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Giappone

Chip e metalli, perché le minacce cinesi preoccupano il Giappone

Il Giappone e gli Stati Uniti stanno negoziando nuove restrizioni al commercio di macchinari per i microchip in Cina. Pechino ha minacciato ritorsioni contro Tokyo, spaventando Toyota per via dei rischi all'approvvigionamenti di minerali critici. Tutti i dettagli.

La Cina ha minacciato grosse ritorsioni economiche contro il Giappone se il paese deciderà di limitare ulteriormente le vendite di macchinari per la fabbricazione di microchip e la fornitura di servizi di manutenzione, come richiesto dagli Stati Uniti.

LE PREOCCUPAZIONI DI TOYOTA (CHE SOSTIENE TSMC)

Secondo le fonti di Bloomberg, l’eventualità delle ritorsioni cinesi preoccupa un’azienda giapponese in particolare, Toyota, secondo cui Pechino potrebbe limitare a Tokyo l’accesso ai minerali critici per la produzione di automobili.

Toyota non è soltanto una delle principali società giapponesi, ma è anche molto coinvolta nell’industria nazionale dei microchip, avendo investito nel nuovo stabilimento di TSMC – la sigla sta per Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, la più importante compagnia manifatturiera di semiconduttori al mondo – a Kumamoto.

LE PRESSIONI DEGLI STATI UNITI (E IL RUOLO DI TOKYO ELECTRON)

Gli Stati Uniti, che da anni portano avanti una politica di controlli alle esportazioni di semiconduttori e macchinari avanzati in Cina, vogliono che il Giappone – uno dei paesi più rilevanti nella filiera globale di questi dispositivi – imponga maggiori restrizioni sulle sue aziende che realizzano apparecchi di chipmaking, a partire da Tokyo Electron.

La notizia delle minacce di ritorsioni cinesi ha causato il calo in borsa di diverse società giapponesi di macchine per i semiconduttori: la già citata Tokyo Electron ha perso fino all’1,9 per cento, mentre Lasertec e Disco sono crollate rispettivamente del 2,8 e 3,3 per cento.

Gli Stati Uniti si aspettano di concludere un accordo con il Giappone sulle nuove restrizioni alla Cina entro la fine dell’anno. Sembra che l’amministrazione di Joe Biden preferisca adottare un approccio diplomatico alle trattative, senza ricorrere a misure aggressive come la cosiddetta foreign direct product rule, che tuttavia non è stata esclusa. La foreign direct product rule è una norma che permette a Washington di imporre restrizioni commerciali a tutte le società che vendono beni e servizi contenenti tecnologia americana, anche se in piccole quantità e a prescindere dal paese in cui queste aziende hanno sede.

– Leggi anche: Chip, i Paesi Bassi preparano nuove restrizioni per Asml in Cina

QUANDO LA CINA BLOCCÒ LE TERRE RARE AL GIAPPONE

Nelle trattative con Tokyo i negoziatori statunitensi si sono finora astenuti dall’invocare la regola e stanno anzi definendo una strategia comune sull’approvvigionamento di minerali critici, in modo da rassicurare il mondo industriale nipponico.

I timori giapponesi non sono infondati perché nel 2010 la Cina bloccò le esportazioni di terre rare verso il paese a seguito di una disputa territoriale nel mar Cinese orientale. La mossa ebbe ripercussioni serissime sul Giappone, la cui produzione di magneti ad alta potenza dipendeva dalle terre rare cinesi; questa dipendenza è stata oggi mitigata.

Nel 2023 Pechino ha sottoposto a controlli le esportazioni di gallio e germanio (due metalli utilizzati nella produzione di semiconduttori, apparecchi militari, sistemi per le telecomunicazioni e non solo) e di grafite (un materiale presente nelle batterie).

I PROBLEMI POLITICI

A complicare le trattative tra Stati Uniti e Giappone potrebbero contribuire le elezioni presidenziali di novembre, da una parte, e dall’altra le dimissioni del primo ministro Fumio Kishida, previste nelle prossime settimane. Stando alla fonte di Bloomberg, però, le dimissioni di Kishida non avranno ripercussioni sui controlli alle esportazioni di macchinari di chipmaking perché si tratta di una politica condivisa da tutti gli esponenti di governo.

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