenta oggi il 15 per cento del nostro fatturato. Sappiamo che in alcuni mercati, come quello del carburo di silicio, la Cina sarà il mercato a più rapida crescita. Quindi”, concluse, “la nostra penetrazione in Cina aumenterà”.